Dal chiasso alla parola/2. Il bianco che resta sulla carta

Il primolibro di poesie che mi è stato regalato, si intitolavaCinque lire di stelle. L'autore era FedericoGarcía Lorca. Il donatore fu mio padre. Il libro erauna raccolta di filastrocche, nenie, ninnananne, canzoncine. Erail 1970. Avevo otto anni. La cosa che mi fece più impressione diquel libro che mi parve fonte inesauribile di delizie (potete leggerealcune di queste poesie, cliccando sulle immagini), fu il bianco dellepagine. E, dentro quel bianco, il modo in cui vivevano le parole. Ilmodo in cui ci abitavano, come fosse uno spazio sterminato, luminoso,silenzioso. Sembravano fatti l'uno per le altre. Parole che usavo senzapensare, come ponte, conchiglia,bambina, luna,sera, olive,acqua, cotone, imponevanodi ascoltare. E, nell'ascolto, crescevano, prendevano corpo,voce.

L'impressione era quella disentirle per la prima volta. Mi sembrarono una specie di miracoloquel silenzio e quello spazio con dentro quelle parole. Lì,si respirava: c'era aria, luce, libertà. Una limpidezza checonsentiva di capire e di vedere. Fu un'esperienza così forte chedeterminò una sorta imprinting a vita.

La prima conseguenzafu una plaquette poetica autoprodotta, con tanto di rilegatura,indice, copertina e biografia dell'autrice. La seconda, una ricercacostante di parole che mi restituissero quell'esperienza. Ancora oggi,i libri prediletti li riconosco così: quando le parole fanno taceretutto il resto, quando il loro silenzio crea lo spazio del pensiero,quando la loro luce diventa chiarezza di visione.
L'ultima,in ordine di tempo, questa primavera, una poesia, che descrive questaesperienza.

Il bianco della pagina
insegna alla bambina
il formicaio delle parole
lo sporgere del rigo
sull’abisso dei significati
la luce chiara del senso, del sentire
ledice  so di te da molto prima che nascessi
ledice  benvenuta.

Un libro che parla di poesia e ragazzi, lettoalcuni giorni or sono, dedica un intero capitolo al bianco dellapoesia, mostrando con grande intelligenza cosa possa significare unsimile incontro per un lettore molto giovane. Il libro si intitola Perlaparola.Bambini e ragazzi nelle stanze della poesia, l'autriceè Chiara Carminati(un nome in linea con poesia e bianchezza; Nomen esthomen, dicevano i latini). Chiara è autrice di altrilibri dedicati alla poesia e ai ragazzi di cui abbiamo parlato qui.In queste pagine, riprende il filo del discorso iniziato e loapprofondisce, per offrire altri strumenti a chi, insegnante, genitore,educatore, bibliotecario desideri fomentare lapoesia.

Nell'Ingresso del libro,dal titolo Brevi note per fomentatori di poesia,l'autrice, infatti, spiega:

"Trovo molto bellala parola fomento. Nella nostra lingua è un po' indisuso, ma in spagnolo viene utilizzata correntemente per indicare leattività di avvicinamento al libro e alla lettura: fomentode la lectura. In italiano il termine corrispondente èpromozione, che però risulta più freddo e legato auna logica di consumo. Nel suono della parola fomentoinvece si legge una fiammata improvvisa, un calore di fiato, un segnaledi fumo fatto per essere visto da lontano. Fomento hain sé la fame, il nutrimento del fuoco.
Più che un manuale,una cassetta per gli attrezzi, questo libro vuol essere uno strumentoper il fomento della poesia. Una raccolta di proposteper far scattare la scintilla, e di spunti per alimentarla. Si rivolgea chi, per passione o per professione, si occupa di bambini e ragazzi,nell'idea che la poesia sia il mezzo più potente per esplorare efar esplorare le risorse del linguaggio e che l'acquisizione di questerisorse sia fondamentale per la costruzione di una personalità creativae l'espressione di un pensiero libero."

