La ragione per cuiUgo Cornia ha scritto Autobiografia della miainfanzia, per la nostra collanaAnni in tasca,è che una delle cose belle di essere editore è che puoi chiedere auno scrittore che ti piace da matti di scrivere qualcosa, per avereun suo libro da leggere. Purtroppo però quando quel libro saràfresco di stampa in libreria, tu, editore, per forza di cose l'avraigià letto, così non sarà al cento per cento la sorpresa di quandoper esempio Cornia pubblica con un altro editore, come Quodlibet,Sellerio o Feltrinelli.
Appena finito di scrivere Il professionale. Avventurescolastiche, Ugo Cornia ce lo ha mandato infile. Così ne ho letti dei pezzi. Poi ho smesso. Non perché non mipiacesse, ma perché non mi volevo rovinare, a tempo debito, la sorpresadi andare in libreria e scoprire che era appena uscito un nuovo librodi Cornia, comprarlo e leggerlo subito, come ho fatto finora con tuttii suoi libri.
Il professionale, uscitoall'inizio dell'estate, racconta alcune avventure scolastiche capitate aCornia che di lavoro fa il professore. Che Cornia faccia il professore hasempre costituito per me ragione di grande meraviglia essendo Cornia,dal mio punto di vista, sprovvisto di tutte quelle caratteristichedi cui ci si immagina sia dotato chi insegna. Eppure, nonostantequesto, tutte le volte che ho pensato che Corniae scuola costituissero un binomio improbabile,al contempo ho pensato anche che con molte probabilità Cornia fosseun bravo insegnante, dove con bravo intendo unodi quegli insegnanti che ti piacerebbe trovarti davanti alle ottoe trenta di mattina, tutte le mattine, per quasi 365 giorni. Non èche siano molti gli insegnanti che superano questo test, come tuttipiù o meno sappiamo, per averne fatta esperienza.
Questolibro, che mi è piaciuto molto, mi conferma entrambi i pensieri suCornia insegnante: che Cornia sia una presenza scolastica alienae nel contempo auspicabile. Le avventure scolastiche raccontateda Cornia nel Professionale sembrano nate dalbinomio fantastico creato dalle parole Cornia escuola cioè due vocaboli, come spiega Gianni Rodari inLa grammatica dellafantasia, molto distanti e senza alcun nessoapparente fra loro. Una storia, secondo Rodari, nasce appunto dallagrande meraviglia di trovarli, questi nessi che sembrano non essercie poi invece ci sono. Dico questo anche perché, leggendo il libro,mi sono detta che una delle ragioni per cui secondo me Cornia è unbravo insegnante è che sembra divertirsi abbastanza a stare a scuolae a viverci delle avventure con gli altri che ci vivono dentro, come iragazzi, i professori, persino col preside, i bidelli e le segretarie,la qual cosa mi sembra già di per sé abbastanza eccezionale,almeno a stare ai resoconti cupi e disperati, quasi apocalittici,di tanti altri racconti scolastici.
A questo punto penso però chese siete interessati a questo libro e lo leggerete, avrete voglia diriflettere anche voi su Cornia professore e sulla scuola che viene fuorida queste sue avventure. Così non vi dirò altro.
Soloun'ultima cosa: personalmente, ci sono solo due scrittori che tuttele volte che finisco di leggere un loro libro mi fanno l'impressionedi essermi improvvisamente tolta dalle spalle uno zaino di cinquantachili (che nemmeno mi accorgevo di avere sulle spalle, prima che mifosse tolto). Uno è Arto Paasilinna, i cui libri comprosempre allo stand Iperborea al festival Più libripiù liberi a Roma, come pre regali di Natale, dato che questosi svolge i primi giorni di dicembre, e l'altro è Ugo Cornia. Questidue scrittori non hanno niente in comune né per stile né per vicendeche raccontano né per personaggi né per ambienti. Niente di niente,a parte il fatto, a mio avviso, che sono due anarchici radicali.
Ringraziamo Ugo Cornia per averci permesso dipubblicare questo brano dal suo nuovo libro.
