A luglio, su Facebook, abbiamo letto alcune interessanti riflessioni di Barbara Cuoghi, in merito alla Carta dei bambini redatta in occasione di Expo, in concomitanza con la Carta di Milano. Barbara, insegnante di scienze, madre di due bambini, nonché attenta lettrice di libri per bambini e ragazzi, pensiamo abbia le carte in regola per valutare un progetto didattico-pedagogico sui temi dell'alimentazione. Per questa ragione le abbiamo chiesto il permesso di pubblicare le sue osservazioni sul nostro blog, corredate da alcune immagini, necessarie per seguire il filo del suo pensiero. A nostro avviso il tema è interessante, perché fa parte della grande irrisolta questione su come e con quale linguaggio, parole e immagini, si scelga per rivolgersi ai bambini e ai ragazzi. Grazie Barbara per la disponibilità e la collaborazione, e a voi buona lettura.
[di Barbara Cuoghi]
La Carta di Milano, stilata in occasione dell’Expo, è un documento con il quale, tra le altre cose, la cittadinanza si dichiara consapevole in tema di alimentazione, sfruttamento delle risorse e diritti-doveri dei cittadini stessi.
Chissà se Rodari avrebbe apprezzato di essere citato in questo contesto.
Ma non è tutto: il firmatario s’impegna a fare pressione affinché, detta in soldoni, le istituzioni, a vari livelli, si adoperino per garantire a tutti gli abitanti del pianeta acqua, cibo ed energia nel rispetto delle differenze e delle tradizioni locali. Leggendola, potremmo obiettare che alcuni concetti porebbero essere espressi in modo più organico o completo, e pensare che alcuni punti siano utopia pura; e, personalmente, potremmo attribuire più peso ad alcune affermazioni rispetto ad altre, ma, nel complesso, trovo che i valori di fondo siano condivisibili e che il documento, pur mettendo nello stesso calderone numerosi e complessi aspetti della nostra realtà, sia sostanzialmente interpretabile dal cittadino adulto a cui è diretto.
Ieri leggevo incuriosita la Carta di Milano dei Bambini, redatta dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, per fare da corredo alla succitata Carta di Milano e dalla quale trae dichiaratamente ispirazione. Si sarebbe potuto facilmente dar voce ai bambini e ai ragazzi, cogliere l’occasione per ascoltare le loro idee in merito a cibo, acqua, accesso alle risorse e via dicendo. E invece no. La Carta dei Bambini è stata scritta da adulti. Vi invito a leggerla qui.
Personalmente, l’ho trovata bizzarra, approssimativa, scritta con un linguaggio inappropriato anche per gli utenti più piccoli – piccoli non è sinonimo di stupidi - e densa di concetti difficili trattati con faciloneria. Leggo perplessa frasi come «ottenere dalla Terra tutto quello che ci serve senza mettere a rischio la diversità degli animali e delle piante» o «mangiare solo la giusta quantità di cibo». O ancora: «Le foreste vengono distrutte e questo fa male alla natura e quindi anche a noi»; «Noi possiamo dare da mangiare a tutti, anche ai bambini che nasceranno in futuro, senza far morire i doni della Terra ma facendo in modo che ne crescano sempre di nuovi».
La mia impressione è che il linguaggio adottato sia una sorta di bambinese adulterato, nel senso di contraffatto da un adulto: nessun bambino della primaria, e tanto meno nessun ragazzo della secondaria, si esprimerebbe in questo modo.
Ciliegina sulla torta: analogamente a quanto accade per la Carta di Milano, al termine della Carta dei Bambini si chiede ai giovani lettori di firmare, in barba alla prassi educativa per cui un bambino/ragazzo appone la firma a sigillo delle sue produzioni e non alle idee di altri, per condivise e meritorie che siano.
Per curiosità, allo stesso link ho scaricato anche il kit didattico che contiene attività pensate per fasce d’età. La prima, dedicata a bambini dai 3 a 7 anni, propone di colorare disegni inerenti agli argomenti trattati nella Carta. Idea non troppo originale, ma sempre attuabile, specie con i più piccoli. Se non fosse che i disegni sono troppo particolareggiati e complessi per un bambino di 3-4 anni (penso a mio figlio che, pur avendo sempre in mano matita e colori, a poco più di tre anni non riesce a stare nei contorni di semplici forme geometriche) e sono scanditi da discutibili titoli o frasi che forse volevano essere ammiccanti e invece risultano incomprensibili tipo «la capra intelligente».
Rincaro la dose: quello che più colpisce è la poca attenzione con cui sono stati scelti i soggetti rappresentati nei disegni, gli stessi che sono parte integrante del testo della Carta dei Bambini. Ad esempio, un bambino sovrappeso e un bambino denutrito sullo stesso sù-e-giù a simboleggiare la disparità nelle possibilità e nelle abitudini: «tantissime persone hanno sempre fame, tante mangiano male e per questo sono deboli, altre invece sono molto grasse e per questo si ammalano».
Sempre più di frequente, nelle classi ci sono bambini sovrappeso e, tra i più grandicelli già in via di sviluppo, ragazze con problemi legati all’alimentazione. Si saranno chiesti gli ideatori del progetto cosa pensa un bambino cicciottello mentre colora una figura di questo tipo?
L’attività Cibo buono per tutti, proposta per la fascia 8 -12 anni, appare congegnata ancor più superficialmente. Un gioco di ruolo a gruppi basato su indicazioni fornite per ciascun ruolo in modo piuttosto banale. Stendo un velo pietoso su come, secondo i redattori siano formate le famiglie tipo nel nostro Paese, e faccio presente che si chiede a bambini di 8-9 anni di immedesimarsi in istituzioni tipo ARPA per discutere il problema cibo dal punto di vista dell’ente locale!
Ancora peggio è il fatto che, evidentemente, chi ha stilato il documento non ha ben presente l’attuale composizione di una classe media di una primaria o di una secondaria di primo grado in una scuola pubblica. Mi spiego: tutto il discorso è incentrato su un punto di vista molto chiaro e cioè che noi occidentali siamo fortunati e abbiamo di che nutrirci più che a sazietà e quotidianamente sprechiamo cibo, energia e denaro. Vero. Ma solo a grandi linee.
Infatti la mattina, capita di trovarti davanti venticinque personcine reali, ognuna con il suo vissuto personale e, colpo di scena, capita sempre più spesso che quattro o cinque di esse, se non di più, non abbiano esattamente tutta questa abbondanza di risorse a disposizione, cibo compreso. Trovo quindi che questi argomenti richiedano una delicatezza e un’attenzione al contesto in cui vengono trattati che qui non traspare.
Per utilizzare il materiale proposto, ogni insegnante dovrebbe apportare tali e tante modifiche che penso sarebbe auspicabile che gli educatori che riescono a portare gli alunni in visita a Expo si adoperassero a guidarli nella scrittura di una loro personale Carta dei Bambini o dei Ragazzi, senza semplificazioni forzate o giochi superficiali.
A me, per esempio, piacerebbe stabilire con i miei ragazzi due o tre argomenti chiave, quelli che loro ritengono più interessanti, e riflettere insieme prima e dopo la visita all’esposizione di Milano.
Chissà che non ne esca una produzione degna di essere firmata davvero.