No, Olive non è proprio bella,almeno secondo i canoni – spaventosi – dello star system per gliinfanti, ma ha dalla sua una qualità che – anche questa – le suecoetanee sembrano aver perduto. Olive è autentica. È una vera bambina,bassotta, rotondetta, con grandi occhiali a bolla che le copronometà della faccia; da dietro quei suoi vetri, che fanno pensare aicaschi spaziali degli astronauti anni Sessanta, guarda il mondo comese lo vedesse dalla Luna. Vuole solo arrivare nel suo Pianeta Blu,la California, non vede nient’altro che quel miraggio e non sentenient’altro che la sua musica, almeno in apparenza. In realtàcomprende quasi tutto, o se lo spiega a modo suo, ed è l’unicaormai in grado di porre domande precise, essenziali: “Perché statelitigando?”, “Perché volevi ucciderti?”. Quando lo zio spiegaa Olive sinceramente la sua storia, davanti al cognato schiumante dirabbia, e racconta di un mancato riconoscimento, di una sconfitta,dell’amore per un allievo, del tradimento, della scelta suicida,la bambina commenta: “Che matto”. Con un certo affetto e anche unlodevole equilibrio, perché come altro può sembrare il mondo a Olive,se non matto? La sua è quella che si dice tecnicamente “una famigliadisfunzionale”. L’unico a comportarsi da adulto con lei è il nonno,che fa una cosa totalmente estranea alle abitudini della famiglia: siprende cura di lei. Le insegna qualcosa che non siano gli slogan vuotidel padre, la disperata ostinazione del fratello, la febbrile incertezzadella madre destinata alla schiavitù domestica. Olive vuol fare il suo show alconcorso. Bene. Il nonno le insegna come muoversi sul palco e inventa perlei una coreografia strepitosa, seguendo attentamente il perfezionamentodel suo numero, nelle pause di un viaggio massacrante e pieno diimprevisti. Il nonno inoltre ascolta le sue confessioni, la sostiene neisuoi momenti di dubbio. La convince, con ruvida grazia, di essere davverobella, davvero brava, davvero importante. Però – grottesca tragedia– il nonno muore a metà del viaggio, per overdose. Ha esagerato con ladroga, da vecchio tossicodipendente qual è? Oppure ha deciso di togliersidi mezzo? E perché lo ha fatto? La mia personale idea è che il nonnoscelga di porre fine così intempestivamente alla sua vita quando capisceche anche Olive è perduta. Anche in lei, come in tutti gli altri, si èinsinuato il veleno dell’ambizione smodata, e insensata. Il mito delsuccesso la consumerà, come ha ridotto gli altri personaggi a fantocciimpagliati, ad automi impazziti, a hollow men,uomini vuoti, come quelli descritti nella omonima e profeticapoesia di un grande autore americano, Thomas Stearns Eliot. La famiglia diOlive si chiama Hoover, come la marca famosa di elettrodomestici, e lascelta di questo nome non è affatto casuale. Tutti si comportano comeelettrodomestici impazziti, che centrifugano emozioni e le sparano fuoridai lavelli come biancheria pesante e umida, oppure le aspirano dallarealtà, queste emozioni, con grande enfasi e brutale frenesia, come fannogli aspirapolveri con il sudiciume domestico. E di fronte alla scomparsaimprovvisa del nonno, la famiglia Hoover cosa fa? Un cadavere non puòintralciare la corsa verso la California, nemmeno la morte può fermaregli automatismi di una macchina infernale. Quindi la salma viene caricatasenza tanti complimenti sul furgone, e così continua il viaggio. Tutto l’orrore delle “garedi bellezza” si dispiega intorno a Olive, che silenziosamente avanza,pancia in resta, fino al suo camerino, fra esserini lustrati e phonati,con teste irte di bigodini e gambe spalmate di olio lucidante, comepiccoli polli da mettere in forno. Ovunque spuntano sorrisetti meccanicie rossetti smaglianti, pose da marionetta e arie da bambinaccia scaltra,come se una fabbrica di Barbie avesse preso vita all’improvviso. Vittimedi un mondo ormai reso irreale (“Unreal cities!” scriveva semprelui, Eliot, pensando alle metropoli contemporanee), creature natesotto la dittatura del pomello gonfio, immolate fin da piccole al pattodemoniaco che fa sperare nella sodezza artificiosa e perciò eterna,le concorrenti sfilano davanti al loro idolo vivente, Miss California,che firma autografi e confessa di mangiare gelati. Proprio quei gelatiche papà Richard aveva reso demonici, in quanto ingrassanti, agliocchi di Olive. A questo punto, però,ciascuno degli Hoover mostra il frutto dei cambiamenti interioriavvenuti durante il viaggio, e questo è forse il punto più deboledel film. La retorica consueta vuole che durante ogni road movie ipersonaggi subiscano dei mutamenti, e così avviene: il padre siravvede, la madre prende posizione, il figlio supera il suo cupoegoismo e lo zio esce dalla sua dimensione fallimentare scoprendosiuomo saggio. Risultato: tutti salgono sul palco, per accompagnareOlive nella sua danza indiavolata, fra lo sbigottimento degli astantie le proteste dell’organizzatrice e dei presentatori. L’unicoad applaudirli è Kirby, insieme a uno dei padri dei piccoli mostri,che segue abitualmente i concorsi con i tappi nelle orecchie. Così,con una plateale ma allegra sconfitta, si conclude questo perfidoapologo sul successo, che non concede niente all’inanità del mondocontemporaneo o al sistema dello show business. Cos’è la fama? Cosasignifica “l’immagine”? Quanto costa apparire? Un dettaglio fra itanti è emblematico: la bambina sola, che si avventura dietro le quinteper raggiungere il palcoscenico, mentre l’annunciatrice chiede ancoraun po’ di pazienza al pubblico prima che entri in scena la vincitricegià designata. “Lo spettacolo non è ancora finito, deve esibirsila numero 25”.
