Piccoli naturalisti osservatori è una collana molto apprezzata e seguita dal nostro pubblico. Lo dimostra anche l'accoglienza che ha avuto e sta avendo la mostra che le ha dedicato Palazzo Esposizioni, a Roma, Natura in tutti i sensi. Vi ricordiamo in proposito che il 22 maggio, alle 17.30 la collana PiNO e in particolare Naturalisti in cucina di Federica Buglioni e Anna Resmini, ultimo volume pubblicato, saranno presentati da Giovanna Zoboli: un incontro per genitori, insegnanti e appassionati per ragionare su come crescere giovani naturalisti curiosi attraverso libri di divulgazione di qualità che uniscono osservazione, sperimentazione scientifica e illustrazione. A seguire laboratorio dedicato al cibo e alla sua scoperta, per ragazze e ragazzi dai 6 anni in su con Federica Buglioni (che su questo blog ha raccontato qui il libro).
[di Anna Resmini]
Sono stata felicissima quando i Topipittori mi hanno proposto di fare le illustrazioni per Naturalisti in cucina. Vademecum per piccoli scienziati e buone forchette. Avrei dovuto disegnare elementi naturali. Facendo le prime prove di stile capii subito che fermarmi a osservare mi piaceva molto.
Illustrazione di Anna Resmini tratta da Naturalisti in cucina.
Nel mio lavoro mi trovo spesso a dover esprimere dei concetti in immagini, un approccio più sintetico del disegno che acquista senso come un modo alternativo di espressione verbale, mentre in questo caso si trattava di soffermarmi più a lungo sulla forma e i dettagli delle cose senza dover costruire un pensiero all’interno dell’immagine (un discorso forse ancora più concettuale). A livello tecnico ho deciso di lavorare in digitale, arricchendo la rappresentazione con fondi fatti a mano con olio grattato. A seconda del tipo di carta e dello strumento utilizzato per grattare ho creato texture tutte diverse, così che il disegno digitale, acquisendo matericità, si potesse arricchire per avvicinarsi di più alla complessità della realtà. Il grande dilemma, nodo e fulcro della produzione dei disegni fu una questione ontologica, ovvero: avrei dovuto disegnare La mela o Quella mela?
«L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile», ha scritto Paul Klee in Confessione Creatrice. Mi sono detta che la strada era trovare un modo per rappresentare la realtà senza perdere l’essenzialità del mio stile. Preservare il mio stile, sintetico e iconico, ma al contempo produrre un disegno capace di fornire informazioni dettagliate sulla realtà.
Ci sono tante mele:
1. La Mela di Enzo Mari
2. La mela avvelenata di Biancaneve
3. Le Mele di Magritte
4. Le immagini della mela su Google Images
5. Le riproduzioni di tutti i tipi di mele del Museo della frutta di Torino
6. La mela che compro al mercato
7. L’immagine della mela che ho in testa quando mi dici disegna una mela.
Dopo vari confronti con l’autrice Federica Buglioni, ho optato per una via di mezzo tra La mela e Quella mela. Ho cercato quindi di preservare il mio approccio sintetico arricchendolo - grazie allo sguardo scientifico di Federica - di dati di realtà necessari per accompagnare il testo. Federica mi forniva le immagini accuratamente scelte attraverso un’attenta ricerca iconografica, insieme a una lista di particolari da rappresentare. Federica mi ha scritto: «La ricerca di immagini è lunga perché la fotografia, dal punto di vista del naturalista, non è lo strumento ideale per mettere in risalto le caratteristiche di un campione, di una specie, di un esemplare: per quella sintesi serve il disegno. Il punto di partenza, come ti dicevo, è la materia: il cibo devi vederlo, toccarlo, assaggiarlo, osservare come cresce sulla pianta. Solo a quel punto puoi cercare illustrazioni adatte.»
Attraverso un esercizio di osservazione mi sono allenata a guardare meglio, a cogliere i particolari e a non temere di rovinare la forma estetica introducendo i dettagli. Non tutte le foglie sono uguali. In natura tutto ha una funzione, un senso specifico e la forma, l’immagine ci racconta i suoi meccanismi, il suo funzionamento, la sua organizzazione indispensabile per la vita. L’illustrazione per lungo tempo è stata relegata alla funzione di racconto della realtà, la mimesis artistica era la sua principale funzione. Come ci racconta il celebre mito di Zeusi e Parrasio, la riproduzione esatta della realtà fu un’ossessione. Poi, grazie all’avvento della fotografia, siamo stati liberi di cercare soluzioni alternative per raccontare e insegnare il mondo. «Io fotografo ciò che non voglio dipingere e dipingo ciò che non voglio fotografare», ha scritto Man Ray.
Federica: In estrema sintesi, nel rapporto di lavoro con Anna, il mio ruolo è stato quello di aggiungere, al suo ricco elenco, l’ottava mela: quella che cresce sull’albero. E questo non per motivi estetici ma educativi. Scrive Riccardo Falcinelli in Cromorama: «La caratteristica principale dell’industria è normare la produzione […]. Anche i prodotti reputati “naturali” sono coinvolti in un processo simile. Tanto per dirne una: molti frutti, come le mele e le arance, prima di essere inviati ai supermercati vengono fatti passare dentro un anello che ne verifica la misura media […]. Così le arance esposte sugli scaffali finiscono per essere tutte tonde, della stessa misura e della stessa tonalità di colore».
Il marketing alimentare e la grande distribuzione propongono prevalentemente cibo standardizzato, che si allontana dalla sua funzione originaria di bene primario, di cibo autentico, per assumere le caratteristiche di un oggetto commestibile, di un prodotto il cui aspetto e sapore inevitabilmente si fissa nell’esperienza del bambino generando stereotipi. È per questo motivo che ho invitato Anna ad accogliere l’ottava mela, cioè a trovare quel punto d’incontro tra sintesi visiva e precisione scientifica che permettesse di suggerire sempre l’esistenza di un legame tra l’alimento e la natura, dove tutto è plurale: le mele e non La mela.
Illustrazione di Anna Resmini tratta da Naturalisti in cucina.