Qualche settimana fa, abbiamo postato sul nostro blog la presentazione di Telefonata con il pesce, scritta dalla sua autrice, Silvia Vecchini. Silvia in questo post, raccontando come è nata questa storia di cui è protagonista un bambino che non parla, ha trattato della propria esperienza di bambina e di adulta con il silenzio, mettendo in luce la complessità del tema, non liquidabile attraverso atteggiamenti più o meno spicci o tesi a rassicurare. Questo post, davvero sottile, ha suscitato molto interesse e in particolare due commenti che ci hanno colpito, soprattutto perché hanno interpretato la dimensione del silenzio dal punto di visto di una cultura diversa dalla nostra, quella giapponese. Perché, in effetti, noi magari non ci pensiamo, ma il silenzio è anche una dimensione culturale e sociale, e varrebbe la pena di tenerlo ben presente dato che l’Italia, come tutti i paesi del mondo, si avvia a diventare una società cosmopolita e multietnica.
Per questa ragione oggi vi riportiamo queste due riflessioni. La prima è di Yuri Kagawa, giapponese che abita a Padova insieme a un marito italo-tedesco e a due bambine che parlano tre lingue (più un po’ di inglese…). Yuri tiene corsi di cucina in tutto il nord Italia obiettivo dei quali è fare conoscere agli italiani la vera e quotidiana cucina giapponese.
La seconda riflessione, legata alla prima, è di Anna Maso, insegnante presso la Scuola dell’Infanzia. Laureata in lettere a Padova con una tesi in storia del cinema. Anna ha studiato presso la scuola Ipotesi Cinema, diretta da Ermanno Olmi. Oggi conduce laboratori per adulti sulla didattica del linguaggio audiovisivo e sulla storia del cinema d’animazione, oltre a laboratori sul linguaggio artistico e audiovisivo per bambini e ragazzi dai 4 ai 14 anni. Esperta di cinema d’animazione, in particolare giapponese e d’autore, ha condotto approfonditi studi sulla cinematografia di Hayao Miyazaki.
Yuri Kagawa: Vivendo in paesi occidentali da lungo tempo, a volte ho l’impressione che il silenzio venga considerato come una condizione di ignoranza, timidezza o debolezza. Invece io vengo da un paese dove anche il silenzio ha un significato importante. Non fa parte della mia natura parlare in continuazione e questo, ovviamente, anche a causa della mie lacune nella lingua italiana che non mi consentono di esprimere perfettamente quello che vorrei dire. Così, a volte, la gente mi tratta come se fossi una bimba neonata a cui bisogna insegnare tutto. Mi fa un po’ ridere questo atteggiamento secondo cui “gli stranieri non capiscono niente”. Adesso, mia figlia Kana frequenta una scuola dove ci sono tanti extra comunitari. All’ultima riunione di classe, quasi nessuno di loro ha partecipato, perciò ero praticamente l’unica straniera! Alcuni si sono lamentati che gli extra comunitari non vengono mai alle riunioni. Invece forse bisognerebbe chiedersi: perché non vengono?
Prima di tutto, spesso non hanno alcun appoggio e non sanno a chi lasciare i bambini se devono partecipare alla riunione. Molti, poi stanno ancora lavorando in quell'orario. Si tratta di buone ragioni. Quindi se gli extra comunitari non sono presenti, meglio evitare di pensare che “non si interessano alla scuola”. Il loro silenzio ha un significato, e sarebbe bene prenderlo in considerazione. Oggi per esempio ho parlato con una mamma filippina che non è venuta alla riunione e mi ha raccontato perché non è potuta venire...
Mia figlia Michiko era ed è una bambina timida e silenziosa, a scuola. Eccetto che alla scuola materna, tutti i suoi insegnanti mi hanno sempre chiesto: «Come mai questa bambina non parla? O parla poco e a voce bassissima?'». Addirittura una volta mi è stato chiesto: «È così timida perché è giapponese?» Il silenzio non è così semplice da analizzare. Ognuno dà il proprio significato al silenzio. Spero che prima o poi il mondo arrivi a capire il senso del silenzio!
Mi è venuto in mente un proverbio giapponese Nou aru taka wa tsume wo kakusu. Vuol dire “Un falco che ha talento, nasconde le unghie”, ovvero se sei davvero intelligente e saggio, non lo mostri, anzi nascondi le tue qualità. Mi ci ritrovo e mi sono accorta che in Giappone le persone in genere sono umili, e non hanno bisogno di dimostrare intelligenza e talento. Invece ogni volta che sento qualcuno declamare le cose a voce alta, di solito poi rimango delusa. Forse nella cultura giapponese c’è l’idea che la vera saggezza non si possa dimostrare così facilmente solo attraverso le parole. E che sia possibile riconoscerla dai comportamenti. Ultimamente molti giapponesi hanno dimenticato questa verità, soprattutto fra i politici e le celebrità: hanno Big Mouth, ma in realtà forse solo quella! Parlare è bello, certo. Ma io credo più nei comportamenti che non nelle parole. Quindi, non penso che se uno non parla sia meno intelligente o saggio. Anzi, il silenzio nelle persone mi rende più curiosa.
Anna Maso: Yuri, concordo su tutto quello che dici. Io amo tantissimo i film di Miyazaki anche per l'importanza del silenzio nelle sue opere. Purtroppo questo è uno dei motivi per cui molti non lo apprezzano o lo trovano troppo lento. L'animazione occidentale ci ha abituato a questo horror vacui per cui lo spettatore deve sempre sentir parlare parlare parlare. Basta vedere un film d'animazione occidentale come Shark Tale o Alla ricerca di Nemo, per rendersene conto.
I silenzi, invece, se pensiamo ai lungometraggi di Miyazaki, sono così importanti. Penso ad esempio, in Il mio vicino Totoro, all'incontro delle bambine con Totoro alla fermata dell'autobus, il silenzio tra di loro e l'ascolto della pioggia. Oppure a quando Mei si addormenta sulla pancia di Totoro e resta solo il silenzio in cui si percepisce il caldo abbraccio che la conforta.
Leggendo il tuo commento mi è venuto in mente un passo di Gian Carlo Calza che ho letto nell'introduzione a un libro di Tanizaki: «La civiltà giapponese è un ricettacolo di mezzi toni e sfumature, di spazi vuoti che non vanno subito colmati ma goduti come sono, di un'infinità di arti che hanno come scopo non il prodotto estetico ma l'atto che arricchisce il rapporto. Rapporto con le persone, rapporto con la natura, rapporto con le cose.» Noi occidentali abbiamo tanto da imparare. Il silenzio, come dici tu, ha significato.
Immagini da Il mio vicino Totoro, diretto da Hayao Miyazaki e prodotto da Studio Ghibli, 1988.