[di Sara Ricciardi]
Nel 2011 ho cominciato a pensare di fare qualche laboratorio nella classe di mio marito che insegna alla primaria. Un po’ perché lui mi istigava e un po’ perché mi arrabbiavo tutte le volte che davo un’occhiata ai libri di testo e ai laboratori scientifici proposti ai ragazzi. E un po’ anche perché la scuola da sempre ce l’ho nel sangue, figlia di maestra, cresciuta pitturando i fondali per le recite e costruendo la famosa striscia del tempo.
Nel mio istituto, che è l’INAF-IASF Bologna (Istituto Nazionale di Astrofisica- Istituto Nazionale di Astrofisica e Fisica Cosmica di Bologna) all’epoca i percorsi per le scuole elementari erano quasi assenti, quindi ho avuto carta bianca sul progetto anche perché sostanzialmente è stata una attività personale semi clandestina. Ho cominciato a fare qualche ricerca su quello che in genere si propone alle elementari e per quanto mi sforzassi i temi trattati e le modalità non riuscivano a coinvolgermi, non pensavo di poter fare nulla di buono in quella scatola.
Uno dei problemi è il fatto che io mi occupo della radiazione di fondo cosmico nelle microonde ovvero una radiazione molto debole che possiamo osservare ora e che ci racconta com’era l’universo circa quattordici miliardi di anni fa, poco dopo il big bang. È come fare una foto all’universo bambino. Questa storia è molto bella e interessante per i bambini e per i grandi, e funziona benissimo, se quello che si cerca è l’effetto WOW! ( se entro in una classe, mi presento e dico che studio la radiazione cosmica di fondo nelle microonde, che è come una foto dell’universo bambino che ci arriva adesso da 14 miliardi di anni fa e proprio ora noi con i nostri telescopi siamo in grado di fotografare, e poi gli faccio pure vedere la foto, i bimbi - ma non solo loro -, fanno WOW!).
Però sentivo che in realtà volevo comunicare altro, volevo fargli sentire come è bella e anche facile la fisica, che non è una cosa di pochi, ma è di tutti: dei maschi e delle femmine; volevo dirgli come funziona veramente il benedetto metodo scientifico; volevo dirgli che certe cose sono veramente vere (almeno fino a prova contraria); volevo dirgli di guardare dentro le cose, scoprire come sono fatte; volevo dirgli che siamo capaci di cose bellissime ed emozionanti, che sappiamo costruire dei satelliti che ci raccontano com’è l’universo, che la luce è come una macchina del tempo che ci fa guardare nel passato; volevo dirgli che la loro generazione sarà la prima ad andare nello spazio un po’ più agilmente e soprattutto di tenersi pronti per il viaggio.
Ecco tutte queste belle cose non si possono dire, non si può fare una lezione frontale perché si rischia di banalizzare o di stupire, ed è molto difficile costruire un apprendimento profondo su queste tematiche soprattutto con interventi spot. Continuavo a studiare, a pensare a una possibile strategia supportata anche dal mio marito-maestro-filosofo (Stefano Rini, tinkerer, maestro, filosofo, accumula stumenti a corda, pennelli e costosissima carta da acquerello). E alla fine, dopo sette camicie, ho incontrato il tinkering!
Il tinkering è un approccio alla conoscenza che poi si può tradurre in una metodologia didattica. Il tinkering si basa sul costruttivismo (Piaget) e sul costruzionismo (Papert) sull’idea che quindi la costruzione del sapere è sempre frutto di una mediazione tra chi impara e l’oggetto della conoscenza; in particolare nel costruzionismo il processo di apprendimento avviene appunto costruendo un oggetto reale (tinkering) o virtuale (coding). Non è importante cosa si impara, non pensate che lo scopo di costruire una macchina per scarabocchiare sia quello di capire come funziona un circuito elettrico, quello semmai è un 'effetto collaterale'.
Il tinkering è una mentalità non un ricettario di attività. Si può fare tinkering in ogni modo, col computer (coding), con l’arte, con le discipline STEM (Science Technology Engineering Mathematics) si può fare tinkering mescolando discipline diverse. Più questa modalità verrà praticata più diventerà un modo naturale di conoscere dei ragazzi e magari insieme a leggere un libro o guardare un video verrà naturale smontare qualcosa per capire come è fatto e farlo funzionare meglio o progettare e fabbricare qualcosa di personale per esprimere se stessi.
Il tinkering funziona bene anche come alfabetizzazione sulle materie STEM (Science Technology Engineering Mathematics) e con questi materiali si riesce a fare veramente tanto con poco.
Ma come funziona il tinkering? Il laboratorio viene disegnato dal punto di vista dei ragazzi non solo nei contenuti, ma nei materiali, nella disposizione degli arredi, nella gestione dei tempi. L’attività viene presentata in maniera invitante e creativa in modo da far scattare la scintilla e il desiderio di mettersi all’opera. Il materiale a disposizione “parla da solo” nel senso che è fruibile, semplice e non necessita di spiegazioni né tantomeno di ricette preconfezionate, invita i partecipanti a provare. A questo punto il ruolo di chi conduce il laboratorio è solamente, e lo dico con ironia perché non è assolutamente facile, quello di facilitare, sostenere e accrescere l’esperienza. L’errore non solo è contemplato, ma è parte fondamentale dell’esperienza e quindi perde ogni valenza negativa. È importante che i partecipanti capiscano che non si può trovare la soluzione 'giusta', se esiste, senza non aver prima provato e sbagliato. I ragazzi lavorano autonomamente in piccoli gruppi ed è estremamente importante che i tinkerer non vengano 'aiutati' soprattutto manualmente.
