Marina, la sirena dei bambini

[di Lisa Bentini]

Il giocattolo è caverna e miniera

dal “Manifesto (inedito) dei giocattoli” di Roberto Papetti

Marina è tornata a casa: erano giorni che l’aspettavo. È stanca, e un po’ spettinata: il viaggio via mare da Napoli a Ravenna non è stata una passeggiata. È arrivata dentro il suo baule insieme ai diari di viaggio e a tutti gli oggetti-compagni che i bambini e le bambine le hanno lasciato in dono.  “Questa notte vorrei ospitarla io”, ho detto al mio amico Roberto: Roberto Papetti, il mastro giocattolaio, ma anche un po’ Geppetto, che sei anni fa, insieme a una classe di quarta elementare di Marina di Ravenna, ha dato vita a un pezzo di stoffa trasformandolo in una bella bambola dall’aspetto di sirena. Come a dire: C’era una volta… un re! No, c’era una volta un pezzo di stoffa…

Nel mio studio c’è una bella poltrona azzurro pavone che ricorda le sfumature del mare e un cuscino senape che riprende i capelli biondi di Marina: è qui che dormirà stasera la bambola-sirena. Prima di darle la buonanotte la prendo in braccio pensando a tutte le infinite volte che un bambino ha compiuto questo gesto: lei mi fa l’occhiolino mentre io la guardo stupita e stralunata, o forse dovrei dire imbambolata - “lo sguardo rivolto ai giocattoli costruiti dai bambini è lo sguardo rivolto al tutto” ha annotato Roberto sul suo taccuino.

La notte la passo a leggere i suoi diari di viaggio che i bambini hanno scritto per procura.

“Ma come parla visto che è un pupazzo?” si è domandato perplesso un bambino durante un incontro con Marina.

“Prestale tu la bocca”, gli ha suggerito Roberto.

In questo mio testo-testimone presto la voce e la parola a molte persone: alle scuole e alle famiglie che hanno partecipato, alle visioni di Roberto che come sempre ha saputo intrecciare mito, storia, arte, letteratura. “Le storie sono modi di comprensione, campi affettivi” mi dice, citando a memoria Gianni Celati, il suo maestro. “Le storie sono delle fantasticazioni. La sirena suscita fantasticazioni.” Gli chiedo se è un po’ come il sasso nello stagno di Rodari. Mi risponde, trasognato, che la bambola-sirena è un’esca didattica: tu la getti ma non sai mai chi incanterà, cosa riaffiorerà…

Prima di parlarvi dei viaggi di Marina, voglio raccontarvi del suo concepimento. Tutto è nato durante un laboratorio di una ventina di ore, condotto da Roberto nel gennaio 2018, nella classe quarta dell’IC del mare di Marina di Ravenna. Dopo aver raccontato la storia delle sirene a partire dal mito e attraversando l’immaginario antico e moderno - i bambini avevano come unico riferimento la Sirenetta di Walt Disney - ogni bambino ha realizzato un disegno della sirena. Poi Roberto ha proposto di trasformare uno solo dei disegni in un oggetto con cui giocare ed è qui che è entrata in gioco la bambola. A partire da quell’unico disegno, scelto come modello, ogni bambino ha realizzato la propria bambola di pezza. Poi a una mamma che si è offerta volontaria, è stato affidato l’incarico di cucirne una più resistente e sorridente, quanto basta per affrontare le intemperie dei viaggi di mare: così è nata la nostra Marina. Nonostante i bambini abbiano scelto per lei un volto rassicurante, non essendo riusciti a svincolarsi completamente dall’immagine edulcorata della Sirenetta disneyana, Marina è rimasta un oggetto perturbante capace di condensare la natura ibrida, anfibia, della sirena: né carne né pesce, né uomo né animale, né bambino né adulto, né femmina né maschio, né parlante né cantante. La sirena-bambola Marina può considerarsi un giocattolo fluido: “freccia d’amore in terra” come la sorella-anguilla di Montale.

Intorno al nome da dare alla bambola i bambini hanno discusso a lungo e se, inizialment, il nome Marina è apparso come la scelta più scontata, in quanto omaggio al paese natale, in un secondo momento si è rivelato perfetto nella sua semplicità per evidenziare il legame della sirena, e di noi tutti, con il mare, luogo dell’origine della vita sulla Terra.

“Ma come la facciamo viaggiare questa bambola?” ha infine domandato Roberto alla classe. L’idea di utilizzare un baule ha riscosso subito un enorme successo, non solo perché oggetto frequentatissimo dalla letteratura di mare e di terra - basti pensare all’Isola del tesoro di Stevenson - ma anche perché oggetto magico che ha il potere di aprirsi e di chiudersi, e di schiudere mondi. Il baule è una wunderkammer e, come direbbe Bachelard, luogo della rêverie.  

