Quando ero lupo

Cosa eravamo,quando eravamo bambini? Eravamo uccelli? Temporali? Eravamotigri sanguinarie? O alberi secolari?
Quand j'etais loup(Editions Gautier-Longuerau, 2003), testodi  Philippe Lechermeier, illustrazioni di Sacha Poliakova, parte da questadomanda. Fuori campo una voce dà conto al lettore della propriameravigliosa, terrifica trasformazione da lupo in ragazzo. Come ci sitrovi nella pelle di lupo e come da belva ferina ci si muti in figliodell'uomo. E ovviamente vengono in mente Mowgli e i tanti ragazziselvaggi che costellano la storia della letteratura e dell'antropologia,nel seguire questa necessaria, ma dura metamorfosi che da una condizioneedenica, per quanto scomoda e rischiosissima, approda alla chiara rivadella civiltà, delle parole, delle regole e delle relazioni. 

Quando ero lupo,
nondormivo mai,
la notte mi arrampicavo sui tetti,
urlavo e mi sbracciavo,
facevo segno a quellidi sotto:
Uhuhuhuh!

Quando erolupo,
la gente ne aveva abbastanza di me.
Migridava: “Scendi, se sei un uomo.”

Ionon potevo: ero un lupo. La gente è matta.



Quando ero lupo,
le notti senza luna,
mi capitava di non fare niente.
Mi arrotolavo su mestesso,
tutto sottosopra,
ero giù di corda,
pieno di malinconia.

Quando ero lupo,
saltavo di tetto in tetto,
correvo sui camini,
scivolavo lungo le grondaie,
facevo un baccanod’inferno.
E le sere di temporale,
gridavo la miarabbia:
Hou, hou!


Quando ero lupo,
me ne fregavo di tutto,
mi pulivo le zampe sulla faccia
rosicchiavo le cotolettefino all’osso
rifiutavo di spazzolarmi i denti.

Quando ero lupo,
anche i più grandi stavanosul chi vive, con me.

Si facevano da parte,per lasciarmi passare,
e abbassavano gli occhi, quando liguardavo.
Alcuni di loro si prosternavano.


[…]


A poco a poco, il mio pelo si fecepiù rado,
i miei denti divennero meno lunghi,
lamia voce fu più dolce.
Il mio muso si accorciò
e quando uscivo per strada
la gente non miriconosceva.
A casa, le mie unghie non graffiavano più ilparquet,
non distruggevo più tutto quel che toccavo.
Abbandonai i bagni di luna sui tetti, i ringhi,
gliululati, e quando avevo una fame da lupo,
allora miannodavo un tovagliolo intorno al collo.
Mostravo le zampebianche e diventavo gentile.


Oggi nessuno più mi sfugge.  
Possofrequentare anche i più impressionabili,
nonmi trattano più coi guanti,
posso parlare senzaspaventarli,
arrivano persino a non ascoltarmi.
Il dentista mi mette le dita in bocca senza timore,
e quando vado allo zoo non semino più il terrore.
Niente panico, niente crisi isteriche.

 


Non sono più un lupo.
Vado nella vostrastessa scuola,
ho una cartella,
imparo letabelline.
Tuttavia, certe sere,
quandola luna è rossa,
quando mi sento un gatto in fondoalla gola
o un uccello in testa,
mi siedosul bordo della finestra.

E mi ricordodell’epoca in cui ero un lupo.

(traduzione a cura della redazione)

Questo libro è statoun colpo di fulmine, visto e acquistato in edizione economica (edita nel2008), in una libreria specializzata di Strasburgo. Il testo è uno deipiù belli di albo illustrato che abbia mai letto. E lascia senza paroleche con questo libro Sacha Poliakova abbia fatto il suo esordio (e Philippe Lechermeier quasi, dato chequesto è il suo secondo album). Nata nel 1977 a San Pietroburgo,la Poliakova non è certo fra i nomi acclamati dell'illustrazione,ma il suo lavoro, il suo sguardo sono fra i più interessanti incircolazione, capaci di suscitare inquietudini e interrogativi,di offrire infiniti spunti di riflessione attraverso unlavoro di scavo nella condizione infantile e adolescenzialecome pochi sono capaci di condurre.

La scorsa estate avevoportato con me, fra i libri da proporre agli iscritti al corsospeciale di Macerata tenuto insieme a Luigi Raffaelli, L'âme du cheval (Seuiljeunesse, 2005), di cui la Poliakova firma testo e illustrazioni. È statoindubitabilmente il libro che ha sollevato più curiosità, commozione,discussioni, interpretazioni, fra i tanti, e tutti interessanti,proposti. Quel che mi ha sorpreso è stata la presa emotiva immediatache il libro ha avuto su tutti, e questo attraverso un irresistibilegioco di contrappunto e impatto fra il testo di rara misura e leillustrazioni essenziali, al limite della ripetitività, costruite su unnumero limitato di elementi, riproposti quasi identici a ogni giro dipagina.

Per temi, tonalità emotiva, atmosfere,tensione narrativa, intensità drammatica questi due bellissimi libri sisomigliano: entrambi mettono a fuoco la forza dirompente del crescere,l'energia vitale che producono la sofferenza e la gioia della scopertadi sé, l'originaria condizione di solitudine di tutti gli esserie la fatica di rompere tale condizione per accedere alla dimensionedell'altro, imparando a condividere la propria unicità. E per tornarequindi, dopo il passaggio alla civiltà, alla norma, al linguaggio,alla socialità, a farsi di nuovo uccelli, lupi, alberi, temporali,in un recupero delle proprie radici ancestrali. Ma questa voltaper partecipare al tutto, empaticamente, in una sfera superiore disensi, sensibilità, consapevolezza.