Io sono due mani che disegnano

A conclusione della mostra “Il teatro disegnato e altre immaginazioni” (ne avevamo parlato qui), allestita a San Giorgio di Nogaro (Ud), la Biblioteca Villa Dora ha pensato di realizzare un’intervista collettiva all’autore protagonista dell’esposizione: Gek Tessaro. Tra le tante domande pervenute e raccolte tra bambini, insegnanti, educatori, visitatori, ne sono state selezionate una decina, alle quali Gek Tessaro ha prontamente risposto.

Tutti sbagliano a scrivere il tuo nome. Le copertine dei tuoi libri in vendita su internet sono sempre girate nel verso sbagliato. Perché tutti questi errori? Sono gli altri che sbagliano o sei tu a ispirarli? Che rapporto hai con l’errare?

Il mio nome è Ferdinando e dunque di fatto potrei considerarmi un gerundio. Esiste e resiste questa bizzarra pratica secondo la quale viene stabilito un nome molto tempo prima di conoscere chi verrà al mondo. Perché piace a mamma e papà o perché è il nome di un antenato, di un nonno per esempio, e tutto questo senza tenere in considerazione quel che sei o potresti essere. Insomma si sceglie il nome alla cieca, sperando di beccarci. Mi chiamo Ferdinando e non mi riconosco in questo nome.

In terza elementare, senza una giustificazione, ho spiaccicato un grumolo di Pongo sulla testa del mio compagno di banco. Hanno dovuto raparlo a zero. Quando, dopo tre giorni di sospensione, sono tornato a scuola mi chiamavo ancora Ferdinando. Il mio compagno magnanimo non mi ha serbato rancore, ma dopo avermi ancora accolto nel banco vicino al suo, mi ha informato che a suo parere io non ero “normale”, ero un pazzo, un matto, un fuori di testa, insomma ero propriamente un gek, così ha sentenziato e così ha scritto col pennarello sul mio banco: GEK. Intendeva evidentemente il jolly, la carta matta. Intendeva così, ma ha scritto cosà. Riassumendo: il mio nome iniziale, quello registrato all’anagrafe, è un errore di distanza; il mio secondo è uno sbaglio letterale sebbene estremamente vicino al rappresentarmi, dunque credo sia legittimo concludere che di errore in sbaglio, l’equivoco si sia propagato e continui a manifestarsi in diversi ambiti.

Ci sono persone che si sentono a disagio davanti agli errori, così capita sovente che diligenti bibliotecarie pur avendo davanti agli occhi un mio libro, si rivolgano a me nei modi più disparati o solerti maestre, forse per deformazione professionale, si ostinino a scrivermi con nomi correttissimi anche se non sono miei.

Di contro, senza pretendere di svolazzare alto, la storia dell’umanità è costituita e sostenuta in ogni campo da tentativi, errori, prove e spesso i successi e le trasformazioni o scoperte sono scaturite da un inciampo, un non previsto, uno sbaglio insomma. Con tutto che gli strafalcioni, le imprecisioni, le cantonate andrebbero evitate il più possibile, non posso negare che per i malintesi, gli abbagli e una certa imprecisione provo un sincero e pacato affetto. Spesso mi ci riconosco, mi ci ritrovo.

Nel mio campo, intendo quello delle arti visive, il disegno selvatico, impreciso, in qualche modo difettoso può suggerire a volte soluzioni inesplorate e suggestioni inusuali.

Spesso disegno a rovescio e con la sinistra. Il segno risulta giocoforza più incerto, fuori controllo, grezzo, sghembo, ma spesso il risultato riesce a sorprendermi. Ci sono errori che ci consentono di imparare; a volte sbagliare significa progredire. Un errore cessa di essere tale nel momento in cui attiva un nuovo processo di attribuzione di senso.

A proposito di versi, perché il cammello in copertina nella versione francese del libro Io sono un cavallo va verso destra mentre nell’edizione italiana e spagnola va verso sinistra?

Misteri dell’editoria.

Entrare nella mostra e avere un colpo d'occhio sulle copertine dei tuoi libri è come aprirne uno e trovarci tante facce, tutte sorelle e ognuna differente. Il colpo d'occhio insomma è importante. Che sensazione provi restando di fronte ai tuoi lavori tutti insieme?

