Sedurre vs condurre

Hamelin,n. 37, anno 14. Immagine di copertina LaurentMoreau.


L’imperativo è raccontarsi sempre, raccontarenell’immediato sentimenti, emozioni, esperienze, copiare-e-incollareframmenti di storie, immagini, parole con cui ci si identifica e chediventano nostre anche senza esserlo. Ma se tutto è narrazione,che cos’è narrazione?

Cosìsi legge in quarta di copertina del nuovo numero della rivista Hamelin.Titolo Troppe storie, argomento che di certointeresserà tutti coloro che per le più diverse ragioni si occupanodi scrittura, racconto, lettura, storie, come autori, promotoridella lettura, illustratori, insegnanti, bibliotecari, studiosi,librai, lettori...

Illustrazione di SerenaSchinaia.

Si tratta,lo si capisce, di un titolo provocatorio che rimanda a quella invasionedi narrazioni di cui quotidianamente, tutti, attraverso i medium piùdisparati, siamo fatti segno. Mi è stato chiesto di partecipare alnumero con una intervista che mi ha rivolto Giordana Piccinini. Invitoche ho accolto con piacere. Allora, oggi, vi anticipiamo, di questaintervista, la prima domanda e la prima risposta. Se poi il temavi coinvolge, e noi lo speriamo, potrete proseguire la lettura sullarivista che sulle narrazioni, dai più diversi punti di vista, accoglieriflessioni, studi e indicazioni a firma di Emilio Varrà, NicolettaGramantieri, Martino Negri, Elena Massi, Francesco Cappa, Gabriela Bin,Elisabetta Mongardi, Simone Sbarbati.

Buonalettura.

Le immagini che corredano questo postsono di SerenaSchinaia, l'illustratrice presentata in questo numero dellarivista Hamelin, e ci sono state gentilmente fornitedalla redazione (cheringraziamo).

G.P.Presupposto di questo numero di Hamelin è la pervasività che lanarrazione e le tecniche che ne sono alla base hanno oggi: tutti ciraccontiamo sempre, che siamo individui, aziende, manifestazioni,territori. Evidentemente la comunicazione in rete, ma anche la centralitàche la stessa idea di comunicazione ha nella nostra società, hanno moltocondizionato questo processo. Quello su cui vorrei confrontarmi con te èse e quanto esso ha trasformato anche le modalità, gli stili, l’ideastessa di scrittura: come scrittrice e responsabile editoriale deiTopipittori hai sia un profilo che una pagina su fb e da anni curi sei unadelle anime del vostro blog che non è mai stato unicamente promozionalema si è aperto a riflettere sull’illustrazione, la letteratura e lacultura per l’infanzia. 

Illustrazione di SerenaSchinaia.

G.Z.Questo preambolo mi fa venire in mente un episodio di alcunianni fa. Avevo scritto un pezzo per il bollettino online Vibrisse,di Giulio Mozzi, dal titolo L'intelligenzadella forma in cui spiegavo in cosa, a mio avviso,consiste la capacità di scrivere, o meglio di creare senso attraversoun testo, inteso propriamente come struttura narrativa. In questo pezzoraccontavo anche la mia esperienza di lavoro nella comunicazione,e di come, sia nella scrittura creativa sia in quella 'commerciale'il narcisismo rappresenti l'ostacolo principale, quello che determinail fallimento della comunicazione. Facevo l'esempio di alcuni CEO chepreferiscono una mediocre comunicazione a una buona, per l'unica ragioneche quella mediocre è una loro creazione, pur disponendo di strumentirudimentali per valutare sia il proprio operato sia quello altrui. Insostanza, le cose interessano loro sono nella misura in cui loroappartengono. Questo è il contrario di un processo di comunicazione,cioè di relazione.
Questo articolo capitò in mano alproprietario di una grande azienda italiana, il quale mi contattò e micommissionò un lavoro, sottraendolo alle cure dei copywriter di una dellepiù grandi agenzie pubblicitarie italiane. Si trattava di raccontare, equesti professionisti non sapevano da che parte cominciare, non riuscendoa superare lo schema della comunicazione frammentaria ed emotiva acui erano abituati.