A testimoniare che l’apertura del baule rappresenta, ogni volta, uno dei momenti più emozionanti del progetto, sono gli stessi maestri e maestre che hanno accolto Marina nelle loro aule. Anche per questo, quando il baule viene aperto, una scritta avverte di “manovrare delicatamente”.

Marina, dopo essere nata, è stata al centro di un progetto ludico didattico sorto intorno all'idea di farla viaggiare, accolta di scuola in scuola, nelle città costiere italiane. Per partecipare al progetto, queste erano le istruzioni che venivano date alle scuole.

Marina è una bambola “da viaggio” da ospitare nelle scuole che si affacciano sul mare che circonda l’Italia. Essendo un giocattolo da condividere, usare e passare, ci sono delle regole da rispettare: 

1 - La classe ospitante stabilisce se e come partecipare aggiungendo materiale a materiale nel diario di viaggio e nel baule. 

2 - La classe indica nel diario di viaggio il proprio nome e il periodo dell’attività, ricordandosi di non trattenere Marina per troppo tempo… 

3 - La scuola ospitante si impegna a proseguire la staffetta contattando un insegnante di fiducia di un’altra scuola di un paese o città sulla costa italiana; inoltre si impegna a comunicare eventuali cambiamenti di programma o problemi sopraggiunti.

4 - A fine dell’anno scolastico il baule con la bambola deve rientrare a Marina di Ravenna.

Così, finalmente pronta per partire, Marina ha viaggiato lungo le coste italiane e non solo. I mesi rimasti dell’anno scolastico 2017-2018 li ha trascorsi in giro per le scuole della costa romagnola: Cesenatico, Riccione, Rimini, Porto Corsini, Cervia, Lido di Classe. I diari di viaggio hanno iniziato a riempirsi di scritti e disegni, conchiglie, fiori essiccati, piccoli sassi.

I bambini fin da subito hanno riconosciuto la natura ibrida di Marina, liberandola dall’immagine di pericolosa seduttrice in cui lo sguardo adulto (e maschile) l’ha imprigionata. La sirena, infatti, è molto altro: monito, presagio, testimonianza, passaparola, finestra sul mondo e, prima di ogni cosa, gioco.

Dopo la pausa estiva, il 5 ottobre 2018 Marina è partita alla volta di Trieste: figuriamoci se poteva mancare alla storica regata della Barcolana! Il 10 ottobre è stata addirittura invitata dal comandante dell’Amerigo Vespucci a salire a bordo: sono finiti i tempi in cui i marinai si riempivano di cera le orecchie per proteggersi dal suo insidioso canto.

Foto di Alexandra D'Onofrio.

Poi arriva il turno di Venezia, dove la libreria Mare di carta si è offerta di coordinare le scuole che volevano incontrare la sirena (a Marina piacciono le librerie “marinare”: a Cesenatico, per esempio, si era fermata alla libreria Alta marea). La città di Venezia, come ci raccontano i bambini nel diario, è strettamente legata alla sirena: per la sua forma di pesce, ma anche per tutte le sirene nascoste nei suoi campanili che avvertono i veneziani del pericolo di acqua alta. A seconda del tipo di suono si capisce persino a che altezza arriverà l’acqua: “Certe volte l’acqua alta entra in casa, ed è un disastro” annota su una pagina del diario un bambino. Il fischio della sirena è diventato salvifico.

Ovunque approdi, è come se Marina facesse emergere la natura e il passato della città/paese che la ospita. A Pesaro, per esempio, città della musica, non si riesce a parlare d’altro, o quasi: in una pagina scopriamo anche dell’esistenza di un pesciolino che vive in un acquario e si chiama Leopardino.

Ad Ancona, oltre ad apprezzare il modo di cucinare lo stoccafisso, Marina incontra Musciolino: “Guardandosi intorno vide un ragazzino un po’ particolare: i capelli incrostati dalla salsedine, e muscioli (cozze) impigliati sugli abiti sbiaditi dal sole” - che Musciolino sia un parente del Monaciello napoletano? Musciolino, oltre a diventare suo compagno di viaggio, la mette in guardia da una pericolosa raffineria che sta inquinando le acque.

A Genova, invece, Marina viene portata a visitare il Museo delle Culture del mondo, che si trova nell’antica dimora neogotica del Capitano D’Albertis, viaggiatore, fotografo e scrittore vissuto tra Ottocento e Novecento. Qui incontra una misteriosa sirena giapponese sottovetro e, sebbene capisca subito che si tratta di un falso, trema al pensiero di finire catalogata dentro la teca di un museo.

Prima di tornare a casa, Marina si ferma a Diano Marina, dove apprezza i versi del poeta Angiolo Silvio Novaro. 

A settembre 2019, è pronta a ripartire per la Croazia, ma nel secondo quadrimestre avrà una brutta sorpresa: la pandemia di Covid-19 la bloccherà nell’isola di Rab, dentro il suo baule: i bambini, appena possono, proveranno a spiegarle che cosa sia questa pandemia, avendo cura di non impressionarla… Marina verrà liberata a ottobre, un anno dopo la sua partenza: una foto ritrae il baule sigillato all’ingresso della Pro Loco di Marina di Ravenna. 

