Secondo martedì di festeggiamento dei 10 anni della collana Gli anni in tasca, uscita nel 2009. Oggi pubblichiamo un capitolo da Una cosa che mi scoppia nel cuore di Anna Pavignano. Buona lettura.
L’uomo del sacco lo vedi dalla finestra. T’insegneranno che si dice “con il sacco”. Ma quando andrai a scuola, quella paura sarà già svanita.
C’è un prato enorme davanti a casa tua e un frutteto. Non si vede la fine di quel terreno.
Dietro gli ultimi alberi c’è solo cielo. Cielo tra le foglie d’estate, tra i rami spelacchiati con le palle arancioni dei cachi d’autunno: cielo che sembra, là in fondo, di un azzurro più intenso del resto.
Infatti sei convinta che lì ci sia il Paradiso.
Quando lo indichi, il Paradiso, puntando il tuo mi- nuscolo indice lontano, si mettono tutti a ridere, senza spiegarti perché si divertano tanto.
Sono stati loro a raccontarti che il Paradiso è in cielo, e se non è cielo quello che si vede in fondo al frutteto!
Dicono: «Che carina!» e ridono. Quando fanno così, senti il bisogno di dire una parola che non conosci ancora e solo fra tanti anni saprai che volevi dire vaffanculo.
Per ora ti limiti a vergognarti come ogni volta che dici una cosa e gli altri ridono e dicono che sei carina.
Solo molto tempo dopo capirai perché ridevano, ma bastava che te lo spiegassero che il cielo è un modo di dire, senza fare quelle ariette di quelli che la sanno lunga. E zitti, però!
Il frutteto. È recintato da un muro, chiuso da un cancello. Ma dal primo piano di casa tua si vede tutto, Paradiso compreso.
Un giorno vedi dal balcone un uomo che entra nel giardino.
Più tardi, lo stesso uomo esce con un sacco gonfio e pesante.
Della vita, non sai niente. Ma proprio niente.
Cioè, sai già di te, di quello che sta dentro la tua testa; sono delle risposte che non hai il coraggio di dare o delle arrabbiature che non si vedono fuori; sai che vorresti piangere e invece stai seria, che ci sono delle volte in cui vorresti sparire o altre in cui desideri che le persone che non ti piacciono morissero. Poi chiedi scusa a Gesù per il brutto pensiero che hai fatto.
Ti sembrerà, un giorno, che i tuoi pensieri fossero già.formati a cinque anni, solo che non li sapevi dire. Come il va!anculo, che lo pensavi senza sapere che si diceva così.
Invece non sai niente delle cose che si fanno.
Sai che le mele e le pere stanno sugli alberi.
Sai che le mele e le pere stanno a tavola.
Che tua madre insiste perché le mangi, alla fine del pranzo, anche se non ti piacciono.
Sai che nonna, la mela, la mangia grattugiata perché ha la dentiera e le pere le vuole cotte, perché fanno andare di corpo.
Ma di tutto quello che sta in mezzo, non sai niente.
Non sai, per esempio, che i frutti si raccolgono e per portarli a casa li puoi mettere anche in un sacco.
Così chiedi a tua madre: «Cos’ha quell’uomo dentro al sacco?»
E a lei viene la fantasiosa idea di rispondere: «I bambini che sono stati cattivi. Li porta via e non vedono mai più la loro mamma!»
Tu, che continui a essere sempre più affezionata a lei, ti spaventi a morte.
Perché la tua mamma è tutta la tua vita.
Perché la mattina, quando ti svegli presto, vai nel letto con lei e ti spalmi sul suo corpo per fare la ficugneta, che sarebbe infilare i tuoi piedi gelidi tra le sue gambe calde e circondare con le tue braccia la sua schiena e che lei ti dice: «Tesoro, amore mio, dormi ancora un po’, che la mamma ha mal di testa e non riesce ad alzarsi.»
E tu ti riaddormenti in quella morbidezza, in quel calore e nel suo profumo di talco Felce Azzurra, ma anche di Brillantina Linetti che ha lasciato sul cuscino papà e ti sembra che un po’ del paradiso che sta in fondo al frutteto si sia allungato fino in casa tua.
Intanto l’uomo del sacco cammina lento, con il grave peso di tutti quei bambini cattivi sulle spalle.
Chissà dove li porta.