Domenica sera sono tornata dal FestivalTuttestorie, che si è tenuto a Cagliari nei giorniscorsi. Era la prima volta che partecipavo, ne avevo molto sentitoparlare, ma l'esperienza diretta è un'altra cosa. Sono molte lecose che si potrebbero raccontare. Oggi però voglio ringraziare leorganizzatrici: Cristina Fiori, Manuela Fiori e Claudia Urgu (con ilsupporto di un plotone di volontari, bravissimi e devoti). Non socome ci siano riuscite, ma il festival è preso d'assalto da ordedi bambini, ragazzini, insegnanti, genitori, autori, illustratori,e tutto, ma proprio tutto, funziona. E già questo è un risultatonon da poco. Capita, lo sappiamo tutti, che di ritorno da festival esaloni vari ci si chieda se davvero questi scambi abbiano un senso, sedavvero rimane qualcosa a chi si incontra, se la lettura, i libri riescanoa passare attraverso eventi di questo tipo.
A Cagliari questo succede. Succedeperché si vendono montagne di libri. E questo sarà un risultatomeramente commerciale, ma è la prova che le persone, i libri di cui hannosentito parlare, li vogliono avere, presumibilmente per leggerli. E questoè un primo dato. Il secondo, è che i bambini che si incontrano conosconoi libri di cui si parla.
E non approssimativamente. Liconoscono benissimo per averli letti con attenzione e questo è un meritodi chi li ha offerti loro in modo adeguato: gli insegnanti. Terzo, anchegli incontri non legati alle scuole funzionano a meraviglia. I bambininon conoscono da prima i libri, ma ascoltano e guardano con grandeattenzione, sono educati e partecipano con grande entusiasmo.
Sono stata tre giorni all'Exmà, dove si è tenuto il festival esono stati tre giorni intensi e vivissimi, di incontri, scambi di idee,parole e visioni. In uno dei miei incontri, sul libro Cose che non vedo dalla miafinestra, giudicato difficile per bambini,libro più da adulti, ho avuto la riprova che non è così e che ibambini sono filosofi nati, amano ragionare, pensare, osservare,riflettere, immaginare, e dei pensieri che hanno amano parlarecon gli adulti disposti ad ascoltarli. E l'impressione è chenon vorrebbero smettere più.
Noi, che lavoriamo con loro e per loro- editori, autori, illustratori, insegnanti, bibliotecari, libraieccetera – perdiamo la voce a spiegare che i bambini sono sempreall'altezza dei libri che si danno loro, anche di quelli che sembranopiù “difficili” magari solo perché non hanno quei connotatidi libro per bambini a cui la produzione destinata al largo consumoci ha abituati. Eppure, ogni volta, davanti alla straordinaria eprofonda capacità di pensiero dei bambini rimaniamo, per primi, disale.
Che cosa intendo è facile dimostrarlo con ciò cheè accaduto in questa occasione. Il Festival Tuttestorie quest'annoera dedicato al tema: L'Incomprensibile (nel sito diTuttestorie, sezione festival, leggete la spiegazione, chemerita) Un tema bellissimo e adattissimo ai bambini. Nei mesi precedentie nei giorni del Festival, i bambini sono stati invitati a esprimere lecose che non capiscono del mondo. Una miniera di incredibili pensieriche, sono confluiti sui tavoli dell'Ufficio Poetico Comprensivo tenuto daBruno Tognolini, Francesca Amat e Andrea Serra. E lì sono stati scelti,trascritti, stampati ed esposti “come veridici responsi oracolari”. Enon prendetela come una battuta. Quelli che vi propongo, li hofotografati nella sala dove ho tenuto gli incontri. Leggeteli. Alcunivi faranno pensare: come mai io non penso più cose cosìimportanti? Così belle? Così vere?
Altri vi farannosorridere: ma poi vi accorgerete che non si tratta affatto dispiritosaggini. Perché le domande apparentemente più buffe o facilisottendono sensatezza, serietà e lucidità di ragionamento. E,infine, forse penserete quello che ho pensato io: che questi sono beipensieri. Cioè pensieri belli: esteticamente belli. Perché la bellezzaè la forma assunta da profondità, verità e compiutezza.
Perme sapete cosa è incomprensibile? Che i bambini continuino ad averetanto poco credito presso noi adulti.
Il maggior merito delFestival Tuttestorie, fra tutti i meriti che ha, è di dircelo.
A voce alta, forte e chiara.