[di Giovanna Zoboli]
Come più volte mi capita di dire o scrivere, spesso i miei libri nascono da immagini. Questo, Gatto Felice, è nato da un gatto che Simona Mulazzani, illustratrice di cui conosco il lavoro molto bene (a oggi, otto libri insieme), disegnò davvero tanti anni fa. Quando lo vidi, parecchio tempo fa, appunto, pensai fosse un personaggio già bell’e fatto, in attesa di qualcuno che si accorgesse di lui. Ma, sebbene io mi sia accorta subito di lui, dovette ugualmente aspettare prima di entrare in un libro. Dopo aver scritto In una famiglia di topi, Il topo che non c’era e Le vacanze del topo che non c’era, e dopo che uscì Due topi, di Sergio Ruzzier, qualcuno mi disse che questa cosa dei topi, a noi Topipittori stava sfuggendo di mano...
Fu allora che, puntuale come il destino, alla mia porta bussò Gatto Felice. Gatto Felice è veramente un tipo educato, elegante, semplice e soprattutto gentile. Se leggerete la sua storia, vi accorgerete di quanto ciò sia vero. Perciò questa sua delicatezza nel presentarsi, così felina, entrò subito nella narrazione. E nella storia entrò anche la porticina a cui aveva bussato, ma non all’inizio, come sarebbe stato ovvio: alla fine. Ma su questo non aggiungerò altro. Gatto Felice non me lo perdonerebbe, perché i gatti fra tutte le cose che amano, e sono tante, quella che amano di più sicuramente è il mistero.
Gatto Felice, oltre alla gentilezza e alla delicatezza, ha anche un’altra caratteristica che subito si è imposta alla mia attenzione: la caparbia. Quella tipica, inimitabile, surreale caparbia di cui fanno bella mostra i gatti quando si mettono in mente una cosa. Se avete un gatto (e io ne ho avuti molti) oppure amate la serie animata Simon’s Cat, sapete di cosa sto parlando.
Infatti, Gatto Felice era appena arrivato che subito mi informò che di lì a qualche minuto, con il mio aiuto, sarebbe partito per il giro del mondo. Un viaggio completo: Europa, Asia, America del Sud, America del Nord, Africa… Non fu prodigo di spiegazioni, ma promise che da ogni località toccata avrebbe fatto in modo di inviarmi una piccola cronaca.
Naturalmente, gli accordai il mio aiuto su due piedi e, dopo averlo salutato come si conviene e avergli fatto una valigia con tutto l’indispensabile Nulla di cui un gatto di mondo ha necessità quando è in viaggio, rimasi sola, in attesa fiduciosa, perché i gatti se dicono una cosa, è quella. Sono così pigri e signorili che non hanno tempo per le chiacchiere e, se parlano, non è per inzaccherare il silenzio (che amano molto, sebbene non quanto il mistero).
Le notizie cominciarono ad arrivare prima di quanto pensassi. Notizie straordinarie, degne di un membro della specie Felis Silvestris, ovviamente. Non mi aspettavo nulla del genere, a parte che avrei ricevuto notizie straordinarie, e dunque mi misi subito al lavoro.
I gatti se ne fregano delle regole d’oro degli albi illustrati: questo mi fu subito chiaro. Tendono a parlare poco e, quindi, da questo punto di vista, Gatto Felice si sarebbe detto il perfetto seguace e cultore della regola secondo cui il genere albo illustrato abbia poco testo. Ma i gatti sono anche dispettosi. Chi ne ha posseduto uno, anche solo mezz’ora, oppure chi a visto anche una sola puntata della serie animata Simon’s Cat, lo sa bene. Dunque Gatto Felice, mentre era dall’altra parte del mondo, diventò chiacchierone e volle mettermi a parte di un sacco di cose che quel viaggio gli stava riservando. Io non feci un plissé: ero al suo servizio. E anche una regola d’oro cede davanti alla caparbia di un gatto.
Tutto ciò per dirvi che questo albo che si intitola Gatto Felice ha decisamente un testo un po’ lungo. Quel tipo di quantità di testo che quando un editore straniero sfoglia la maquette di un progetto nuovo, valutandolo con sguardo fra il diffidente e l’interessato, gli fa commentare, alla terza pagina: «Questo libro mi pare che abbia troppo testo.» «Esatto, avrei voluto vedere te, alle prese con le corrispondenze dall’estero di Gatto Felice» gli rispondo io nelle mie fantasie. Fortunatamente, nella nostra casa editrice non sono io a occuparmi della vendita dei diritti.
E io sono abbastanza soddisfatta così, devo dire. A vederlo ora, a libro finito, Gatto Felice mi pare un buon risultato: con questo testo bello lungo che se ne sta quieto a ronfare a piede di pagina (anche se non è per niente un libro della buonanotte, ma se mai un libro di viaggi; perciò, se vi capitasse di cercare un’etichetta per incasellarlo, potrete benissimo ricorrere a questa: letteratura felina di viaggio. In realtà, anche letteratura gastronomica felina, a ben vedere. Sono certa che Gatto Felice non avrà nulla da ridire, al riguardo).
Ciò detto, la cosa più straordinaria di questa avventura intrapresa da Gatto Felice è ciò che alla fine mi ha fatto scoprire: un mistero misteriosissimo della vita gattesca su cui chiunque abbia mai avuto un gatto oppure abbia mai guardato la serie di Simon’s Cat prima o poi si è letteralmente scervellato. Gatto Felice, che, come vi dicevo, è elegante, educato e gentile, questa scoperta me l’ha portata come souvenir dal suo incredibile viaggio di 24 ore intorno al mondo. Ma ovviamente cosa sia non ve lo dico. Lo rivelo solo nel libro e già questo - spifferare un segreto di cui ti ha onorato un felino- , credetemi, è alto tradimento.
Post scriptum
Le illustrazioni di questo post sono quelle che Simona Mulazzani ha realizzato per Gatto Felice. Come vi renderete conto, si tratta di immagini meravigliose che Simona ha potuto mettere a fuoco godendo di un filo diretto telepatico con il nostro protagonista il quale, pertanto, non ha avuto alcun bisogno di inviarle alcuna cronaca come invece ha fatto con me che sono zuccona e ho bisogno di un sacco di notizie per raccontare qualcosa. Ah, dimenticavo, questo libro l'ho dedicato a una persona specifica, ma attraverso di lei a tutti coloro che si sono intrattenuti con un gatto, al colmo dello stupore, per almeno cinque minuti.