Devo dire che fin dall’inizio, ogni tantoio e Eugenio, che indubbiamente come nostro carattere personale eravamotutti e due degli individualisti, e stavamo benissimo a imboscarci nelleaule libere del secondo piano a studiare l’euro o a fare le nostrescenette tratte da I Promessi Sposi, e ogni tantoinvece venivamo coinvolti nelle attività generali del sostegno, cioèdi tutti quelli che adesso dovrebbero essere chiamati i diversamenteabili, e tutti i diversamente abili, ognuno colle sue diverse abilità,facevano qualcosa insieme, quindi ci trovavamo tutti riuniti, ragazzinie prof di sostegno in quella auletta che si chiamava auletta sostegno,dove c’era anche una cucina, infatti buona parte delle attivitàcomuni consisteva nella realizzazione di torte o frittate o frittelle,e però mentre mangiavamo io mi divertivo con Eugenio e con glialtri diversamente abili perché ci perdevamo in considerazioniabbastanza fiabesche sulle cose, e producevamo delle grandi fantasie,e una volta, io mi ero seduto per terra in un angolo dell’auletta,e però era un periodo in quei tre o quattro giorni in cui avevo avutodelle mie malinconie, e allora uno di questi ragazzini mi aveva chiestosei triste?, e io per scherzo, visto che mi sembravafuori luogo parlargli dei miei problemi personali, gli avevo detto laprima cosa che mi era venuta in mente, e cioè gli avevo detto ragazzi,ieri ho preso una botta in testa e ho perso la memoria,e allora loro mi avevano detto che cosa voleva dire che avevo persola memoria, e io gli avevo detto che non sapevo più chi ero, e lorosubito mi hanno detto ma tu sei Ugo, quello che viene daModena, e poi Eugenio aveva detto tu sei Ugo, ilmio insegnante, e anche gli altri avevano detto che era vero,che io ero Ugo l’insegnante di Eugenio, allora io gli avevo detto seerano sicuri che io fossi di Modena, perché con questa botta in testache avevo preso mi ero scordato anche dove abitavo, e gli avevo dettoche quella notte lì, non sapendo più dove abitavo ero andato a dormiresotto un ponte del Panaro, per stare al coperto se pioveva, allora loromi avevano chiesto se a dormire sotto il ponte c’era freddo, che ioavevo detto sì, c’è stato freddissimo stanotte,- e allora come hai fatto a dormire?, mi hanno dettoloro, e io gli ho detto che avevo acceso un gran fuoco sotto il ponte,con dei rami secchi, come facevano i cowboy, e poi gli avevo detto seerano sicuri che io abitassi a Modena, e come facevano a saperlo, vistoche nessuno di loro stava a Modena, poi gli avevo chiesto ma sesto a Modena, come faccio tutti i giorni a venire fino a qui a piedi,che Modena è lontanissima?, e due o tre avevano detto cheio avevo la macchina, quella macchina bianca, eio gli avevo detto veramente? io ho la macchina?,perché gli avevo detto che mi ero scordato anche di avere la macchina,mi ero proprio scordato tutto, infatti ero andato a dormire a Camposanto,sotto il ponte del Panaro, a piedi, perché io non mi ricordavo più cheavevo la macchina, che avevo visto tante macchine nel parcheggio ma nonsapevo che una di quelle macchine era mia, e loro mi avevano detto chese volevo me la facevano vedere dalla finestra, e io gli ho detto chequando suonava la campana dovevano accompagnarmi, e allora era saltatofuori sto gioco bellissimo, perché sapevano tutte queste cose su di me,e io non me lo sarei mai immaginato che sapessero tutti quale era lamia macchina, e allora io gli avevo anche chiesto se ero sposato o no,perché io non mi ricordavo più neanche se ero sposato, e gli dicevo chemia moglie, se ero sposato, di sicuro si era preoccupata che stanottenon ero tornato a casa, e lì in due o tre dicevano che ero sposato,e io gli avevo detto veramente?, e loro avevano dettosì sì, veramente mentre gli altri due o tre dicevanodi no, che io non ero sposato, però Eugenio diceva che io avevo unasorella che si chiama Marinella che aveva un cane che si chiamava Tobia,che glielo avevo detto tante volte mentre disegnavamo i tipi diversidi cani, e allora comunque, visto che con sta storia era passato piùdi un’ora, e ormai fra un quarto d’ora suonava la campanella (equa vorrei dirlo, ma la campanella è sempre uno strano miracolo cheogni giorno si rinnova perché anche se per tutta la mattinata ti seianche divertito, però quando inizia ad avvicinarsi l’ora che suonala campana ti arriva addosso una specie di strana furia di uscire,tutti i giorni uguale, come se sapessi che si aprirà la porta di unagabbia che sta aperta soltanto per dieci secondi, tu hai soltanto diecisecondi per uscire perché poi la porta si richiude per sempre, allorasuona e tutti hanno una tale smania di uscire che alcuni corrono e glialtri che non corrono, i prof non corrono per una questione di decoro edi esempio, ma anche chi non corre quasi corre e zang,dopo un attimo è già fuori, e dopo un attimo tutta la scuola è vuota),e allora, mentre ci mettevamo i giubbotti aspettando la campana, io gliavevo detto ma adesso, che usciamo da scuola, io per saperedove devo andare, che se no mi tocca di tornare sotto al ponte fino adomani, dove devo andare?, e allora uno che si chiamava Pieromi aveva detto vai alla polizia, che sanno tutto i poliziotti,gli chiedi dove abiti e loro te lo dicono. E poi era finitalì, era suonata la campana, io per continuare un po’ lo scherzo miero fatto accompagnare alla mia macchina da Eugenio, e tra tante altremacchine parcheggiate gli avevo chiesto qual era la mia, lui me l’avevaindicata, poi io come al solito ero saltato subito in macchina,partendo verso Modena.