Tutti corrono a perdifiato, in questofilm. Fisicamente corrono dietro a un camioncino senza frizione,che deve condurli verso la California, e psicologicamente, moralmente,immoralmente corrono dietro a tante cose, prima fra tutte il successo,perdendo di vista tutto il resto, loro stessi compresi. Il padre chenessuno vorrebbe avere (Richard) insegue il suo sogno editoriale: hatrovato la chiave per la riuscita nel mondo e vorrebbe far stampare ilsuo nuovo Vangelo per diventare, chissà, emulo di Ron Hubbard. Ma poiscopre di essere un fallito. Il figlio (Dwayne) che tutti vorrebberoprendere a sberloni sul muso tanto è cocciuto, ottuso e inespugnabile,vorrebbe diventare pilota ma scopre di essere daltonico. La madre(Sheryl) cerca di star dietro ai desideri di tutti, ma non ci riesce:ogni situazione le sfugge di mano e va per conto proprio, girando intondo e a vuoto come fa la piccola Olive appena ha scoperto di esserefinalista al concorso di Piccola Miss California (la LittleMiss Sunshine del titolo). Quelli che non vorrebbero propriomettersi a correre, ma sono costretti a farlo per non intralciarei desideri degli altri, sono il nonno, seraficamente perso nel suodelirio edonista, e lo zio Frank, che ha appena tentato il suicidio. Ecorrono anche loro, infine, a perdifiato, per far contenta Olive,che non sarà una bellezza (“Olive! Sei sempre più… grande”esclama incerto lo zio, nell’impossibilità di farle un complimentopiù lusinghiero), ma ha dentro di sé qualcosa che tutti gli altrisembrano aver perduto: il fuoco dell’entusiasmo.
Eternamente, metodicamente in ritardo, i trafelati, elettrizzatiHoover arrivano alla sede della gara quattro minuti dopo la chiusura delleiscrizioni, e devono implorare una inflessibile organizzatrice che nonha nessuna intenzione di ammettere Olive al concorso. Rigida, corvina,disumana, non si scompone nemmeno davanti a un padre che si mette inginocchio davanti a lei. L’unico ad avere pietà è Kirby, l’addettoinformatico, che si offre di riaccendere il computer per registrarel’iscrizione di Olive. “Non ci lavoro più per questi qui, l’annoprossimo. È una gabbia di matti”, commenta Kirby, che ha mantenuto, adifferenza di tutto lo staff del concorso, caratteristiche umane. Perchéintorno a lui si muovono soltanto automi e androidi, sotto forma dimamme e di piccine dall’aspetto alieno.
Infine, l’esibizione. Fra minuscoli showdi bambine-confetto che imitano già con sprezzante cinismo le movenzedei grandi, fra musichette country e furbi ritmi alla moda, la danza diOlive arriva, deflagrante. Con i suoi occhi fiduciosi e il suo pancinosoave, lei si scatena nel più dirompente degli strip-tease, al suonodi un rock durissimo. Certo, perché era stato il nonno disinibito ainventare lo spettacolo. Nessuno della famiglia si era preoccupato disapere cosa avrebbe fatto la bambina sul palcoscenico. Nella frettadi concorrere, a nessuno era venuto in mente di scoprire in cosaconsistesse l’esibizione di Olive.