Aspettiamo sempre con ansia i libri di Joanna Concejo e i brevi scritti con cui li racconta su questo blog. Da qualche settimana è in libreria L'anima smarrita, il suo ultimo lavoro su un testo di Olga Tocarczuk, una delle voci più alte della letteratura polacca contemporanea, sapientemente tradotto da Raffaella Belletti. Quelle che seguono sono poche righe, e immagini tratte dai taccuini che Joanna ha usato per preparare il libro, ma gettano una luce chiarissima su cosa sia e come funzioni un processo creativo.
[di Joanna Concejo]
L'anima smarrita: ho finito di lavorare a questo libro poco più di un anno fa ed eccomi qui oggi, di fronte ai miei taccuini per cercare di tracciare il suo percorso. Il percorso dell'anima e il mio. Sfoglio le pagine sperando di trovare un aggancio, il capo di un filo da afferrare per seguire le parole.
Le parole. È sempre più difficile, per me, parlare dei libri che sto facendo; è sempre più difficile aggiungere qualcosa alle immagini che ho disegnato.
E se l'anima fosse una ragazzina che gioca sempre, invece di affrettarsi? *
Questa è una prima traccia del libro nei miei taccuini. Ciò non significa che non ci abbia pensato prima, ma è la prima cosa che ho annotato. Una nota è come un frutto maturo: fino a quel momento avevo buttato giù alcune idee, realizzato alcuni schizzi, solo due o tre pagine. Poi sono passata a qualcos'altro. Ho lasciato da parte "l'anima" e mi sono occupata di altri progetti. Ma una parte di me è rimasta attenta e ha atteso quel piccolo scatto, quel "qualcosa" che, misteriosamente, mette il libro sulla strada giusta, che mette ogni cosa al proprio posto, che ci fa capire che sappiamo che cosa vogliamo raccontare.
Non hai niente, dolcemente, tranquillamente.
Ricordo quando è successo. Stavo esaminando il materiale di documentazione che raccolgo, alla ricerca di qualcosa di adatto all'illustrazione su cui stavo lavorando (per un libro completamente diverso). Ero completamente assorbita nel compito, frugavo nei ritagli dei giornali. E mi venne un pensiero, così, all'improvviso: per L'anima smarrita avrei avuto bisogno di un oggetto che potesse essere condiviso, che potesse essere "uno" ma che potesse essere anche "due". A quel punto, tutto è diventato evidente: l’immagine un paio di guanti bianchi da bambino, tenuti insieme da un cordino, per non perderli.
Per me questo libro parla di un collegamento. Invisibile e fragile. Ancora più fragile e delicato di quel cordino che tiene insieme i guanti dei bambini.
Vieni, ti guiderò attraverso il labirinto dei miei pensieri.
Volevo raccontare questo legame, e anche l'amore, la tenerezza, la benevolenza, a volte la tristezza, la solitudine e l'attesa. E alla fine la gioia.
Siediti sulla valigia e aspetta.
Proprio in quei giorni, mia figlia Maria mi aveva regalato un vecchio registro contabile che aveva trovato chissà dove. Regalo meraviglioso! Fogli da computisteria, numerati nell’angolo in alto, come quelli su cui era incisa la vita di quell’uomo la cui anima si è smarrita. Adesso avevo tutto. Su quei fogli avrei disegnato la maggior parte delle illustrazioni del libro: un supporto difficile e ingrato, ma ero determinata a trovare un modo per lavorarci. Il libro era diventato possibile.
Questa bambina ha dato uno dei suoi guanti al ragazzo che aveva freddo, segno che stanno insieme, che fanno parte dello stesso essere.
Torno ai miei taccuini. Ci sono molte idee, schizzi, piani del libro, frammenti di sequenze. Anche un menabò le pagine da fare, dove ho spuntato con una croce le pagine a mano a mano che le realizzavo. I tempi del taccuino, del libro e i miei. Pieni di frammenti, frasi, tentativi, idee scartate, rinunce. Pieni di imprecisioni, ipotesi naufragate, inversioni di marcia, possibili soluzioni, percorsi mai percorsi, sentieri abbandonati. Ma senza censura, senza ritocchi.
E un'altra frase, scritta in blu e sottolineata tre volte:
Non dimenticare i guanti. No, no, non li dimenticherò. Un'ala di farfalla nella neve.
Ho annotato molto spesso indicazione sul colore. Ho ancora dei problemi col colore. Oh, quanto è più facile, per me, la grafite.
Il libro si muoveva lentamente, le immagini arrivavano l'una dietro l'altra, trovando il loro posto. Ognuna ha determinato la successiva, e così via. Spesso mi hanno sorpreso. È incredibile come a volte un libro possa sfuggirci, andare dove vuole. Periodicamente, mandavo le immagini scansionate all'editore, per fargli capire che stavo lavorando. Ma dal momento che non avevo fatto uno storyboard, solo alla fine ha potuto capire la mia idea del libro. Fortunatamente ho avuto la sua fiducia.
Sto iniziando a sentirmi stanca.
L’ho annotato verso la fine, e avevo ancora molti dubbi:
Ora penso che avrei potuto usare altri colori nelle illustrazioni. Usarne meno. O fare toni più caldi: marroni, ocra, colori terrosi... Ma, ehi!, adesso è tardi. Ormai è fatta.
I taccuini… Se c'è qualcosa che contiene l'anima di un libro, sono certamente loro. Quella del libro e forse un po’ anche la mia.. Forse grazie a loro mi sento meno sola.
E l'ultima nota su "L'anima smarrita" è:
Il prossimo libro sarà disegnato su carta di buona qualità e con matite di buona qualità! E sarà FACILE!
Grazie.
* le frasi in corsivo sono citazioni estrapolate e tradotte dai taccuini che ho riempito mentre lavoravo a questo libro.