Illustrazione di SerenaSchinaia.

Oggi io credoche l'insistenza, più che sul raccontare, sia sul creare emozioni. Cioèle narrazioni hanno come obiettivo principale non tanto il racconto,la struttura del discorso intesa come testo, scrittura e sua capacitàdi generare senso attraverso l'ordine del dar forma, quanto il produrreemozioni. Quello che in ogni ambito si sente promettere è “se leggerai,ascolterai, guarderai questo, vivrai grandi emozioni”. Non ho nullacontro le emozioni, ma mi pare che queste siano solo una piccola partedel processo che una narrazione - visiva, verbale, musicale eccetera- può innescare. Soprattutto io penso che finalizzare il raccontoa una immediata risposta emotiva alteri e condizioni il modo dellanarrazione. In sostanza si finisce per fabbricare emozioni anzichéracconti. Ma le emozioni non vanno create, perché sono una reazionedel lettore quando entra in relazione con una narrazione. Quando si faquesto, si invade lo spazio del lettore. Creare emozioni è una derivanarcisistica: punta a una gratificazione immediata del pubblico che, inquesto modo, è indotto a reagire con automatismi agli stimoli che riceve:se qualcosa mi emoziona è buono, se non mi emoziona, è cattivo. È unatteggiamento regressivo. La fabbricazione di emozioni elimina qualsiasiaspetto di problematizzazione di quel che si legge o si vede. In questomodo si trasforma la lettura, di testi o immagini in una pratica di puroconsumo.

Illustrazione diSerena Schinaia.

Miviene in mente una cosa scritta da Kafka: "La parola vera conduce,la falsa seduce": un buon criterio sulla base del quale valutareuna narrazione. Non è detto, poi, che tutte le buone narrazionisiano letterarie. Le librerie sono piene di pessime narrazioni:cose mal scritte e mal pensate. E d'altra parte se una istituzione,un territorio o una azienda vogliono raccontarsi, in sé questonon è scorretto. Dipende dal modo in cui lo fanno e dal perchélo fanno. Raccontare non è un terreno riservato alla letteratura,all'arte. Per esempio trovo di grande interesse il fatto che, pressoil Dipartimento di Scienze Cognitive dell'Università di Trento, ilLaboratorio di Comunicazione e Narratività sia stato, e sia, frequentatoda categorie professionali diverse, come insegnanti di ogni scuola egrado, vigili, guardie di finanza, guide alpine, personale amministrativoe polizia carceraria.

La scrittura io credo sia,in prima battuta, un esercizio di osservazione, distacco e pensiero:che si scriva un racconto, una cartolina o la lettera di una banca. Laproduzione di testi, o di racconti (anche per immagini), è un processoad alto livello di simbolizzazione e strutturazione dei significati,e richiede in primis questa capacità, che è unacapacità fondamentale, fondativa, mi viene da dire morale, dell'essereumano.

Illustrazione diSerena Schinaia.

Ci sonoriflessioni importanti su questo di Aby Warburg, che è uno dei massimistudiosi di immagini del Novecento. Abbiamo sempre bisogno, tutti, distrumenti narrativi, e nella vita di tutti i giorni: dalle incombenzepratiche a quelle più sofisticate, come le relazioni affettive,amicali o professionali. Le persone che meglio sanno esprimersi, sonoquelle che hanno maggiori e migliori possibilità di trovare il proprioposto nel mondo, umanamente, esistenzialmente, oltre che socialmenteed economicamente.

Brano tratto daScrivere oggi. Cinque domande a Giovanna Zoboli,di Giordana Piccinini, in Troppe storie, "Hamelin37".