Per una casa editrice come la nostra, lo studio e il lavoro sulla fiaba sono imprescindibili. A questo si deve la nascita, concomitante con quella di Topipittori, della collana Fiabe quasi classiche di cui riporto il sottotitolo: Storie antichissime di bambini avventurosi e ragazzi dal cuore puro, bambine intrepide e ragazze piene di immaginazione, oggetti magici e animali fatati. Racconti del passato illustrati dai talenti più visionari del presente. Caratteristica della collana è proporre fiabe in versione originale (popolari o d'autore), oppure classici della letteratura o della mitologia, oppure fiabe sconosciute di tradizioni lontane o anche versioni meno frequentate di fiabe celebri. In tutti i casi, i testi, se in lingua straniera, vengono sempre tradotti ex novo, da traduttori-scrittori, senza ricorrere a traduzioni già realizzate. C'è poi il lavoro sull'immagine, realizzato insieme aillustratori selezionati in base alle capacità narrative e di visione. Le caratteristiche che determinano la fisionomia della collana dipendono dalla convinzione che la fiaba sia un elemento fondamentale nella formazione dei bambini, per ricchezza di immaginario, profondità di temi, bellezza delle trame, splendore di lingua e narrazione. Ogni volume della collana è oggetto di grande cura editoriale allo scopo di offrire ogni fiaba al suo massimo (per quanto sta in noi, ovviamente). Perché, come diceva Albert Einstein: Se volete bambini intelligenti, leggete loro le fiabe. Se li volete più intelligenti, leggete le loro più fiabe.
Sebbene come editrice mi sia sempre dedicata a questo lavoro, come autrice non ho mai, ma proprio mai pensato di dedicarmi alla riscrittura di fiabe, come invece spesso accade a chi scrive per bambini e ragazzi. Penso, per esempio, a una scrittrice sopraffina come Giusi Quarenghi, che molto si è dedicata a questo lavoro. Un esempio sono i suoi Tre porcellini, con le illustrazioni di Chiara Carrer. La prima fiaba che abbiamo pubblicata in Fiabe quasi classiche, è stata proprio di Chiara Carrer, La bambina e il lupo, curata da Tiziana Roversi, esperta e collezionista di Cappuccetti rossi, di tutte le epoche, le provenienze e le tradizioni. Cappuccetto Rosso è, in assoluto, la fiaba che ha il più alto numero di versioni e riscritture. Ma a me non era nemmeno mai capitato dipensare di cimentarmi con questa storia.
Per riscrivere una fiaba bisogna avere una motivazione forte, agire in stato di necessità. Le riscritture intraprese a tavolino con l'idea di “modernizzare” i testi, o offrire qualcosa di più comprensibile e “meno cruento” ai bambini di oggi, lontani da quel passato che ha dato alla luce testi spesso paurosi e aspri, mi lasciano perplessa (sulla durezza delle fiabe c'è una pagina sublime della Szymborska, L'importanza di farsi spaventare, di cui abbiamo parlato qui). Per non dire che spesso questi interventi mi sembrano i frutti di malaccorte strategie commerciali, condotte un po' a casaccio. È sufficiente prendere le fiabe di Calvino o di Perrault o dei Grimm o di Andersen per rendersi conto che lavorare sulla lingua e la struttura delle fiabe richiede una perizia e una competenza che non ammettono approssimazioni. Perciò, a meno di sapere come prenderle, meglio lasciarle dove stanno.
Qualche tempo fa, un editore coreano ci ha proposto un Cappuccetto Rosso realizzato da Joanna Concejo, una illustratrice con cui abbiamo lavorato spesso. O meglio il progetto ce lo ha mostrato Luca Notari, di Èdition Notari, che voleva pubblicarlo in lingua francesee cercava un editore che in Europa si associasse all'edizione. Ci arrivò dunque il pdf con le sole immagini di Joanna, davvero bellissime e non ancora impaginate. Il testo che le accompagnava, ci fu detto, sarebbe stato quello dei Grimm. Io non ho nulla in contrario a quel testo. Ma ebbi l'impressione che la versione raccontata dalle immagini di Joanna non fosse perfettamente sovrapponibile a quella dei Grimm. Guardavo le sue tavole e pensavo che dovevano essere riferite a una storia che somigliava soltanto a quella dei Grimm, ma non era esattamente quella. Per esempio, vi entravano elementi presenti in altre versioni della fiaba.
