[di Cecilia Bianchi*]
Raccolgo sassi da tempi immemori e lo faccio soprattutto in riva al mare, alle sette del mattino, in mezzo a nuvole di vecchine coloratissime, raccoglitrici accanite di minuscoli tesori portati dalla marea. I sassi della riviera romagnola sono i miei preferiti. Di solito si trovano accoccolati nella sabbia, in mezzo a montagne di cozze, frammenti smussati di vecchie mattonelle, vetrini e altri interessanti relitti di chissà dove. Sull'Appennino reggiano mi piace cercare i sassi a scaglie di ardesia che sono come libri di pietra grigia da sfogliare perché alle volte nascondono tesori fossili.
Dai sassi ho capito il valore del cercare, sostare, soffermarsi e osservare. In essi ho intravisto possibilità di creazione, gioco e narrazione.
I bambini amano cercare sassi e specialmente disseppellirli. L'angolo più remoto del cortile della scuola è, in genere, il posto migliore. Radunati in gruppetti si cimentano in piacevoli e faticosissimi scavi. Poi è bello catalogare i propri ritrovamenti. Si tratta di un'archiviazione poco scientifica ma molto appassionata. In qualche caso chiedo ai ragazzi di scrivere cartellini esplicativi. Ci sono sassi-casa, sassi-animale, sassi-dinosauro. Ogni pietra che luccica deve essere certamente un minerale. Viene, quindi, portata in pompa magna in un luogo eletto e mostrata con sussiego. Dopo naturalmente parte la corsa all'oro e tutti si cimentano nel trivellare il giardino.
Propongo a bambini della scuola dell'infanzia e della primaria molte attività e percorsi creativi con sassi protagonisti. Insieme li cerchiamo per creare dei musei inventati, li osserviamo con lenti e microscopi ottici per vedere se questi pianeti in miniatura sono popolati, se ci sono valli e crateri, rilievi o canyon. Coi sassi inventiamo paesaggi, giardini in miniatura di solito molto poco zen, installazioni effimere nei prati. I sassi li travestiamo, con la pittura, il disegno e il collage, da autentici falsi minerali o preziosi reperti archeologici. Qualche volta li trasformiamo in finti cibi per denti e stomaci molto forti. Coi sassi costruiamo torri a non finire, montagne, isole e pianeti.
Nei percorsi creativi e nei laboratori che propongo la narrazione è spesso centrale. Come si può narrare con i sassi? Ogni pietra è già un coagulo di storie rapprese nel tempo e ne reca traccia sulla superficie e all'interno. I bambini riconoscono alla vista e al tatto questo racconto in divenire. Prima di raccontare spesso predispongo lo spazio in modo che possa accogliere la nascita dei pensieri e dei dialoghi spontanei. Qualche volta stendo un tappeto, aggiungo una sedia e una lampada. Altre volte, basta mettersi seduti in cerchio e in ascolto per conferire la giusta solennità al momento. Quando il contesto è pronto, la narrazione può nascere come un gioco, improvvisando. Spesso inizio condividendo sassi del mio personale museo, li mostro ai bambini e racconto dove li ha trovati e come. Di quella volta che a Villa Taranto, invece di incantarmi dinanzi ai fiori, mi cimentai in ricerche geologiche sui vialetti perché avevo rinvenuto meravigliose pietruzze argentate. E di quando, dopo aver lavato la giacca coi preziosi tesori dimenticati in tasca, scoprii - magia! - che avevano fatto la ruggine. Di quell'altra volta in cui scalai un calanco per trovare frammenti di gesso e invece del gesso raccolsi meravigliosi quarzi che sembravano diamanti neri e non so quante conchiglie fossili. E che dire del sasso a forma di triangolo equilatero, quello perfettamente tondo e quello identico a un hamburger?
Sasso-pecora e lichene-pecora su un sasso.
Di solito questi aneddoti suscitano un certo interesse. Spesso le insegnanti mi riferiscono di genitori esausti e sudatissimi all'inseguimento di figli spinti da irrefrenabile spirito di ricerca. La narrazione coi sassi può nascere da una somiglianza. Quello quadrato sembra una casa. Un'altro è proprio un pesce! Ne scelgo uno con cura e attenzione, lo mostro come se fosse un tarocco.
- Cosa vi sembra?
- Una pecora.
- C'era dunque, una volta, una pecora.
Il racconto cresce così, di somiglianza in somiglianza, e ben presto la parola passa a loro. I bambini introducono personaggi, suggeriscono colpi di scena. Di solito non mancano disastri immani: terremoti, tsunami e altre catastrofi naturali.
Si continua a raccontare fino a quando se ne ha voglia o quando sono finiti i sassi. Un'altro approccio che trovo interessante è proporre scatoline anonime e segrete dentro alle quali ho nascosto sassi dipinti o disegnati in precedenza. Apriamo una scatolina alla volta, a turno, con grande attenzione, ed ecco che spunta il primo soggetto per il nostro racconto. In certe occasioni, invece, è interessante posizionare i sassi dipinti in bella vista. A turno, a gruppetti, si possono sceglierne tre a piacere coi quali inventare una storia. In alcuni casi si può arricchire il gioco creando piccole scenografie intorno ai soggetti scelti.
Presto estremo ascolto alle parole dei bambini, al loro modo di creare metafore, di formulare ipotesi ed elaborare teorie. Cerco quanto più possibile di stare al loro passo e di intervenire e rilanciare con nuovi spunti. La narrazione diventa un gioco divertente, un'occasione per dare forma a mondi nuovi e costruire il pensiero insieme. Le storie, poi, non le scriviamo quasi mai.
I bambini si portano a casa un sasso e - speriamo - la voglia di cercare, esplorare, sperimentare e raccontare ancora.
[*Cecilia Bianchi è atelierista da oltre vent’anni. Progetta e conduce percorsi, laboratori ed eventi creativi rivolti a bambini e adulti. Ritiene che il concetto di lavoretto sia da dichiarare fuori legge.]