Quando saranno frustrati perché non riescono ad attaccare il pennarello alla vaschetta dello yogurt con lo scotch di carta, la tentazione di aiutarli manualmente sarà enorme, ma è invece importantissimo che trovino una strada per riuscire a fare con le mani quello che hanno in testa. Proprio questo processo li porterà a essere concentrati, a trovare una soluzione originale a esplorare territori che non avrebbero esplorato diversamente e, alla fine, li renderà più capaci di credere in sé stessi e nelle proprie capacità. Un aiuto diretto, un suggerimento non farà altro che depotenziare questa esperienza. Scoprire qualcosa attraverso il tinkering anche attraverso la frustrazione del non riuscire, potrà essere una chiave in mano a i ragazzi per imparare a credere alla loro capacità di conoscere il mondo che li circonda in modo curioso e autonomo.
Altro punto importante è la gestione del tempo. In molte classi, ma anche in molte famiglie i ragazzi sono completamente deresponsabilizzati sull’uso del proprio tempo. Molti ragazzi sono abituati a stare in una situazione psicologica di passività perché ogni tot un adulto (insegnante/genitore/educatore) dice loro cosa fare, come farla e quale sarà il prossimo task da completare; anche il tempo libero è scandito da attività calendarizzate, nella convinzione che se i ragazzi non vengono stimolati in questo modo si annoiano.
Un messaggio importante del tinkering è anche quello di prendersi la responsabilità di ciò che si sta facendo, ricoprendo un ruolo attivo anche nella gestione del proprio tempo. Per questo è importante dare il giusto tempo per queste attività e non costringerle in tempi stretti e definiti. È anche estremamente importante che, per quanto possibile, i ragazzi gestiscano da soli le dinamiche di interazione tra i vari membri del gruppo.
Secondo me il tinkering è veramente potente perché attraverso il “gioco serio” permette di azzerare per qualche ora i pregiudizi verso se stessi lasciando spazio alla libertà creativa.
Il tinkering è potente proprio perché in una atmosfera di gioco il pregiudizio su se stessi non funziona, si è liberi (da se stessi) e più disposti a rischiare. Più l’attività verrà presentata in modo divertente e in una atmosfera giocosa e rilassata più vedrete le cose inaspettate, creative e potenti. In situazioni di apprendimento formale quando un insegnante o un esperto introducono un concetto considerato difficile (scienza, matematica) e cominciano a interagire con la classe molti bambini ma soprattutto molte bambine si irrigidiscono perché subiscono uno stereotipo su se stesse ritenendosi inadatte.
Sembra che l’età in cui si formi questo stereotipo di genere per cui le bambine cominciano a percepirsi non abbastanza intelligenti per le materie “difficili” sia sempre più precoce (studi precedenti attestano la formazione del pregiudizio di genere attorno all’età della pre adolescenza (10-12 anni), nuovi studi tendono ad attestare questa fase attorno ai 6-7 anni Nell’articolo Gender stereotypes about intellectual ability emerge early and influence children’s interests, pubblicato il 27 gennaio scorso sulla rivista Science, si indaga questo nuovo trend). La ricetta per vincere questo stereotipo di genere o un personale senso di inadeguatezza però è facile: basta giocare!
Allora il tinkering è tante cose, se ancora non ne avete abbastanza date un’occhiata al sito della Tinkering Studio dell’Exporatorium, al sito del Lifelong Kindergarten che come nome di un gruppo di ricerca è tutto un programma. Io senza nessuna pretesa ho documentato qualche mio laboratorio qui e qui.
In Italia grazie al PNSD (Piano Nazionale della Scuola Digitale) con l’istituzione della figura dell’AD (animatore digitale) per ogni istituto si sta cominciando a fare tinkering anche in alcune scuole. Credo fortemente che il tinkering abbia bisogno di molto studio, dedizione e risorse per funzionare veramente e non venire snaturato nel suo essere diventando l’ennesimo 'lavoretto' ed è chiaramente difficile mettere insieme questa visione alta con iniziative commerciali.
Io devo ringraziare Fabrizio (Fabrizio Villa, ricercatore ad IASFBO, armonicista a tempo perso, fisico sperimentale; oltre a fare il tinkerer sta costruendo un nuovo strumento per ALMA (un enorme osservatorio sulle Ande Cilene), che si è felicemente fatto conquistare dal tinkering e che mi permette di 'rubare' questo lavoro mentre continuo a occuparmi di Astrofisica nel laboratorio Cryowaves. Spero veramente che un ente di ricerca come INAF, così attento a quella che si chiama 'terza missione', sia sempre più innovativo e colga la sfida che abbiamo davanti. L’adattabilità, la creatività, la capacità di prendere l’iniziativa con i relativi rischi rappresentano le qualità fondamentali per chi dovrà vivere in un secolo caratterizzato da una estrema mutevolezza.
Il mio sogno è riuscire a portare questi laboratori pilota nelle scuole italiane e farli crescere contaminandoli il più possibile con altre discipline, riuscendo a coinvolgere profondamente i ragazzi perché un ricercatore alla fine è questo: un tinkerer senza paura!
Le immagini di questo post si riferiscono ai laboratori di tinkering Click! lettura luminosa e Scribbling Machines (ndr).