Ogni libro in un certo senso è un figlio. Ha una sua data di nascita, un percorso, un’attesa. Ogni libro è una tappa, un frammento di vita mia e di chi mi sta vicino. Certifica un periodo e diversi stati d’animo. Vedere tutti i libri insieme mi impressiona, e provo molta tenerezza. Si possono abbracciare i libri?

Durante la visita alla mostra un bambino ha detto “volevo essere io Gek Tessaro!” Ma per Gek com’è essere Gek?

Senza dubbio un privilegio, non perché io pensi di essere una persona speciale, ma perché so di aver avuto la fortuna (conquistata con ostinazione e passione) di potermi dedicare a ciò che più mi piace al mondo.

Durante i tuoi spettacoli con la lavagna luminosa accompagni le immagini con testi in rima. Perché non parli in rima sempre, anche quando vai a comprare il giornale?

La mia giornalaia d’affetto si chiama Angela, ha quasi settant’anni e a volte si mette il rossetto.

“Buon giorno Angela, come andiamo, tutto bene?”

“Buon giorno, può leggere sul giornale tutte quante le mie pene”

A che squadra di calcio tieni?

Il gioco del calcio che di per sé sarebbe un gioco bellissimo occupa uno spazio spropositato nella vita di questo Paese. Per questo, diciamo così, per cercare di equilibrare un poco, me ne disinteresso e senza nessun rimorso.

Nella quotidianità quali sono i vantaggi e gli svantaggi di utilizzare tutte e due le mani?

Cerco quotidianamente di adoperarle tutte e due, per gioco, per sperimentazione, per esercizio. Svantaggi non riesco a vederne. Forse, ecco, quando mi lavo i denti con la sinistra sono più impreciso e se vado di fretta mi infilo lo spazzolino in una narice. (Poi però, per dire, mi capita di fare le bolle con il naso, per dire).

Spesso disegni cavalli ed è il soggetto che riesci a fare meglio. Ma allora perché anche le tue visite guidate non le hai fatte in sella a un cavallo?

Di norma le visite guidate le faccio indossando i pantaloni, e i pantaloni, dovrebbe essere noto ai più, hanno un cavallo, il famoso cavallo dei pantaloni. E dunque, tecnicamente, le visite guidate le ho fatte a cavallo.

Quando disegni un cavallo gli dai anche un nome?

No, perché poi se quando lo chiamo non mi risponde mi sento in imbarazzo come Buonarroti Michelangelo.

Un visitatore ha scritto: “mi piacerebbe vivere nel tuo mondo colorato”. Ma tu ti vesti sempre di nero, come mai?

È innegabile che io dimori in un mondo colorato, ma è il mondo del mio immaginario ad essere a colori, io non è necessario che lo sia. Durante gli spettacoli sono girato di schiena e sono vestito di nero così mi annullo, sparisco. La mia faccia, il mio corpo, spariscono. Io sono due mani che disegnano, ma il protagonista non sono io, è il disegno.

Sei conosciuto come un grande autore e illustratore di libri cosiddetti per ragazzi eppure il 45% di chi ha visitato e apprezzato la mostra sono adulti. Questo vuol dire che le tue storie e i tuoi disegni parlano a tutti senza steccati. Gli steccati forse vanno bene per i cavalli ma per le persone no. Cosa ne pensi?

Gli steccati mi destano perplessità perfino per i cavalli. Gli steccati, i muri, le barriere, i confini sono invenzioni umane. Quasi sempre negative. Sopra un libro puoi scrivere “per bambini di quattro anni”, ma se il libro è buono può incontrare il cuore e la mente di un adulto. Un libro è un libro, chi lo apre, a seconda delle proprie capacità, può scoprire tesori sepolti o giocattoli di superficie. Un libro è l’oggetto più distante dagli steccati che ci sia.

"Il teatro disegnato" è un progetto promosso da Comune di San Giorgio di Nogaro, Sistema Bibliotecario InBiblio, in collaborazione con Associazione Culturale 0432, allestimento e grafica di Emanuele Bertossi, con il patrocinio dell'Associazione Italiana Biblioteche FVG e il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, realizzato con il contributo del Ministero della Cultura - Direzione generale Biblioteche e diritto d'autore - Fondo per la promozione della lettura, della tutela e della valorizzazione del patrimonio librario 2022.