Con questo scritto dedicato a un bambino che ha fatto parte della sua vita comincia la nostra collaborazione con Rita Gamberini, attenta e profonda osservatrice di cose, esseri umani e altri viventi.
[di Rita Gamberini*]
Il bambino faceva la terza elementare e abitava di fronte a casa mia. Era sempre in giro lì intorno con la sua bici e uno stuolo di amichette dello stesso quartiere. Edilizia molto molto popolare.
Padre spesso ubriaco, madre sempre fuori casa (o forse in casa d’altri….). Un cortile sozzo e un cagnolino che non smetteva mai di abbaiare.
Il bambino suonava alla mia porta quando a casa non gli apriva nessuno e magari pioveva o era ora di cena. Così lo ospitavo a mangiare qualcosa, giocare con il mio cane, fare un po’ di compiti.
Una volta si è fermato anche a dormire, aveva portato lo spazzolino da denti.
A scuola era sempre promosso, era meglio non averlo tra i piedi più degli anni necessari a finire le elementari; allora il termine “iperattivo” non era così in auge, il bambino “dava molto da fare”.
Il nucleo familiare era “seguito”, come si dice in gergo, dai servizi sociali del comune e io ero la responsabile del servizio. Il bambino era “affiancato”, come si dice in gergo, da un educatore qualche ora a settimana.
Poi il padre si è ammalato e non c’era più, la madre al solito.
Un giorno mi dice che il suo cane ha un grosso brufolo sul muso, andiamo a vedere ed era infestato da zecche, il cane, il cortile, un macello.
Le conseguenze: sopralluoghi, disinfestazione, e gli esperti dell’ASL cominciano a parlare di mettere il bambino in comunità.
Non ci potevo pensare, non lo potevo accettare, e accampando il fatto che le spese della comunità sarebbero state a carico del comune ho insistito, martellato che gli esperti trovassero una soluzione alternativa. Se il bambino doveva proprio essere allontanato da casa, dalla madre, poteva essere affidato ai nonni che abitavano a qualche chilometro di distanza.
E così fu, il bambino dai nonni e io non l’ho più visto per anni.
Una sera verso l’ora di cena il bambino cresciuto si presenta, sta frequentando l’ultimo anno dell’istituto agrario e da lì a una settimana ha l’esame di maturità. Sa poco, ha strizza, ha bisogno.
Ha bisogno ed è venuto da me, grande bambino, grande ragazzo.
Mi si apre il cuore mentre apriamo il foglio sgualcito con il programma d’esame e io so meno di lui.
Ci accordiamo di vederci tutte le sere fino all’esame, intanto studio agraria alla velocità della luce, gliela spiego e lo faccio ripetere. Promosso! Forse non lo volevano più tra i piedi neanche lì.
Da maggiorenne è tornato a casa dalla madre, ha trovato un lavoro, quando ci incontriamo gli chiedo se ha la morosa e lui ride.
*Rita Gamberini è nata il 18 luglio1954, a Pavullo nel Frignano, dove vive durante l’estate in una casetta tra le colline modenesi. Laureata in Pedagogia all’Università di Bologna con una tesi sperimentale di Psicologia sociale La costruzione dell'identità in un gruppo di adolescenti dell'Appennino Modenese, si è occupata in diversi periodi di politica, teatro, giornalismo e ha svolto per anni il ruolo di operatore culturale e di responsabile dei servizi alla persona nella pubblica amministrazione. Attualmente in pensione. Ha una cane, Billy; segugio, che l’ha coinvolta giocoforza nell’indagare l’avvincente e delicata natura dei cani da caccia. Ha scritto un libro di poesie Nessuna ora passa fino a domani ed. Tracce.
Immagine di André Kertész.