[di Antonella Abbatiello e Giovanna Zoboli]
Sembra che la vita, l’intelligenza, la materia, il tempo, lo spazio siano ovvero esistano solo in quanto relazioni. Per esempio noi pensiamo di essere soggetti e invece siamo una relazione, anzi siamo relazioni. Tutto quello che ci circonda è una complessa e matematica rete di relazioni. Non nel senso che la capacità di avere relazioni sia importante, cosa ovvia. Ma proprio nel senso che la vita, le cose si sviluppano come risultato di quel particolare tipo di processo che è una relazione.
Quando ho visto, per la prima volta, i cortometraggi di Norman McLaren, ho pensato che questo aspetto doveva interessargli molto, anzi che fosse proprio al centro dei suoi pensieri, perché ho avuto l’impressione che le sue meravigliose animazioni non mettano in scena, non raccontino altro che questo: il modo in cui le cose si generano da relazioni, creando con ciò continuamente la possibilità stessa di esistere per altre cose, dando luogo a una rete dinamica infinita di processi vitali in continua evoluzione, nel bene e nel male.
Parla di questo il più noto fra i suoi corti, Neighbours, storia di due vicini di casa che si combattono fino alla morte per affermare il possesso di un fiore, o A Chairy Tale (il mio prediletto) che indaga in modo geniale la relazione di attrazione-repulsione fra un uomo e una sedia e che potrebbe essere assunto a paradigma di ogni forma di relazione fra due soggetti, che si tratti di amore, amicizia, parentela eccetera; o il magnifico Pas de deux, studio della dinamica fra i corpi di un danzatore e una danzatrice; o Blinkity Blank, vicenda conflittuale-amorosa fra due uccelletti da cui nascerà un esplosivo pulcino; ma anche tutti i corti animati che indagano i linguaggi narrativi, visivi, musicali, la relazione formale dinamica e in continuo mutamento che intercorre fra suoni, forme, colori come Dots; Boogie Doodle; Blinkity Blank; Fiddle Dee Dee. E se oggi agli esperti la maggior parte degli effetti sperimentati da McLaren risultano ‘già visti’, va detto che, primo, McLaren li sperimentò da pioniere; secondo, che comunque il suo livello di perfezione tecnica, realizzata manualmente e non in digitale, rimane impareggiabile; terzo, che McLaren in tutta la sua opera non mise mai in secondo piano la leggibilità dei suoi filmati, la forza narrativa, il rapporto col pubblico.
Da questo punto di vista io penso che i corti di Norman McLaren abbiano un potenziale didattico e pedagogico fenomenale e che la loro visione a scuola potrebbe dare luogo a una infinità di conversazioni, apprendimenti, lezioni, dialoghi, esperienze in grado di coinvolgere bambini e ragazzi, e questo attraverso un linguaggio del tutto nuovo per loro, modernissimo, pochissimo frequentato, con una carica di anticonformismo preziosa, considerato l’universo figurativo, narrativo ed esistenziale in cui vivono.
Ho appreso del lavoro di Norman McLaren, maestro e pioniere del cinema d’animazione, nonché dei suoi magnifici corti, grazie al post scritto da Antonella Abbatiello per raccontare la nascita della colonna sonora per la app Facciamo!, realizzata da Marco Siniscalco, dove il lavoro di McLaren è citato come esempio di sincronia perfetta fra immagine e suono. Così ho chiesto ad Antonella se avesse voglia di approfondire l’argomento. Questo post nasce a quattro mani, dalle informazioni che Antonella, che molto si è occupata di animazione nel suo lavoro (con calibri come Emanuele Luzzati, Giulio Gianini, Leo Lionni…), mi ha passato e dalle mie riflessioni su quello che mi hanno mosso questi corti.
Norman McLaren, nato in Scozia nel 1914 e morto a Montreal nel 1987 (il Canada fu il suo Paese di adozione), fu un grande sperimentatore del linguaggio visivo cinematografico e in particolare del cortometraggio animato. In questa esauriente voce, redatta per l’Enciclopedia del Cinema Treccani da Alfio Bastiancich, trovate notizie sulla sua vita e sulle sue opere.
