David Sedaris, americano di origine greca,nato nel 1956, è un genio dell'umorismo contemporaneo. Non va lettoin treno, autobus o sale d'aspetto, perché le crisi di irrefrenabileriso che provocano i suoi racconti potrebbero compromettere seriamentela vostra algida immagine di severi, impegnati e intellettualilettori. David è divertentissimo, ma attenzione: impietoso, e contutti. Anche malati, bambini, gay, spostati, donne, vecchi, depressie animali. Il fatto poi che lo sia anzitutto con se stesso, è laragione per cui lo si perdona.
Ha esordito negli anniNovanta con la lettura, alla National Public Radio, del raccontoI diari del paese di Babbo Natale, descrizionedella sua esperienza come elfo natalizio in un grande magazzinodi New York (diventato, appena pubblicato, un best sellers). Diquesto racconto è praticamente impossibile selezionare un brano. Neabbiamo scelto uno in cui compaiono i protagonisti per eccellenza delNatale: i bambini, come suggerisce la quarta di copertina, “vittimeinconsapevoli dell'insensatezza della festa”. Il consiglio èil solito: mettete le scarpe e correte in libreria. Sta nel volume Ciclopi,Mondadori 2003 (anche in ebook). Dopo averlo letto, non potretepiù fare a meno di questo spiritoso e acutissimo giovanotto, e nepretenderete l'intera produzione: Holidays on Ice,Me parlare bello un giorno, Diario di unfumatore, Mi raccomando: tutti vestiti bene,Quando siete inghiottiti dalle fiamme.
Divertitevi!
TheEnchanted Village of St. Nicholas (Boston)
Foto di ChrisDevers |
Questasera mi hanno spedito a far l'Elfo Fotografo, un compito che le primevolte mi era piaciuto un sacco. La macchina fotografica è nascosta nelcaminetto e io scatto una foto premendo il bottone che sta in fondoa un filo elettrico. La foto ti arriva per posta alcune settimanepiù tardi e non c'è modo di identificare l'elfo che l'ha scattata econsiderarlo responsabile, ma tutti quanti ci teniamo lo stesso a fareun buon lavoro. Livedo nel labirinto, con le loro videocamere, mentre dicono ai lorofigli di fingersi sorpresi. «Monica, tesoro, guarda il trenino epoi girati verso di me. No, verso di me. Adessofai ciao con la manina. Ecco, così. Muovila, quella mano.» Poisi rivolge a sua moglie che sta alla macchina fotografica e si accucciasul pavimento col suo esposimetro e una Nikon con tutti gli accessoriin commercio più due inventati da lui. L'armamentario è tremendamentepesante e le vene delle braccia gli si gonfiano da far paura. Ipiù piccini, quelli dai due ai quattro anni, tendono ad avere pauradi Babbo Natale. A loro non gliene frega niente di farsi fare la foto,perché non sanno che cos'è. Non sono vanitosi, sono bambini e sicomportano di conseguenza... ovvero scoppiano a piangere. Un buonElfo Fotografo sa che, una volta che un bambino si mette a piangere,è finita. Cominciano a piangere nel Paese di Babbo Natale e non lapiantano fino a quando non si trovano a dieci isolati di distanza. (trad. FrancescoSalvi)
Durante il training cihanno fatto vedere delle foto venute male, con i movimenti scomposti esfocati del braccio di un elfo in primo piano o impallate da un animaledi stoffa o con Babbo Natale che sbadiglia. Dopo aver scattato la foto,l'elfo deve staccare il tagliandino numerato in fondo. Se l'elfo èincapace e un po' scemo può rovinare un intero rullino, costringendofamiglie orgogliose a pagare e ricevere fotografie di perfettiestranei con sorrisi a trentasei denti.
