Disegnare la natura

Questo testo, pubblicato sul numero 3 di Quarantotto, la rivista semestrale che realizziamo in esclusiva (o quasi) per le librerie che partecipano al progetto La Casa dei Topi, è il primo di quella che immaginiamo come una serie di articoli dedicati alla relazione fra artisti, illustratori, scrittori e l'ambiente naturale. Per loro la natura può essere - di volta in volta, e a seconda delle inclinazioni personali - rifugio, ispirazione, inavvertita presenza, oggetto di studio, modello. Ci sembra importante interrogare su questo tema le persone con cui abitualmente progettiamo e realizziamo libri, e particolarmente oggi, da una parte perché dalla loro relazione con l'ambiente dipende ciò che caratterizza la loro opera: l'angolazione dello sguardo, il punto di vista. E poi perché nei libri con le figure, la natura la fa da padrona. Se un archeologo del futuro volesse farsi un'idea di com'era il mondo all'inizio del Ventunesimo secolo, e potesse formulare le sue congetture solo sulla base delle figure che stanno nei libri, si farebbe un'idea decisamente sbagliata dello stato del nostro mondo. Ma, si sa, i libri difficilmente raccontano una realtà nuda e cruda: aspettative, aspirazioni, desideri, obiettivi e progetti di chi li scrive e li disegna contribuiscono a dare una forma a un mondo nel quale molti vorrebbero vivere.

Processo creativo e natura

[di Kitty Crowther]

Il mio gatto Fox fa le fusa sdraiato sul mio petto (Fox, volpe, perché è color zenzero e zafferano e ha un naso lungo e appuntito). Come al solito, mi fissa. Tra noi c’è un intenso scambio di sguardi, una sorta di dialogo interiore. Puntualmente, mi sento scossa e mi vengono le lacrime: sospetto che sia in grado di sbloccare le emozioni. In parte è questo, in parte è che mi affascina l’idea di entrare nella testa del mio gatto. Di provare per un momento, più volte al giorno, a stare dall'altra parte. Imparare a vedere meglio per poter trasmettere, disegnare, scrivere questa (nostra) natura.

Poka & Mine. A la pêche, 2013.

Se vi fermate un attimo, lasciando perdere i like, i click, i flash, gli schermi, le commissioni da sbrigare (sì, sì, adesso), vedrete che chi vi sta intorno, anche la pianta lì di fronte, vi percepirà. Il ragno vi vedrà salire e scendere le scale. L'uccello, tra un canto e l’altro, si chiederà di voi. Un articolo di giornale diceva che per loro siamo adorabili come un gattino per un elefante, niente di più! Siamo continuamente osservati e percepiti. In interazione costante (avete presente l'effetto farfalla?).

Mère Meduse, 2015



Quando abbiamo separato l'arte dalla vita? L'umano (donna/uomo) dalla natura? Essere umani è la nostra natura. E se praticassimo l'arte della relazione? Una relazione con gli altri viventi, sia essa visibile o invisibile. Credo sinceramente che ogni relazione funzioni come l'amore. Più la si pratica, più cresce. La qualità della relazione aumenta. La mia relazione con la carta, le matite, le linee, i personaggi, i colori... Anche una pietra è viva, solo che il suo cuore batte una volta l'anno. E ci vuole pazienza per misurare il suo battito, registrarlo, verificarlo, brevettarlo, impacchettarlo e dimenticarlo. E poi un cuore di pietra, no! Meglio una pietra con un cuore. Benché pare sia molto preziosa, ma non valga granché.

Annie du lac, 2009.

C'è una citazione di Jules Renard che mi fa morire dal ridere: «La botanica è l'arte di seccare le piante tra fogli di carta assorbente e insultarle in greco e latino». Ciò detto, i nomi della fauna e della flora, nella lingua antica o popolare, racchiudono una grande saggezza, una conoscenza profonda che io trovo bellissima. Ricca di storia e di folclore (folclore significa anche saggezza). Solo la ricerca di piante medicinali è un mondo a sé.

Giudichiamo troppo, mangiamo troppo, consumiamo troppo, senza troppo pensare alle conseguenze, inquiniamo all’infinito. Non m’interessa qui fare la morale, ma sta di fatto che la società da cui provengo funziona così. E io sto cercando di andare nella direzione opposta. Metto in discussione la mia relazione con qualsiasi cosa perché tutto ciò che mi circonda è un riflesso di me o del mio modo di essere/pensare.

Storie della notte, 2017.

Il filosofo Baptiste Morizot dice: «Quando si osserva il volo di un rapace o un'orchidea, ci si dimentica del proprio ego un po' come ci si dimentica l'ombrello». Mi piace molto scoprire nuove teorie sulla natura.

