Fumetto, fiaba e rock'n roll

Salomè, AubreyBeardsley

[di MartinaEsposito]

Era il 1967quando la BBC commissionò all'autore Terry Jones un programma perbambini.
Il registro dei testi necessitava di una fortefiguratività così, su consiglio dell'amico John Cleese,
venne coinvolto Terry Gilliam, animatore americano tra i piùfreak che il momento potesse offrire.
Il risultato fuuno spettacolo di successo che però si rivolse presto a un pubblicoadulto.
In compenso, le brillanti menti dei tre si unironoa quelle altrettanto acute di Eric Idle, Michael
Paline Graham Chapman, quindi ai futuri Monty Python, uno dei gruppicomici più dissacranti mai esistiti.
Questo per dire chel'immaginario infantile ha sempre fatto significativamente crescere gliuomini.

Michael English, Nigel Wymouth, posterper Ufo Club.

LaGran Bretagna ne è un ottimo esempio: basti pensare a spiriti, gnomie fate. Non quelli immortalati da Edmund Dulac e da Arthur Rackham,quanto da Michael English e Nigel Wymouth.
Chiunque fossestato appassionato di musica negli anni Sessanta non si sarà fattocerto sfuggire le strepitose locandine realizzate dai due sotto il nomeHapshash and the Coloured Coat per Pink Floyd, JimiHendrix e molti altri ancora.
Che la psichedelia anglosassonesi nutra di mostri sacri dell'illustrazione non è certo un mistero
poiché, in fin dei conti, le muse a promozione dei localilondinesi non differiscono tanto dalla Salomèdi Aubrey Beardsley. Basti guardare il poster realizzato dal duoper l'Ufo Club di Londra a metà anni Sessanta: una donna alata chetraina in cielo un castello incantato, attraversando un tramonto distelle cadenti.

La Sirenetta,Edmund Dulac


Simile, in parte, alla dolcissima Sirenetta interpretata da Dulac perStorie da Hans Christian Andersen,che fluttua nel medesimo spazio rarefatto.
C'è da chiedersicosa abbia spinto i favolosi Sixties al recupero di tali influenze.
Cosa accadrebbe a un ragazzino se cadesse in un burrone? E seentrasse all'Ufo Club? La medesima cosa, probabilmente.
SirJohn Tenniel ha saputo disegnare meglio di chiunque altro la storia diAlice e la sua disperata ricerca di sè. Bene: non c'è autore miglioredi Lewis Carroll per spiegare la foga degli anni Sessanta. Una vera epropria iniziazione alla musica, all'arte e alla conoscenza.
Un tuffo a occhi chiusi nella tana del Bianconiglio.

Talesfrom the Tube, RickGriffin

Al contempo,negli Stati Uniti si vive di comics. Si mangia Marvel a colazione,e Jack Kirby, Stan Lee o Steve Ditko sono la punta di
uniceberg ben più grosso, pronto a sgretolarsi in una miriade disuper eroi.
Rick Griffin, uno dei più autorevoliposter artists di sempre, è inizialmente unfumettista. Solo successivamente decide di fondere la passione musicalea quella artistica, sconvolgendo  il mondo della grafica damanifesto. Il suo segno in Tales from the Tube ègià potente e sanguigno, un appunto preso dai grandi del fumetto;nel momento in cui pensa al poster, Griffin non si snatura.

Marvel, The IncredibleHulk.

Lacomposizione in bianco e nero elaborata per la locandina dei JookSavages (rock band in cui militava), è una perfetta orchestrazione dicaratteri e linee; il testo assume forma fondendosi all'illustrazionee diventando, anzi, illustrazione stessa.
È chiaro che ilcodice del fumetto sia opposto a quello della Golden Age dell'illustrazione: se l'America parla il nuovo linguaggiounderground, l'Europa si ritrova a fare i conti conla sua
secolare storia dell'arte.
"Da grandipoteri derivano grandi responsabilità", diceva Spider Man. E da grandiartisti derivano grandi eredità: da Kay Nielsen ad Alphonse Mucha,da Walter Crane a William Blake.

Locandina per i Jook Savages, RickGriffin.


Gli Stati Uniti creano sul momento un'arte che l'Europa è abituataa metabolizzare da tempo, con pro e contro. L'idea di avere avutodei maestri è, sì, un peso, ma sopratutto una base solida; mentrel'avventura degli Stati Uniti rischia di essere un azzardo come unbingo.
Sta di fatto che il rock poster promette sensazioniestreme; paradossale che per evocarle si serva di semplice fumetto eillustrazione. In buona sostanza, si torna piccini per raccontare cosegrandi.
Forse perché seguire il Bianconiglio è davvero ilsolo modo per trovare se stessi; forse perché in poche strisce di fumettoc'è la verità sufficiente per affrontare il mondo.
O forseperché, molto più semplicemente, si è sempre bambini quando si scoprequalcosa per la
prima volta.