Parlare di diritti ai bambini

[di Susanna Mattiangeli]

Qualche anno fa, nel 2010, mi sono messa a studiare gli articoli della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e mi sono emozionata, pensando a un tempo in cui realmente questi diritti verranno applicati. Anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (e della Donna) può fare questo effetto, la leggi e ti viene un po’ da piangere.

I diritti dei bambini e delle bambine però hanno una loro specificità, cioè l’investimento sul tempo. I diritti dell’infanzia sono una questione che riguarda gli adulti: chi li rivendica non è chiamato a farlo da chi rappresenta, visto che l’infanzia non è una minoranza né una categoria né un gruppo, ma una condizione transitoria che ci riguarda tutti, durante la quale non siamo in grado di formulare richieste con i modi propri del mondo adulto.

 

Già in quel 2010 in cui leggevo e mi commuovevo, erano uscite molte pubblicazioni pensate per comunicare il concetto del diritto del bambino ai diretti interessati: tutte opportunità per stimolare discussioni, per far conoscere storie, costruire consapevolezza. Mi sono chiesta tante volte però se ci fossero effetti profondi nell’informare i bambini sui diritti di cui sono titolari, se forse non fosse il caso di ribaltare il punto di vista sull’argomento.

 

Spesso, nel parlare dei loro diritti ai bambini, si afferma che 'a ogni diritto corrisponde un dovere'; in alcuni casi si trovano elencati i diritti e i doveri, come se essi si trovassero sullo stesso piano, riflessi l'uno nell'altro. Sono partita da quest’apparente specularità, chiedendomi se potesse essere proprio questa la chiave per riflettere sui doveri e per tentare di parlarne in modo semplice ai bambini di oggi, ma anche a quelli di ieri.

 

Simone Weil, nel suo saggio La Prima Radice, prende le mosse dal concetto di bisogno. Mentre i diritti esistono -dice Weil- perché riconosciuti dagli altri, e continuano a esistere anche quando a questo riconoscimento non corrisponde un'azione concreta, i bisogni sono incondizionati, e richiedono per essere soddisfatti un ruolo attivo in un tempo e in un luogo circoscritti.

I doveri che ognuno di noi ha nei confronti dei bisogni vitali vengono prima di ogni riconoscimento, di ogni convenzione; precedono il ragionamento, la cultura, la norma.

Il tentativo che ho fatto è stato quello di riassumere i nostri doveri principali a partire appunto dai bisogni. Il comitato Italiano per l’Unicef lo ha pubblicato perché venisse distribuito nelle scuole, come strumento per parlare dei fondamenti dell’etica a partire da sé stessi, ma ne ha anche reso disponibile un formato pdf da scaricare liberamente.

Ecco dunque Dieci cose che devo fare, promemoria per i bambini di oggi e di ieri, con le immagini di Lorenzo Terranera, compagno di cose da fare.