Il milionesimo nell'ombra

Qualche giorno fa, non sappiamo bene quando, esattamente, questo blog ha avuto il suo milionesimo visitatore.

Il contatore dei visitatori aumentava e a un certo punto avevamo immaginato di monitorarlo per poter festeggiare in tempo reale l'evento. Ché, a noi, pare un evento. Ci colma di stupore il fatto che un milione di persone (o una sola persona un milione di volte, o centomila persone dieci volte, che poi fa lo stesso) siano passate di qui. Ma la grande occasione ce la siamo lasciata sfuggire: sono troppe le cose a cui badare per occuparsi anche di questa e, alla fine, il nostro milionesimo è rimasto nell'ombra.

Ma a lui, o lei più probabilmente, vorremmo dedicare un ricordo. Il ricordo affettuoso di un bellissimo racconto che mi ha fatto (a me, Paolo) molta compagnia quando ero piccolo. Il racconto è tratto da Il tranviere impazzito di Marina Jarre, pubblicato da Einaudi ragazzi nel 1962 con le illustrazioni di Franco Bedulli, che qui trovate in bella mostra.

Il racconto si intitolava Il ventimilionesimo, e cominciava così:

C'era una volta un bambino che viveva nella più grande città del mondo. Quando nacque gli attaccarono al collo un cartoncino con su scritto: «20 000 000», perché era il ventimilionesimo bimbo che nasceva in quella città. Suo padre ne era così fiero che in ufficio parlando di lui non lo chiamava mai Roberto ma soltanto «il nostro ventimilionesimo». Roberto, del resto, era un nome antiquato: la mamma aveva voluto chiamarlo così. Gli altri bambini avevano nomi molto più moderni: Biomotor, Telecono, Trimobil e, il figlio del direttore, Ciclotrone, ma proprio perché era il figlio del direttore. «È un nome troppo ricercato per un semplice impiegato», diceva il padre di Roberto.

A Roberto piaceva invece il suo nome anche se non era moderno e non era affatto contento che lo chiamassero «ventimilionesimo». La sera guardava dalla sua finestra le altre finestre illuminate della città e pensava: «Ecco, dietro ogni finestra c'è un bambino come me, ci sono venti milioni di finestre, venti milioni di bambini!» e gli veniva un gran sconforto, forse proprio perché non era proprio bravo in aritmetica; sbagliava sempre le divisioni e a scuola la maestra diceva spesso: - Che vergogna per un «ventimilionesimo» essere l'ultimo in aritmetica! Che vergogna per la nostra scuola!

Poi la storia procede spedita e facciamo la conoscenza di Ciclotrone, il figlio del direttore, e di Motorino, il figlio della portinaia del grattacielo dove abita Roberto. I due sono amici, anche perché sono nati a due giorni di distanza. Sono così amici che, per difendere l'onore di Motorino, Roberto prende a calci nel sedere Ciclotrone. Ma picchiarsi è vietato in quella grande città e, per sfuggire alla persecuzione della legge, comparsa sotto le mentite spoglie di un vigile un po' tonto, i tre sono costretti a fuggire.

E, dopo tanta strada, tanta polvere e tanta avventura, Così finì la fuga di Roberto, Ciclotrone e Motorino. Le cose però non andarono poi male. Per punizione, Motorino fu espulso dalla scuola e dovette aiutare sua madre in portineria. A Ciclotrone il padre tolse la macchina calcolatrice sicché gli rimase molto più tempo per esercitarsi nei pugni; poiché faceva di nascosto a pugni con Roberto, ogni sabato pomeriggio. Quanto a quest'ultimo, per intercessione del padre non fu espulso dalla scuola, ma gli fu tolto il titolo di ventimilionesimo, che passò d'ufficio al ventimilionesimo e uno.

Passarono gli anni e i tre ragazzi divennero grandi. Motorino fece il portinaio, Ciclotrone successe a suo padre nella direzione della ditta. Di lui dicevano, però: - Non è in gamba come il padre, e poi quelle strane assenze del sabato pomeriggio!-

Perché sapete dove andava Ciclotrone il sabato pomeriggio? Insieme a Motorino prendevano la sotterranea e dopo un viaggio di parecchie ore arrivavano alla periferia della città. Là stava Roberto in un vagone ferroviario in mezzo alle erbe. Dopo lungo cercare aveva infatti trovato il mestiere che faceva per lui. Era ufficialmente incaricato di misurare di quanti centimetri al giorno si spostasse la città verso l'esterno. I conti glieli rivedeva tutti i sabati Ciclotrone e lui, in cambio, serviva ai suoi amici una buona cena di salame, vino, sottaceti e senape.

Ecco, caro milionesimo, o cara milionesima come è più probabile che tu sia: ci piace pensare che un giorno ti verremo a trovare in mezzo alle erbe, per fare lezione di pugni e condividere una buona cena di salame, vino, sottaceti e senape.

Grazie.

Grazie a te, milionesimo nell'ombra.

E a tutti i 999.999 altri che sono passati di qui anche una volta sola a leggerci.

GRAZIE 999 999 + 1!