Que viva Terciopelo!

La febbre delle novità èun malanno inevitabile, anche per gli editori. E se non ci si limita abuttar fuori forsennatamente e a casaccio titoli nuovi per presidiare gliscaffali, ricorrendo, anziché alla capacità di fare libri, a trucchetticome grandi nomi ed effetti speciali, non c'è dubbio che quella dellanovità sia un'arte complessa. Complessa perché richiede di mantenere,per esempio, un equilibrio fra sperimentazione di territori mai esploratie approfondimento di tendenze intraprese, abbandono di aree ormaiesaurite e riproposta di pietanze ancora nutrienti.
Quandonelle risposte a chi ci manda, illustratori e autori, materiale invalutazione, scriviamo: “I progetti (le illustrazioni, i testiecc.) che ci sottopone, tuttavia, non mi sembrano adatti al nostrocatalogo” alludiamo esattamente a

questo complessoequilibrio, che poi è quella cosa, che a tutti risulta incomprensibilefuorché all'editore medesimo, che si chiama “linea editoriale”. Piùche conoscerla razionalmente, l'editore la fiuta, usa molto l'istintoper individuarla, oltre che, naturalmente, conoscenze e competenzematurate nel tempo. E certo poi nella linea editoriale entrano gustie interessi in costante cambiamento e tuttavia fondati su radicatiprincipi e salde fedeltà. La linea editoriale è una cosa difficileda descrivere e razionalizzare, ma balza agli occhi con discretaevidenza quando si prende in mano un catalogo. E infatti uno deimomenti più emozionanti, per l'editore, è quello in cui, da unanno all'altro, esce il catalogo nuovo. Guardandolo,l'editore tira le fila di un anno di lavoro, perché il catalogonuovo ne rende conto spietatamente: ti fa un riassunto cheè tutto fatti e niente teoria.

Hai di che gioireo di che disperarti senza aver la possibilità di contartela su. Nellalinea editoriale di cui ti dà conto il catalogo c'è il presente, c'èl'immediato passato e ci sono gli inizi: puoi valutare la coerenza deltuo operato, ma anche capire quanto hai saputo ricercare, esplorare,quanto hai saputo osare e scommettere, senza però deragliare efarti rapire da inconsistenti tendenze, rimanendo fedele alle tueidee.
Noi, come Topipittori contiamo, certo, sullenovità, e a queste ci dedichiamo con concentrazione e impegno,ma sicuramente abbiamo sempre contato, e continuiamo a contare,sul catalogo. E infatti il nostro catalogo in libreria continua avendere: delle vendite costituisce a tutt'oggi poco meno del 50%. Ilche significa che i titoli del passato continuano ad avere una vitae questo ci sembra una cosa positiva.

Perché, se unolavora con cura a realizzare i suoi titoli, non si capisce bene perchépoi nel giro di qualche anno questi debbano misteriosamente perderedi valore o di senso.
Il catalogo, oltre alle vendite inlibreria, gode anche di un'altra fonte segreta di vita e nutrimento:la vendita dei diritti all'estero. Non c'è quasi niente che dia piùsoddisfazione a un editore che riuscire a vendere all'estero i diritti dititoli che sono in catalogo già da qualche anno. A noi, fortunatamente,questo sta capitando.
Al punto che, su certi libri, cisiamo resi conto che si è creato più interesse ora rispetto a quandosono usciti. Come se i tempi fossero dovuti maturare, come se fossestato necessario far decantare le cose e attendere, perché qualcunoriuscisse a “vederli” davvero.

È,questo, il caso di un libro a cui siamo legati: Velluto. Storiadi un ladro, di Silvana D'Angelo e Antonio Marinoni, che, uscito nel 2007,ha trovato immediatamente un coeditore francese, ma è negli ultimi dueanni che ha conosciuto una clamorosa esplosione di edizioni estere:coreana; tedesca; messicana, fresca fresca di stampa; e olandese diprossima pubblicazione.
Ricordo quando un editore ci disseche il libro era bello, ma nel suo paese non avrebbe potuto esserepubblicato perché il volto del ladro Velluto era evidentementequello di un maghrebino e dunque il libro avrebbe potuto esserepassibile di accuse di razzismo, essendo il protagonista un ladro emettendo perciò in cattiva luce l'etnia di appartenenza. Rimanemmointerdetti: Velluto? Maghrebino? Nessuno prima di allora se neera reso conto. Nemmeno chi l'aveva creato.

Fu inutile, tuttavia, cercare dispiegare, assicurare che non c'era stata alcuna intenzione razzista,protestare che Velluto, fra l'altro era un ladro che non rubava,perché gentiluomo, amatore d'arte e fine decifratore di atmosfere,dunque intimamente poeta. A nulla valsero le proteste. Però fu inquel momento che ci rendemmo esattamente conto di cosa significhivendere un libro all'estero: di come ogni cultura abbia griglieproprie, molto difficili da comprendere e molto difficili daoltrepassare.

E di che gran lavoro ci vuoleper diventare credibili, per essere guardati con attenzione, perguadagnarsi la fiducia. Velluto, poi, è uscito anchein quel paese che l'aveva guardato con diffidenza. Perciò: que viva Terciopelo. Historia de unladròn!