Tra una DaD e l’altra, i viaggi della Sirena rallentano un poco, ma senza mai fermarsi: nell’anno scolastico 2021/2022, Marina arriva nel paese di Alezio, in provincia di Lecce, poi a Palermo e Messina.

Al porticciolo dei pescatori di Palermo, Marina arriva in barca accompagnata da un pescatore e dallo stesso Roberto che, per l’occasione, indossa un basco con un gran pompon: un bambino di nome Levante - chi più adatto di lui - la porta subito a pescare, mentre due bambine la tengono per mano per insegnarle a camminare “sulla propria coda”. A Palermo, Marina conosce la storia di Falcone e Borsellino e, commossa, si fa fotografare davanti al cippo che ricorda l’evento.

Fra il 2023 e il 2024, Marina arriva prima a Procida e poi a Napoli, ultima tappa che chiude per ora il suo viaggio: sia a Procida che a Napoli si ferma molto più del previsto, come se non volesse più tornare a casa. Nell’isola di Arturo, Marina va a dormire a casa di ogni bambino, trascorre magnifiche feste natalizie, si fa fotografare mentre gioca a tombola. A Napoli incontra la sua più illustre antenata, Partenope e, insieme a lei, ricorda il viaggio di Ulisse, rileggendo i versi di Omero.

Foto di Alexandra D'Onofrio.

Quante occasioni di incontro, riflessione, scrittura, gioco, condivisione ha offerto ai bambini l’“esca” sirena. Quando Roberto ha pensato alla sirena e l’ha trasformata in un giocattolo non sapeva bene dove questa figura li avrebbe potuti portare, cosa sarebbe potuto accadere. Roberto mi ha raccontato che il suo amico Mario Lodi una volta gli ha raccontato di quando, durante un convegno nella città di Genova,  il maestro Manzi è intervenuto tirando fuori una mela: “E se io la buttassi in un fosso, cosa succederebbe?” si domandò ad alta voce. Manzi concluse il suo intervento dichiarando di essere per la scuola dei fossi, quella che prende la mela, la butta nel fosso e vede insieme ai suoi alunni cosa succede veramente. Cercare la risposta insieme ai bambini è anche quello che ha sempre provato a fare Roberto, ogni volta che è entrato in una classe, accettando l’imprevisto e l’imprevedibile.

Ricordandosi di quel bambino, di cui parla Lodi nel Paese sbagliato, che il primo giorno di scuola va davanti alla finestra per guardare fuori, Roberto mi dice: “Ecco, per me la scuola dovrebbe essere quella finestra sul mondo”.

Roberto Papetti nasce a San Benedetto del Tronto, ma a soli venti giorni si trasferisce con la famiglia a Marina di Ravenna dove trascorre l’infanzia e la giovinezza. Le sue giornate le passa sulle dune di Marina a raccogliere conchiglie e legnetti, ad avvistare uccelli e a inseguire lucertole. Gli amici si sono sempre divertiti ad affibbiargli dei soprannomi, indecifrabili come Hi-pa, o battaglieri come Piccolo Lumumba. Una volta qualcuno lo paragonò all’anguilla perché tutte le volte che provava a buttarlo giù dal molo per fargli uno scherzo, la sua pelle marrone e viscida lo faceva sgusciare via. Che razza di creatura era?

(Anni dopo l’Anguilla di Montale sarebbe diventata una delle sue poesie preferite, tanto da impararla a memoria).

La passione di Roberto per la natura e il gioco sono nati qua, tra la spiaggia e la pineta di Marina di Ravenna: l’ambiente nel quale ha vissuto è stato sempre più importante della scuola, di cui conserva pochi ricordi e spesso negativi, come quella mattina passata in ginocchio accanto alla cattedra, insieme al suo amico Fausto che per la paura se l’era fatta addosso.

I suoi veri maestri sono stati i compagni di gioco, i pescatori che l’hanno incantato con le loro storie e il primo mastro giocattolaio, un reduce della guerra in Etiopia, considerato da tutti un matto e tenuto a distanza dai bambini, fino al giorno in cui Roberto lo vide compiere una vera e propria magia: dalla stagnola del pacchetto di sigarette, con pochi movimenti delle mani, quello strano signore era riuscito a tirare fuori degli animaletti che in un attimo avevano preso vita.

Da allora Roberto si dedica a portare le scuole nel mondo - perché anche lui, come Lodi, predilige le finestre aperte - e a trasformare gli oggetti e le parole, ad aggiungere, come direbbe Ortese (che entrambi amiamo), qualcosa all’universo.

Un ringraziamento particolare va alla Pro Loco di Marina Ravenna e ad Adriano Barattoni senza i quali questo progetto non sarebbe potuto esistere.