Storia di un'abusiva della cultura

Costruttori di Libri fa parte di quelle iniziative sorte intorno a un rinnovato interesse verso i libri con le figure che ha caratterizzato il settore della letteratura per l'infanzia negli ultimi quindici anni. Nasce da un'idea di Antonella Abbatiello, Lorenzo Cantatore, Martino Negri e Giovanna Zoboli, con l'obiettivo di approfondire e fornire strumenti adeguati alla conoscenza di questi libri e dei processi creativi che li riguardano. Il primo appuntamento della terza edizione di Costruttori di Libri, si è tenuto il 19 novembre 2021 (sul programma e la partecipazione trovate informazioni qui). Il secondo appuntamento, con il medesimo programma, si terrà a Roma, l'8 aprile. Daremo in seguito informazioni più dettagliate. Oggi vi proponiamo il quarto ritratto di questa edizione, quello dedicato a Paola Pallottino, scritto da Lorenzo Cantatore. Qui trovate il primo, dedicato a Silvia Vecchini; qui il secondo, dedicato a Luogo Comune; qui il terzo, dedicato ad Adelchi Galloni. Per informazioni sulla prima edizione di Costruttori di Libri, del 2019, qui. E sulla seconda edizione, del 2020, qui.

[di Lorenzo Cantatore]

Spesso i luoghi dove lavorano intellettuali, artisti e scienziati somigliano ai risultati delle loro fatiche. Addentrarsi nell’officina di Paola Pallottino, a Bologna, è un po’ come sfogliare le sue pubblicazioni. Lei, fra il compiaciuto e l’autoironico, lo chiama “l’antro della strega” ma, a chiunque ne condivida interessi e passioni, sembra invece un labirinto delle meraviglie. Qualcosa vedi, qualcos’altro intravedi, molto ancora immagini. Insieme a un’infinità di schede e appunti di lavoro, ci sono numeri di riviste preziose, così rari che pensi siano un’invenzione dei collezionisti, e poi le prime edizioni, le tirature limitate, i libri con dedica, le collane e le enciclopedie illustrate, gli almanacchi, i cataloghi, le raccolte di stampe. Viene in mente l’indimenticabile Sabato del bibliofilo, dove Raffaele Carrieri raccontò le seduzioni della libreria antiquaria Hoepli. E non si può fare a meno di pensare a quanti patemi, rincorse, emorragie di denaro, vittorie e sconfitte abbia vissuto Paola nel trattare implacabilmente con librai di ogni tipo.

Intorno a lei scaffali ovunque, delle forme più diverse, urgentemente sistemati per sopperire alla mancanza di spazio dovuta all’incessante ingresso di materiali. Le sedie, poi, accettano remissive di aiutare le loro compagne librerie, alte e stanche, condividendo il peso di carte e volumi. Attenzione, non manca una più misteriosa tana sotterranea, dove si conservano i pezzi di un sogno momentaneamente interrotto, il Museo dell’Illustrazione italiana.

Bene, anche gli scritti di Paola risentono di questo caleidoscopico horror vacui: nomi, titoli, date, città, dimensioni, immagini, didascalie, tavole fuori testo, note, qui un’osservazione sullo stile, là un appunto sulla tecnica, altrove l’accenno a una pista di ricerca, profili su profili di maestre e maestri dell’illustrazione, famosi o sconosciuti ai più. Ma soprattutto ci sono le parole di Paola, usate con una sapienza artigianale che ricorda le tecniche di stampa di una delle cosiddette “arti minori”, quell’illustrazione che solo da pochi decenni gode in Italia di uno spazio considerevole in campo storiografico e critico, dopo essere stata a lungo vittima di un’inaccettabile “miopia culturale”. Questa conquista la si deve in gran parte all’impegno di ricercatrice e studiosa che Paola Pallottino ancora coltiva con maniacale, inflessibile e rigorosa lucidità di pensiero. Rivolgendosi a lei, Mino Maccari – una “stella di prima grandezza” che, insieme ad Aldo Palazzeschi, ha segnato la sua formazione e che la ebbe allieva nell’Accademia di Belle Arti, transfuga dall’Accademia d’ Arte Drammatica – la chiamò “abusiva”. Quell’epiteto le si attaglia benissimo. Eclettica fino al midollo, scrittrice, paroliera, illustratrice, figlia, moglie, madre, nonna, storica, erudita, critica, docente universitaria per chiara fama (“non laureata” ci tiene a sottolineare), intellettuale attenta a ciò che accade (e a ciò che non accade) intorno a lei, pasionaria in ogni suo gesto e pensiero, la nostra “abusiva” non poteva che occuparsi di un’arte a sua volta “abusiva” come l’illustrazione (ma, a pensarci bene, anche il paroliere è un poeta “abusivo”), dimostrandone centralità e autorevolezza nella storia complessa della comunicazione culturale.

Così come le “sue” illustratrici hanno trovato Le figure per dirlo (è il titolo del suo ultimo libro), anche Paola ha trovato le parole per spiegarci, in modo definitivo, l’importanza dell’“intelligenza del testo affidata alla sua rilettura iconografica”.

Nei suoi scritti, sempre in bilico fra l’asettico ductus scientifico-descrittivo, la gioia dell’interpretazione e il diritto-dovere del giudizio, non c’è posto per sillogismi accademici. Le parole di Paola ci arrivano come discrete onomatopee che vogliono restituire il valore di esperienze artistiche totali (gli amati Cambellotti, Tofano e Pompei) e di tutti quei segni ora “limpidi e capricciosi” (Rubino), ora “probi” (Gustavino), ora “aristocratici” (Tabet), ora “mitteleuropei” (Golia), ora “ariosamente umoristici e teneramente descrittivi” (Trier), ora “mefistofelici di funambolica eleganza” (Mateldi) ecc., da lei riconosciuti come imprescindibili attributi identitari della nostra cultura visiva.