[di Claudia Souza]
Una volta, in un convegno, un anziano pediatra svedese ha detto: il nostro organismo è fatto di ritmi che devono essere educati, come il respiro, il battito del cuore. E ha aggiunto: voi genitori ed educatori avete un importante ruolo nell'educare i ritmi dei bambini, soprattutto dei neonati perché una volta "imparati"/introiettati, li porteranno per tutta la vita. Non abbiate paura della disciplina, non vi pentirete.
Mi ricordo sempre delle sue parole. Penso alla routine, alla sua importanza fondamentale nella vita dei bambini. Al ritmo costante, movimento-quiete, agitazione-silenzio, concentrazione-svago, che fa tanto bene ai piccoli. Cose che purtroppo vengono perse, poco considerate, ai nostri giorni.
Penso alla costruzione in famiglia (o a scuola, in ogni gruppo) di una routine collettiva, che prenda in considerazione le intersezioni tra tutti i membri, senza distinzione, senza gerarchie.
Una routine chiara, che consideri i tempi di tutti: il tempo dei bambini non è il tempo degli adulti. Sia che lo si valuti in quanto percezione che in quanto dato obbiettivo. È necessario rendere visibile e interpretabile lo scorrere del tempo per loro: frasi come “tra cinque minuti andiamo” o “tra tre giorni”, per chi non ha ancora costruito la dimensione del tempo arbitrario, non significano un granché; invece “il tempo di finire di mangiare” o “dovrai dormire tre notti perché arrivi il tuo compleanno” riescono a comunicare periodi. Anche le attività della giornata, organizzate in sequenza, segnate, hanno un significato ben preciso. I piccoli vivono in un universo di ritmi, non di orologi; di successioni, non di impegni. Avere questi ritmi costruiti e registrati insieme alla comunità offre loro l’opportunità di partecipare, decidere e comprendere le diverse circostanze della vita quotidiana.
Ovviamente senza l’Educazione questi ritmi sono una massa informe, imprevedibile e sconosciuta; il tempo è solo il presente, l’adesso, le altre dimensioni non esistono, è tutto una gran nebbia in cui è assente la costruzione di significati. Invece, per vivere meglio e per sentirsi sicuri, è necessario saper gestire il tempo, relazionarsi con lui, renderlo un compagno, non un nemico.
In parole più pratiche: è necessario imparare ad aspettare. A prevedere. È necessario saper vivere oltre l’immediatezza. Come riuscire a farlo da soli, senza l’Educazione, il quotidiano condiviso, il vivere insieme?
Per un bambino, la routine non è semplice ripetizione. Ogni attività è unica, è nuova, è da scoprire, è importante. Se non la consideriamo così, rischiamo di metterlo alla mercé delle nostre esigenze, oppure di imprigionarlo e imprigionarci nelle sue.
Quante volte interrompiamo il gioco o il pensiero dei bambini, quante volte, anche nel tempo libero familiare, frammentiamo le loro azioni in nome dei nostri impegni o dei nostri programmi, della nostra gestione personale del tempo. Quante volte, al contrario, ci arrendiamo ai loro impulsi, subiamo i loro comandi e permettiamo che siano i loro desideri a guidare brutalmente la routine familiare.
Ecco, il bambino non può imporre i suoi ritmi (nemmeno il neonato), ma anzi è parte attiva di un contesto che esisteva già prima di lui.
La routine è il suo primo compromesso con il mondo che si trova di fronte, è la sua prima esperienza con le regole, con la sazietà e la mancanza, con gli stimoli e la calma, con i ritmi che, appunto, si alternano. Non può nemmeno subire un ritmo preimpostato: i ritmi (dell'allattamento, del sonno, del gioco, delle cure, della passeggiata, ecc) vengono costruiti insieme alla famiglia, nel rispetto della comunità e delle necessità di tutti.
E vanno rispettati.
Questa si chiama organizzazione. O disciplina.
Ogni giorno di più mi convinco che la disciplina – a volte tanto criticata tra quelli che difendono la libertà - sia una componente importantissima per la serenità, per la concentrazione, per la creatività e persino per l'amore che circola tra le persone senza ostacoli.
Essere disciplinato non è essere avverso alla libertà, anzi, può la libertà esistere in mezzo al caos?
Le illustrazioni di questo post sono tratte da Time is When di Beth Youman Gleick, illustrato da Harvey Weiss, edito nel 1960 da Rand McNally. Se vi interessa fare la sua conoscenza, su di lui il 20 ottobre 2016, è uscito un post su Brain Pickings che trovate qui.