Arte moderna per osservare, scoprire e creare con i bambini
Oggi ospitiamo questo articolo di Giulia Orombelli, autrice di un saggio molto interessante che racconta di un'esperienza di educazione dello sguardo, un tema a cui come sapete, siamo molto sensibili. I bambini, l'arte, la frequentazione dei luoghi dell'arte, l'attenzione, la capacità di osservare e di riportare un'esperienza visiva, il saper vedere, sapersi esprimere, orientarsi nel mondo dei segni e delle immagini, sono i temi che trovate in questo manuale rivolto a insegnanti, educatori, genitori e appassionati d’arte, edito da WizArt, impresa sociale non-profit che ha ideato, realizzato e lanciato Artonauti, il primo album di figurine dell’arte.
[di Giulia Orombelli]
Quando ho portato i bambini di terza a vedere i tre ritratti di Modigliani conservati al Museo del Novecento di Milano, sono rimasta stupita. Abbiamo osservato i tre quadri, che sono appesi uno accanto all’altro, per qualche lungo minuto, poi ho ascoltato le loro riflessioni. In quello che hanno messo a fuoco in pochi istanti, c’era tutto Modigliani. Come era prevedibile, quello che li ha colpiti immediatamente è stato lo sguardo. Impossibile trovarne uno simile nei ritratti di altri artisti. Lo sguardo dei volti di Modigliani è «un po’ triste e non si capisce bene». Non è l’espressione del viso, che anzi è immobile, ferma, non è l’atteggiamento della bocca, chiusa e muta, ma sono gli occhi che parlano dell’anima. Sugli occhi si sono soffermati a lungo.
Davanti ai tre quadri è nato un bel dialogo.
P - Hanno la bocca uguale.
MF - Hanno la stessa forma della faccia.
R - Lo stesso naso.
L - Le stesse sopracciglia.
M - A tutti manca la pupilla.
S - Hanno un occhio diverso dall’altro.
Io - Avete osservato tante cose giuste. E subito avete notato questi occhi strani. Avete detto che sono senza pupille. E questo fa sì che abbiano quello sguardo un po’ triste come diceva qualcuno, che non si capisce bene. Per Modigliani gli occhi sono importantissimi. Lo sguardo è importantissimo. Come mai in quasi tutti i suoi ritratti dipinge un occhio diverso dall’altro, come avete detto? Cerchiamo di capire. Perché gli occhi sono importanti?
C - Perché con gli occhi vedi le cose, tutto quello che c’è intorno.
M - Per me sono importanti, perché fanno vedere se una persona è triste o arrabbiata o felice. Fanno capire come si sente una persona.
Io - Si racconta che quando ebbe finito il ritratto di Paul Guillaume, che era un suo grande amico, Paul gli chiese «Perché mi hai dipinto con due occhi diversi?». Modigliani gli rispose: «Perché con uno guardi il mondo» (come ha detto qualcuno), «con l’altro guardi dentro di te» (come ha detto qualcun altro). Quale sarà stato l’occhio con cui si guardava dentro?.
S - Secondo me, quello chiaro chiaro, azzurro.
Amedeo Modigliani, Rosa Porporina (1915).
Amedeo Modigliani, Béatrice Hastings (1915).
Amedeo Modigliani, Ritratto di Paul Guillaume (1916).
Qualche giorno dopo, a scuola, abbiamo ripreso a riflettere insieme sugli occhi-specchio dell’anima e i bambini hanno scritto dei versi semplici e molto belli. Mi ha colpito la profonda intimità che era cresciuta tra loro e che nei componimenti era emersa. Infine non poteva mancare un laboratorio di ritratti sulla scia di Modigliani, che ai bambini, ovviamente, è piaciuto tantissimo.
Ritratti alla Modì.
Nel libro Imparare davanti a un quadro (WizArt, 2020), racconto questa e altre esperienze vissute con i bambini in giro per la mia città, nelle sale dei musei, tra i banchi di scuola. La passione per il mio mestiere di maestra elementare e quella per l’arte si sono intrecciate. Ma se dovessi misurarle, direi che l’amore per il mio lavoro quotidiano supera di gran lunga quello per l’arte. O meglio, osservare un quadro con i bambini è molto più divertente che girare da soli per un museo, almeno per me. Sono i bambini che notano alcuni particolari a cui non avevamo fatto caso, sono loro a suggerire associazioni di immagini sorprendenti, a volte il quadro diventa un’occasione per riflettere e raccontare di sé in modo molto libero.
Davanti a un quadro con i bambini succedono cose straordinarie, spesso imprevedibili. Ci si ritrova trasportati in luoghi mai visitati. Il gioco dell’arte li coinvolge e fertilizza la loro creatività: nascono storie fantastiche, spesso casuali, dotate di quella leggerezza rodariana che insegna, soprattutto a noi adulti, a guardare il mondo con occhi divertiti, capovolgendo per una volta la visione delle cose. I bambini riescono quasi per istinto a trovare parole leggere per dire ciò che invece è immenso, incomprensibile, a volte pesante, proprio come ci riescono gli artisti.