A fare fotografiealla gente si scopre una quantità spaventosa di cose, e l'aggettivospaventosa è tutt'altro che casuale. Se poi igenitori sono presenti, i casini raddoppiano. Nel Paese di Babbo Natalesi scatta una foto a ogni bambino, che i genitori possono accettareo rifiutare. Tutti possono portare telecamere, videoregistratorie quant'altro. Quelli che davvero mi sfiancano sono quelli che iochiamo i gruppi multimediali. Trattasi di genitori curvi sotto ilpeso dell'equipaggiamento elettronico, instancabili nella loro bramainsaziabile di documentazione.
I genitori bloccano la fila e tocca all'Elfo Labirinto farliaccelerare.
«Mi scusi, signora, maoggi siamo davvero pieni e le sarei molto grato se accelerasse. C'èun sacco di gente in coda.»
Allora igenitori ti chiedono di metterti dietro il bambino e fare ciao con lamano. Io lo faccio. Mi metto in piedi dietro un bambino, chiedendomidov'è destinata a finire la mia immagine. Già mi vedo nel televisoredi una stanza pannellata in posti assurdi come Wapahanset o EasternmostMeadow. Vedo la famiglia che litiga per il possesso del telecomandoe schiaccia il bottone dell'avanzamento veloce. L'ampio saluto delbambino diventa un cenno frettoloso. Quando faccio la mia comparsatutti nella stanza pensano la stessa cosa: «Cosa ci fa quello stronzonel Nostro Filmino di Natale?»
Il momento che tutta questamassa di gente aspetta con stoica resistenza è l'incontro con BabboNatale. In qualità di Elfo Fotografo io devo farli entrare nellastanza e controllare che tutto vada bene.
«Allora, Ellen: voglio che tu e Marcus vi mettiate davanti a Babbo Natalee quando io dico “adesso” dovete saltargli in braccio. Guardate diqua. Ecco, adesso guardate papà fin quando non vi dico di guardare BabboNatale.»
Poi ci sono le famiglie mutlimediali in branco, che dicono:«Ok, adesso facciamo una bella foto a Anthony, Damascus, Theresa,Doug, Amy, Paul e Vanity. Ci stanno tutti quanti? Babbo Natale, cosane dici se Doug ti sale sulle spalle, si può?»
Durantequesti incontri i bambini raramente riescono a esprimere i propridesideri a Babbo Natale. Sono troppo impegnati a farsi dirigere dailoro genitori.
« Vantity e Damascus, guardatequi. No, ho detto qui.»
«Babbo Natale,potresti abbracciare Amy e al tempo stesso dare la mano a Paul?»
«Ecco, così. Benissimo.»
Ho visto genitori sistemare i figli sulle gambe di Babbo Natale eimmediatamente cominciare a strigliarli: pettinarli, sistemargliun orlo, raddrizzargli il cravattino con l'elastico. Li ho vistispruzzare la lacca sui capelli dei figli, trattando Babbo Natale come unmanichino di cemento, girandogli la testa e spruzzandogli lo spray negliocchi.
Appena il bambino comincia a piangere Babbo Natale per un po'cerca di consolarlo, poi dice: «Magari ci riproviamo l'anno prossimo.»
I genitori, però, si sono già organizzati per spedirele foto ai parenti e metterle negli album di famiglia. Sono rimasti infila più di un'ora e non hanno nessuna intenzione di arrendersi tantofacilmente. Ho visto una donna dare uno schiaffo alla sua bambina chepiangeva e sbattacchiarla gridando: «Cristo santo, Rachel, adessotu salti in braccio a Babbo Natale e fai un bel sorriso, altrimentite lo do io un buon motivo per piangere.»
Scatto spessofoto a bambini che piangono. Ancora più grottesco è scattare fotoa un bambino in lacrime con un falso ghigno stampato in faccia. Nonsi tratta di sorrisi, quanto piuttosto di smorfie esasperate,vagamente simili a un sorriso. Eppure ai genitori piacciono lostesso.
«Oh, finalmente! Brava, Rachel. Adesso usciamoda qui. Tua madre ha un mal di testa che le passerà quando saraimaggiorenne.»