La Quintastanza poetica immaginata da Chiara si intitolaScolpire il silenzio. E così si annuncia:
"Dove se guardi bene, vedi la poesia, perché va a capo;dove il bianco scrive e il silenzio suona e chi corre si ferma in unospazio calmo; dove le parole si sporgono sul bordo di un precipizio e illettore vorrebbe sapere come va a finire."

È qui, infatti, che si parla del bianco che circonda la poesiae che alla poesia è consustanziale. Da questa stanza così speciale,vi riporto alcuni brani.

"Tengo un libro apertonella mano destra e uno nella mano sinistra. Entrambi sono rivoltiverso di loro. Quale dei due è un libro di poesie? chiedo.
Loro sono distanti, non possono leggere le parole. Loro possonosolo vederle nella pagina. Loro sono tre classi di seconda media nellasala di una biblioteca, e assistono a un incontro sulla poesia conun misto di scetticismo e curiosità che è quasi commovente.
Rispondono unanimi: il libro di poesia è quello a sinistra.
E da cosa l'avete capito, visto che non potete sapere se parla distagioni o di lacci delle scarpe, né se esprime sentimenti o descriveun frigorifero? Esitano un attimo. È perché non arriva in fondo,rispondono. Perché lo scritto è più corto della pagina. Perché vaa capo.
La poesia va a capo. Frena il flusso delle paroleprima di arrivare al margine della pagina. Dichiara la propria autonomiaespressiva rispetto alle regole della scrittura, stabilendo una primaidentità formale che è fatta di niente, di bianco, di vuoto: la poesiaè scritta in versi, e i versi vanno a capo.
Ma i versi sonofatti solo dalle parole, o anche dalla loro assenza?
«Lapoesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma delbianco che resta sulla carta» dice una celebre frase di Paul Claudel,quasi a provocare l'attenzione del lettore su ciò che non c'è, che nonsi vede, ma in qualche modo si ascolta come si ascolta il silenzio. Glispazi bianchi, quel vuoto di carta e di voce in cui galleggiano le paroledopo essere emerse con lentezza o prepotenza, sono silenzi.
Èun vuoto che non è vuoto, anzi è pieno di suono che echeggia, di vitae respiro, di presenza."

"Negli edificifrequentati da molta gente, esiste uno spazio identificato come luogosicuro da raggiungere in caso di incendio: viene chiamato «spaziocalmo». Non è un luogo di riposo, come il nome potrebbe far pensare. Nonè neppure un semplice luogo di attesa passiva, poiché è dotato ditutte le strumentazioni necessarie per far fronte al pericolo dellefiamme e cercare una via di salvezza. Contro la frenesia e l'ansiadi consumo, la poesia è il nostro spazio calmo di lettori. Poichénon chiede di essere divorata, ma assaporata: ci impone un tempodi lettura più lungo e disteso, uno spazio calmo in cui prendercicura delle parole."

"Guillevic chiama lapoesia scultura del silenzio: proprio come se le paroleemergessero a forza di scavare nel bianco, che continua a circondarle. Mail bianco resta la materia prima. Mi piace l'immagine della scultura ancheperché richiama il monumento, come se le parole della poesia fosserol'opera eretta per celebrare i suoi silenzi.
La definizionedi Guillevic ricorda l'immagine contenuta nel Tao Te Ching: le paretidel vaso sono fatte d'argilla, ma è il vuoto al suo interno a renderloutile. Le parole delle poesie ci parlano, ma sono i bianchi dei versia farcele ascoltare fino in fondo. Cosa succede in quei bianchi? Dicosa si colmano, per chi li ascolta?

Nelle pause siascoltano i suoni. Risuonano le ultime sillabe e ne traggono vantaggio lerime, che così evidenziate stringono legami più forti all'orecchio. Maecheggiano più a lungo tutte le parole in fine verso, anche quando nonsono in rima. Protese sul bordo del precipizio, si caricano così dimaggior peso nel gioco dei significati."