Davanti a un quadro capita che affiorino da chissà dove, nei bambini, brevi versi poetici, mini-poesie, che tessute insieme dalla mano sapiente dell’adulto diventano preziose pagine da raccogliere. Nascono progetti artistici personali, costruzioni e opere d’arte lontane dal foglio bianco che di solito la scuola offre loro. I bambini, si sa, sono imitatori, imparano per imitazione, fanno, cioè, quello che noi consideriamo da evitare e che invece è il motore dell’apprendimento: copiano e copiando trasformano, inventano. Quello che vedono fa germogliare in loro idee nuove. L’arte insegna che tutto è possibile, conduce in un territorio dove convivono realtà e immaginazione. In fondo un quadro non è diverso da un silent book, questo i bambini lo capiscono in fretta senza che gli venga detto, capiscono che ognuno ci può vedere la sua storia, ognuno può usare quel quadro per guardare dentro di sé e trovare tesori ogni volta diversi, può giocarci in modo inaspettato, «c’è spazio per le mie parole, come per le tue».
Ecco l’incantesimo dell’arte.
Noi al Museo del Novecento.
Ci sono però alcune condizioni necessarie perché questo incantesimo avvenga. La prima e fondamentale è il gruppo. La scuola è prima di tutto una comunità. Questo i genitori spesso lo dimenticano, concentrati come sono sull’istruzione e la formazione del loro bambino. Il gruppo dei bambini di una classe non è la somma di tanti individui, è di più: agisce come un unico cervello pensante. Non diversamente dalle api nell’arnia, nel gruppo ognuno contribuisce al processo di conoscenza, alle scoperte, al germogliare di nuove idee e - cosa ancora più straordinaria - il gruppo salva, include, educa, insegna e apre alla crescita positiva ogni singolo bambino. C’è poi l’adulto, il cui ruolo è fondamentale, ma non perché trasmette informazioni. L’adulto è un regista occulto, che si pone all’ascolto dei pensieri e delle emozioni dei bambini, raccoglie le loro parole, mette insieme le idee più ingegnose, accompagna e stimola. È una guida che non dà indicazioni, ma pone domande a cui non è possibile rispondere con un sì o con un no, con informazioni imparate, con risposte esatte. Certo non lascia i bambini soli davanti al quadro, liberi di dire qualsiasi cosa gli salti per la mente, perché questo non porterebbe da nessuna parte. Il suo ruolo è importantissimo e va giocato con equilibrio: ascoltare i pensieri dei bambini con interesse autentico, raccogliere le idee più fruttuose senza mai inibire, raccontare senza impartire lezioni ma affascinando, coinvolgere tutti nella scoperta perché di ognuno conosce il temperamento. L’adulto ha la visione del percorso che compiranno i bambini insieme a lui e crea le condizioni perché in loro si accenda meraviglia e desiderio di scoprire. Le domande che lancia ai bambini aprono nuove strade, risvegliano riflessioni, attivano la ricerca di tutto il gruppo, fanno nascere progetti. Il resto lo fanno davvero i bambini, dobbiamo semplicemente essere disposti ad addentrarci con loro in questo territorio che – diversamente di quanto accade spesso a scuola – non è già noto e definito.
Il libro si rivolge a chiunque abbia a che fare con i bambini: insegnanti innanzitutto, ma anche educatori e genitori.
Piet Mondrian, Paul Klee e Joan Miró: estratti da Imparare davanti a un quadro.
Devo ringraziare Daniela Re, collega e amica cara, che mi ha spronato a scriverlo. Daniela ha inventato Gli Artonauti, le figurine dell’arte, che hanno avuto molto successo nelle scuole. Quando da parte di tanti insegnanti sono arrivate le richieste di idee e suggerimenti per fare dei laboratori con l’arte, mi ha chiesto di raccontare quello che faccio con i bambini. Così mi sono messa a scrivere, il libro ha preso forma e io ne sono stata felice. È articolato in tre parti: nella prima racconto come è nato ed espongo alcune idee personali sulla scuola e la didattica oggi; la seconda parte - la più consistente - è dedicata ai laboratori. Ho scelto dieci artisti del Novecento, ho spiegato perché mi piacciono e perché secondo me si prestano a diventare oggetto di laboratori coi bambini. Questi si articolano tutti in due momenti: il primo è quello dell’osservazione profonda del quadro, da cui nasce il dialogo; il secondo momento è quello più creativo e artigianale e consiste nell'invenzione di storie e nella creazione di opere, stimolati dalla prima parte del lavoro. L’ultima parte del libro è dedicata ai suggerimenti pratici. Ognuno può usarlo come vuole, scegliendo un laboratorio tra quelli proposti e seguendone le indicazioni oppure prendendo soltanto qualche spunto per inventarne di propri.
Il libro è uscito qualche giorno prima del lockdown, quando di colpo ci siamo ritrovati rinchiusi nelle nostre case, affidati a connessioni spesso fragili, senza più «un corpo da portare in giro a imparare», senza poter usare le mani per realizzare idee nuove. Ne siamo usciti ancora più convinti che la scuola non si può rinchiudere nello schermo del computer, ma neanche nello spazio dell’aula e tra le fotocopie da completare. Siamo ancora più determinati a uscire, a sederci davanti a un quadro e a cominciare il nostro viaggio in quel meraviglioso territorio che ci apre l’arte.