Sono sempre le parole di Bastianchic a mettere a fuoco la figura di McLaren in occasione dell’uscita dell’edizione italiana di Norman McLaren - The Master’s Edition, curata da National Film Board, che raccoglie la sua intera opera in un cofanetto di sette DVD, contenenti 58 cortometraggi e 14 documentari, oltre a interviste, immagini, testimonianze e disegni (in Italia, distribuita da Rai Trade): «McLaren è il punto di riferimento di quel vasto movimento internazionale che, dai primi del Novecento, vede consacrare le energie migliaia di artisti all’immagine in movimento. Artista-artigiano per eccellenza, in sessantasei opere egli ha esplorato con implacabile rigore compositivo tecniche quali il disegno diretto su pellicola (dipingendo o incidendo l'emulsione fotografica), il suono animato (disegnando nello spazio della colonna sonora ovvero fotografando dei cartoncini con forme predefinite) e quello sintetico (fotografando in quello stesso spazio una serie di cartoncini di dimensioni e forme predefinite), la pixillation (l'animazione di esseri umani), la stop-motion (l'animazione di oggetti), il découpage ( animazione di elementi ritagliati), la pittura animata (il film nasce dalla continua metamorfosi di un quadro), la slow-motion animation (sovrimpressione alla camera ottica). L'intimità con la pellicola, molto simile a quella del pittore con la sua tela, lo portò a dire che: “L’animatore, più di ogni altro cineasta, sa che ciò che è rappresentato nel fotogramma è molto meno importante di quel che accade fra un fotogramma e l’altro.” Nel 1973 François Truffaut gli scrisse: “(…) quello che lei fa è unico al mondo, unico nella storia del cinema. Ho avuto le lacrime agli occhi guardando i suoi film e mi sono sentito molto goffo vedendo quei danzatori in ‘slow-motion but in strong emotion’ (…) Vorrei augurarle coraggio ma lei è il cineasta più coraggioso, vorrei augurarle fortuna e gioia ma è lei stesso a creare fortuna e gioia.” Con quest’opera integrale siete quindi possessori di un’eccezionale collezione di opere d’arte contemporanea ed è un peccato che non si usi ancora appendere film alle pareti.»
A queste parole si aggiungono quelle di Jacques Bensimon, presidente del National Film Board of Canada, istituzione di cui McLaren fu fondatore e per cui lavorò per gran parte della sua vita: «McLaren ha realizzato un’opera coerente e singolare sotto il segno dell’inventiva, della ricerca e di un’infinita umanità. Artista complesso, egli ci offre una filmografia brillante, a tratti illuminante. Attraverso i suoi film astratti, disegnati o incisi direttamente su pellicola, si è innalzato a maestro dell’animazione senza cinepresa e tra i più grandi nomi del cinema sperimentale. Il suo lavoro, influenzato dal surrealismo, così come dalle sue convinzioni pacifiste, determinato dal suo amore per la danza e dalla sua passione per la musica, dà spazio a letture multiple. Picasso, Truffaut, Linklatter e molti altri hanno ammirato la sua opera e hanno tratto ispirazione da essa. Sospinta dalla creatività e dalla modernità, la sua arte è un punto di riferimento essenziale per gli artisti, gli animatori e i cineasti di oggi.»
Per tutte queste ragioni, per il rigore e la creatività di cui il suo lavoro è testimonianza, McLaren fu fra i cineasti più premiati della storia del cinema, con oltre 200 premi, i più noti dei quali sono l’Oscar del 1952 per Neighbours e la Palma d’Oro del cortometraggio a Cannes nel 1955 per Blinkity Blank.
Ora non vi rimane che guardare i suoi cortometraggi di cui vi consigliamo caldamente la visione, prendendovi il tempo che vi serve. Fra quelli realizzati senza macchina da presa, ma direttamente su pellicola 35mm, dipingendo o graffiando ogni fotogramma (per avere un solo secondo di film sono necessari 24 fotogrammi), vi consigliamo: Dots (1940); Boogie Doodle (1940); Blinkity Blank (1955); Fiddle Dee Dee (1947).
Fra i film in découpage (ovvero ralizzati con carta ritagliata animata), vi suggeriamo La merle (1958), a cui Gianini e Luzzati si ispirarono per il loro mirabile La gazza ladra.
Fra i film realizzati in pixillation, cioè con attori ripresi a passo uno (fotogramma per fotogramma) guardate il cortometraggio più noto di McLaren, cioè Neighbours (1952) e A Chairy Tale (1957).
Canon (1964) è interessante perche mescola diverse tecniche, e traduce in forma visiva la forma musicale del canone.
Nel prossimo filmato potete vedere come McLaren lavorava.
Se siete interessati ad approfondire il tema, qui trovate una bibliografia.