C'è sempre stato un legame tra la scienza e l’arte. È uno splendido connubio. La Nasa invita gli artisti a riflettere su determinati argomenti. Per esempio, hanno invitato la grande Laurie Anderson (trovate tutto in rete). A me affascinano i muschi e i licheni. Rachel Carson, pioniera dell'ecologia, dice dei licheni: «Ho sempre amato i licheni perché mi portano ogni volta in un altro mondo». E se creare consistesse nel sentirsi trasportati in un altrove fisico o emotivo? Io mi lascio trasportare dai licheni, dai muschi, dalle meduse, dagli insetti, dalla flora e la fauna, dalle foreste, dai funghi, dalle neuroscienze, dalla letteratura, dalla fisica, dai racconti, dalle pietre, dalle religioni, dagli sciamani, dalla preistoria, dalla cucina, dalla danza, dalla tempesta, dalla musica, dalla meditazione, dai templi, dall’arte, dall’acqua eccetera, eccetera. E considero tutto vitale nel processo di creazione, di scrittura e illustrazione delle storie. Nel rendere omaggio alle storie.

Poka & Mine. Un regalo per la nonna, 2021.

Rachel Carson, nel suo libro Brevi lezioni di meraviglia, parla dello stupore. Credo che sia questa la chiave. Non in senso didattico, barboso e grossolano; il suo è, piuttosto, un invito a lasciarci stupire. A vivere intensamente, a contemplare insieme ciò che ci circonda. Senza dare per scontato che una cosa sia bella e l'altra no. I bambini hanno delle antenne formidabili per questo, se li si lascia liberi di sentire. Ma se interferiamo, ecco che non lo sanno più, s’insinua in loro un parassita sabotatore e fuorviante. Molti bambini crescono per mimetismo. Sta a noi scegliere se lasciarci stupire oppure no. E non necessariamente ci stupiremo per la stessa cosa. È emozionante vedere ciò che colpisce i bambini. Amplia la nostra percezione. Cito ancora una volta Rachel Carson: «L’universo di un bambino è originale, nuovo e magnifico, pieno di meraviglia ed entusiasmo. La sfortuna è che, per la maggior parte di noi, quella lucidità, quell’aspirazione verso ciò che è bello e sublime si affievolisce o, addirittura, si perde prima dell’età adulta».

L'Enfant racine, 2003.

Nel mio caso, ho attraversato i lidi dell’infanzia e dell’adolescenza con un forte senso della meraviglia. Forse perché ho preferito la meraviglia alla disperazione? Credo davvero che sia stata una scelta. Sicuramente perché sono nata mezzo sorda e astigmatica (invece di essere perfettamente rotonda, la cornea di un occhio astigmatico ha un difetto di curvatura). Sono nata con un velo di nebbia. Sapete che nella mitologia nordica le rune dicono che la nebbia rivela l'invisibile? Un celebre paradosso. Un modo per dirvi che la mia relazione con l'altro è sempre stata diversa. Ho passato molto tempo a percepire la natura intorno a me attraverso il corpo. Ho passato ore a guardare i calabroni entrare e uscire dalle digitali purpuree (che in inglese si chiamano “fox gloves”, i guanti delle volpi), ore in mezzo ai cespugli di lamponi, infilandomi un lampone per dito e inscenando tra quei soldatini discussioni infinite, prima di massacrarli (scusate, ho un debole per lo humour nero).

   

Dentro me, 2007.

Ho sempre parlato tanto con l'acqua, provando un senso di radici come tra le braccia di una madre. Non mi stancherò mai di disegnare/dipingere l'acqua. Non smetterò mai di essere affascinata dall'acqua in tutti i suoi aspetti. È uno degli elementi più incomprensibili anche per i fisici. Non può essere incasellata. Per me l'acqua è come una dea. È viva. Ci è estremamente familiare, eppure rimane un elemento misterioso. Si dice che sia portatrice di memoria (a questo proposito, vi consiglio di cercare il lavoro di Masuro Emoto). Si dice che quando è pura (quindi non proveniente da rubinetti o bottiglie) sia idratante, antisettica, antibiotica e curativa.

Avrei bisogno di molte più pagine per dirvi che non esistono né il suono né il colore. Tutto è filtrato dal vostro traduttore, il cervello. È tutta una questione di frequenza. È bene mettere in discussione le proprie convinzioni all'infinito. La comprensione intellettuale è importante, ma la vera comprensione è quella del cuore.

Il numero 3 di Quarantotto si trova nelle librerie che aderiscono al progetto La casa dei Topi. Chi non ne avesse una a portata di mano può chiedere al proprio libraio di fiducia di contattare l'agente ALI per ottenerlo.

Mère Meduse, 2015