Presentarsi bene/ 3. A cosa servono le scuole di illustrazione

Per un illustratore, le Fiabedei fratelli Grimm sono un cimento, nel sensoetimologico del termine. Sono un “tentare la sorte”, invece che conle armi, con matite, pennelli e tavolette grafiche. Tanto per capirsi,a illustrare le fiabe dei Grimm si sono applicati Maurice Sendak e DavidHockney (ne parleremo a breve). Per esporsi di fronte a tanta concorrenza,di coraggio ce ne vuole parecchio. E ancor di più ce ne vuole sapendoche il 2012, bicentenario della pubblicazione delle Kinder-und Hausmärchen, sarà l'occasione per molti editori diriproporre interpretazioni più o meno azzeccate dei popolari racconticollezionati dai fratelli di Hanau.
Quindi, è stata unasorpresa trovare nella cassetta della posta, nei primi giorni di gennaioLe Fiabe dei Grimm illustrate. Calendario 2012.

Ancona,19 novembre 2011: il calendario in mostra allapresentazione.
Sitratta di un un fascicolo a punto metallico di 21 x 21 centimetricomposto da 24 pagine (due per mese) stampate su carta da140 grammi uso mano (penso riciclata), e da una copertina incartoncino dello stesso tipo, ma da 300 grammi, con il suo bravobuco fustellato per appenderlo alla parete. L'oggetto raccoglie ilavori di dodici illustratori che hanno applicato stili e tecnichedifferenti a una fiaba di propria scelta.

LauraPaoletti - Il pifferaio di Hamelin:
«Conla mia musica posso condurre con me oggetti animali euomini.»

La prima cosainteressante è che le dodici illustrazioni non sono affatto generiche,non tendono a una sintesi eccessiva, non aspirano a concludere erappresentare un intero racconto, ma si riferiscono a un momento, a unafrase, puntualmente citata, della fiaba scelta. E sorprende non poco lamaturità di alcune di queste scelte: non un momento topico della fiaba,ma un istante preciso, magari non immediatamente evidente, ma importanteper l'illustratore, che si fa così carico di rimandarci a una letturasignificativa in quanto personale.
Questa riflessione sultesto da parte degli illustratori non è affatto scontata ed è perciòparticolarmente apprezzabile. Si tratta di un approccio non casuale,ma programmatico, come rivela la breve introduzione al calendario,quando recita: «Ma per vedere cosa sta accadendo nella storia bisognafarsi un po' più vicino, bisogna tendere le mani, afferrare le parole,sfogliarle una a una e scoprire, dietro di esse, immagini.»

ClaudiaPalmarucci - I musicanti di Brema:
«Algallo piacque la proposta e se ne andarono tutti equattro.»

Questocalendario non è un capolavoro. Anzi, mostra qua e là una certaingenuità. Ma è ben pensato e ben realizzato. E questa è cosaparticolarmente rara e notevole se si ricorda che è il frutto di unlavoro collettivo di giovani alle prime armi (anche se qualcuno di loroha già più di una pubblicazione e qualche prestigioso riconoscimentoall'attivo) che non condividono uno spazio, uno stile, una tecnicao altro. Anzi, sembrano non condividere nulla.


Marisa Ventura -Il prode piccolo sarto:
«Mise il pane accanto a sé,riprese a cucire
e dalla gioia faceva punti sempre piùlunghi.»

L'unicacosa che Giulia Frances Campolmi, AlfonsinaCiculi (che ringraziamo per averci spedito il calendario), EstellaGuerrera, Marco Lorenzetti, MarisaVentura, Marco Lafirenza, SaraOddi, Francesco Giustozzi, ClaudiaPalmarucci, Laura Paoletti, Federica De Marco eCeciliaTamburini sembrano avere in comune è l'aver frequentato i corsiAIF Master in Illustrazione per l'editoria aMacerata.

Estella Guerrera -L'oca d'oro:
«Poiché hai buon cuore e dividi volentiericon altri ciò che è tuo
voglio renderti fortunato. Làc'è un vecchio albero:
abbattilo e troverai qualcosa nelleradici.»

Dunque,le scuole di illustrazione a qualcosa servono. Anche se, per assurdo,non insegnassero nulla che i loro allievi già non sanno, avrebberocomunque il grande merito di creare legami, collegamenti, reti. Iquali, a loro volta, generano idee, ipotesi di lavoro, esercizi. Econtribuiscono a risolvere il problema dell'essere, in quantoillustratori, professionalmente, e per definizione, soli.