Nemmeno in quel momento, però, pensai che volevo riscrivere Cappuccetto Rosso. Mi interessavano molto quelle immagini, che trovavo drammatiche, misteriose, selvagge; attraverso di loro, volevo capire che storia stesse raccontando Joanna. Per questo le guardai e le riguardai, finché un giorno mi misi a scrivere. Non pensai che avrei riscritto Cappuccetto Rosso, se non nel momento in cui cominciai a farlo. E lo feci perché capii che soltanto attraverso la scrittura avrei messo a fuoco che storia raccontavano quelle immagini.
La scrittura è un mezzo di indagine di grande precisione, perché all'atto intellettuale associa concretezza. È come disegnare. Puoi avere in mente un oggetto, ma finché non lo disegni non sai come lo vedi, com'è e che forma assume dal tuo punto di vista. La stessa cosa vale per quelloche pensi di sapere. Molti pensieri e idee non reggono all'impatto con la scrittura. Perdono immediatamente definizione, consistenza, corpo, si bruciano in corso d'opera. La scrittura è una prova infallibile. Non fate mai l'errore di pensare che siete voi a dominarla, perché è sempre lei, la scrittura, che disciplina voi.
Ho sempre scritto a partire dalle immagini, per cui questa prassimi è familiare. Per esempio mi è capitato con tavole di Guido Scarabottolo, Francesca Bazzurro, Julia Binfield, Massimo Caccia e Francesca Zoboli. Al contrario di quanto si può pensare, non si tratta di inventare qualcosa di 'poetico', suggestionati oispirati dalle immagini. È un lavoro più complesso, impegnativo e interessante. Non è arbitrario quello che puoi scrivere a partire da una immagine. Rispetto a una immagine, di solito c'è una, e una sola cosa che funziona, e bisogna trovarla, capire quale sia fra le molte possibili, sempre che l'immagine te lo permetta.
Il che, poi, a ben vedere, non è diverso dal processo selettivo e combinatorio che, sempre, si mette in atto quando si realizza una sequenza narrativa (qualunque essa sia), che lo si faccia utilizzando immagini o parole. Finché non hai trovato la forma esatta di ogni parte di essa in relazione all'unità, come può essere il pezzo di un puzzle - che solo con quella forma funziona perfettamente all'interno della composizione-, semplicemente non vai avanti. Arrivi alla soluzione attraverso un movimento di progressivo avvicinamento, fatto di continui tentativi, prove e fallimenti: lento o veloce dipende dalla singola contingenza.
Tre copertine per tre edizioni.
Prove di stampa con Paolo Canton.
La stesura di C'era una volta una bambina, per questa ragione, è stata lunga. Le immagini di Joanna sono così dense che non è semplice coglierne il punto con chiarezza. Sono spiazzanti. Mi sono resa conto, in particolare, che a ogni giro di pagina la storia prendeva una direzione molto diversa da quella che lasciava intendere la pagina precedente. A questo, nel corso del lavoro, si è aggiunto il confronto obbligato con la tradizione di Cappuccetto Rosso, riducendo drasticamente le mie possibilità interpretative. I vincoli, però, benché frustranti, sono fertili di soluzioni. Nel caso di questo lavoro, c'è stato un momento di svolta. Ed è stato quando mi sono resa conto che in quelle tavole, oltre alla bambina e il lupo, c'erano altri due protagonisti, molto ben nascosti (eppure lì, in bella vista, sotto gli occhi di tutti...).
Si stampa.
In quel momento ho capito che l'ambiguità delle immagini di Joanna dipendeva da loro, una presenza non detta che gravava sulla parte esplicita del racconto, condizionandone il corso. Pensandoci, poi, mi sono resa conto che questa situazione di ambiguità, in realtà, è intrinseca alla storia di Cappuccetto Rosso, ed è probabilmente uno dei fattori che ne hanno determinato il successo, nel tempo: la ragione per cui la storia rimane insoluta, sempre aperta, nonostante ogni volta si concluda, lasciando la possibilità di elaborarla in nuove trame.
Ancora qualche aggiustamento al rosso.
Prima di osservare le tavole di Joanna non avevo mai pensato a questo aspetto di Cappuccetto Rosso, a questo nascondimento. Sono stateq ueste immagini a rivelarmelo, spiegandomi molto di questa vicenda così antica. Tutto ciò, per dire che se prima d'ora non avevo mai pensato di riscrivere una fiaba, e in particolare quella di Cappuccetto Rosso, ora che l'ho fatto penso che questa esperienza di scrittura sia stata fra le più interessanti che ricordo. Chi siano i due personaggi nascosti, non lo dirò. Se la cosa vi interessa, provate a scoprirlo da soli, senza leggere il mio testo, facendo l'esercizio che ho fatto io.
Ancora prove...