Il neonato quotidianoPubblico giornale, fondatoda Luca Telese e Tommaso Tessarolo, è uscito, una settimana fa, con Pupù, supplementodomenicale dedicato ai bambini. Che un quotidiano si ponga ilproblema dei bambini e dedichi loro un inserto di quattro pagine,dai suoi creatori definito "letterario", che unisce testi e immaginici sembra una notizia quanto mai positiva, e un atto meritorio:è noto il disinteresse pressoché totale della stampa riguardo altema. E i propositi con cui l'inserto nasce, proporre e promuoveretesti e immagini di autori interessanti e non omologati, sonosicuramente buoni e condivisibili.
Non nascondiamotuttavia la perplessità che ci ha creato il nome con cui questoinserto è stato battezzato: Pupù. Una delleragioni di questa scelta potrebbe essere il raddoppio dell'inizialedel nome del giornale, Pubblico. L'altra è stata,forse, trovare un titolo divertente e attraente, gradito ai piccolilettori.
Ora, non ce ne voglia Pubblico,ma ci sembra che, per un'operazione interessante come questa,tale titolo susciti più di un dubbio. A parte il fatto che nelnostro settore sono anni che ci si balocca nei libri per bambini concaccole di varia origine, dita nel naso, puzze di diversa natura e viaregredendo (con propositi ed esiti diversi, ovviamente, consideratoche Chi me l'ha fatta in testadi Wolf Erlbuch è un gioiello).
Da piccola,la prima volta che sentii la parola pupù,dai miei coetanei, mi suscitò sorpresa e fastidio. A mio avviso,la cacca era la cacca (come la chiamavo, quando c'era necessità dinominarla, nella vita di tutti i giorni). I bambini che usavano lapiù educata e “simpatica” espressione pupùmi sembravano attendibili e verosimili come vecchie zie. Questoper dire, che la parola mi suonava discretamente ipocrita. Unaclassica necessità adulta di fare di un'onesta cacca una vezzosa eammiccante montagnetta da esorcizzare con risolini fra l'imbarazzoe il compiacimento. Una sorta di parola-abitino che rende la caccaaccettabile nell'ordine delle famiglie e della abitudini perbene, comece ne fosse bisogno. A tutt'oggi, su questa parola non ho cambiato idea,sono rimasta fedele a quella prima impressione.
Provatea pensare all'effetto di un inserto dedicato ai bambini (ma anche,perché no, per adulti) intitolato “Cacca” o, addirittura, perassurdo, “Merda”. Impensabile, e non c'è bisognodi spiegare perché. Pupù è meglio? Perchédovrebbe funzionare?
Un titolo è una cosa importante, cheha un senso preciso: esprime in sintesi il contenuto di quello chesi andrà a dire, raccontare, esporre, rappresentare, spiegare. Chelegame c'è fra la pupù e le poesie, i racconti, i disegni, leillustrazioni, i fumetti proposti nell'inserto? Per quale ragionei bambini vengono invitati ad associarli a questa parola? FabrizioDe André cantava, è noto, che "dai diamanti non nasce niente, dalletame nascono i fior". Ma dal letame, appunto (altro nome poco adattoa un inserto letterario): credo si sarebbe ben guardato dall'usare laparola-centrino pupù.
Auguriamo ogni fortunaall'iniziativa, ottima, di Pubblico. Invitiamo però i colleghi chesi occupano di questo inserto a riflettere che un titolo è una cosaimportante e, come spiega limpidamente Maria Montessori, il linguaggioè l'essenza dello sviluppo del bambino e "la intima soddisfazione delbambino sta nel fare bene, consapevolmente, secondo principi elevati". Ilmodo di usare le parole degli adulti è fondamentale per il modo incui i bambini impareranno a pensare, a comprendere, a conoscere ea esprimere quel che è dentro e fuori di loro.
Ci permettiamo anche due parole di commento alla presentazionedell'inserto di Francesca Fornario, che ne è laresponsabile: dopo i cinque anni i bambini italiani non sono lasciatisoli in balia di Hello Kitty e delle Barbie, comeviene affermato. Esiste da diversi anni in Italia (per non parlare dellaproduzione europea) una produzione di libri illustrati, non "educational",di livello ottimo dovuta al lavoro di numerose case editrici indipendentiche lavorano, studiano, innovano e sperimentano l'editoria dedicata aibambini e ai ragazzi (raccogliendo l'eredità di altre pionieristiche caseeditrici, venute prima di loro). I loro libri nel tempo hanno attiratol'attenzione di editori di tutto il mondo, che oggi ne acquisitano semprepiù spesso i diritti d'edizione per i loro paesi.