RicordandoAntonella

 

Antonella l'abbiamo conosciuta nel 2004, a Olina, in una casa di campagna dell'appennino tosco emiliano. In quella zona, entrambe abbiamo passato le estati fin da bambine, nelle case appartenute a nonni, bisnonni... La conoscevo bene divista già da tanti anni, avevamo parecchi amici in comune. Tuttavia, quella sera, a cena, fu la prima volta che le parlai. C'era anche Elena, sua figlia, insieme si erano da poco trasferite a vivere lì, lasciando Milano. La simpatia fu immediata. Spontanea. Viva. Antonella ci disse che disegnava, che faceva l'illustratrice. Rimanemmo con l'accordo che ci sarebbe venuta a trovare, per farci vedere il suo lavoro. E così fu, qualche tempo dopo. Venne da noi con un gran raccoglitore bianco sotto il braccio. Non si trattava di qualche tavola. Ma di un fumetto intero.

Si intitolava Gina cammina e raccontava una storia costruita sui ricordi di sua madre, Gina, gran “contatrice di storie”, che durante la guerra, bambina, era partita a piedi con la mamma da Olina, fino a Firenze, per andare a servizio. Una storia avventurosa, piena di incontri, fatti, paesaggi, pensieri. Un fumetto bellissimo. Belle immagini, belle parole. Un racconto pieno di ritmo, forza, tensione, calore, capace di farti attraversare con leggerezzastati d'animo e atmosfere diverse, solo col bianco e nero del disegno e del clima di sopravvivenza, solidarietà, asprezza di quel tempo drammatico. Fu una scoperta. Ci lasciò a bocca aperta. Antonella, sorpresa, ci disse che aveva un contatto per pubblicare quel lavoro che, poco dopo, infatti, divenne libro.

Decidemmo, comunque,seduta stante che avremmo fatto sì, qualcosa insieme. Non c'era dubbio che bisognava farla: si trattava solo di capire cosa. L'idea venne non molto tempo dopo, nel corso di un'altra cena: parlando, spuntò l'idea del Pifferaio di Hamelin. Ad Antonella l'idea di quella fiaba piacque subito: la trovò congeniale alla sua immaginazione, alla drammaticità del suo segno.

Avevo i versi del poemetto di Robert Browning che mi ronzavano in testa da quando,anni prima, avevo visto il film di Atom Egoyan Il dolce domani. Li recitava l'unica superstite dell'incidente dello scuolabus, sfogliando il libro con le illustrazioni di Kate Greenaway (il film è una sorta di trasposizione ai giorni nostri, in una cittadina statunitense, della storia raccontata da Browning). E mi parevano bellissimi.

E mi parve anche, attraverso Antonella, di aver incontrato un'interprete ideale. Scoprii, dopo una breve ricerca, che il testo di Browning non aveva una traduzione italiana da molto tempo. E come accade con i progetti giusti, scoprii anche che Umberto Fiori, poeta, musicista, professore di letteratura italiana e traduttore, era disponibile a tradurre quel testo che da tempo leggeva e approfondiva.

Il libro è nato così.

 

L'amicizia con Antonella da quei giorni è andata crescendo, dentro e fuori i progetti comuni. Fra mille incontri, risate a non finire, chiacchierate interminabili, gite estive per l'appennino, tè invernali nella sua stanza piena del suo calore, del suo incanto. Un'amicizia forte, allegrissima,bella, intensa, come quelle che si pensa possano nascere e crescere solo quando si è ragazzi.

Antonella ci ha lasciati il 21 febbraio del 2010. Aveva appena finitole tavole del Fazzoletto bianco, un libro che volle fortemente e di cui ogni merito è suo, a cominciare dalla scelta del testo: è stata lei a farci conoscere la storia di Viorel Boldis.

Noi pensiamo ad Antonella ogni giorno. Oggi la vogliamo ricordare stringendoci a Elena, Gina, Sergio, Antonio, Lorenzo, Rita e Paola.

La sequenza di immagini che illustra questo post è tratta da Ginacammina.