Spartito per voce grande e orecchio piccolo

Sesta novità di questo autunno, un albo di due nuovi autori per il nostro catalogo: Nicola Cinquetti e Juliana Salcedo Barrero, che firmano Tic Tic.

[di Nicola Cinquetti]

Mi è capitato un giorno di vedere uno dei miei libri, un albo illustrato, emergere a fatica nella cesta dei giocattoli di un bambino, tra diplodochi, burattini, palle di spugna e papere. Mi ha fatto piacere. Ho pensato che il mio libro si fosse conquistato un posto meritevole nella vita quotidiana del mio piccolo lettore, e ho immaginato, con l’ottimismo della mia fantasia, che gli adulti di casa avessero l’abitudine di leggere e rileggere la mia storia al bambino seduto sulle loro ginocchia.

Ecco. Quando scrivo il testo di un albo illustrato, io penso anzitutto che un albo non nasce per essere letto una volta sola o poco più, secondo il destino dei romanzi; al contrario, vorrebbe accendere nel lettore lo stesso desiderio di ripetizione dell’esperienza per cui si ascolta mille volte una canzone che piace. Nello stesso tempo, non dimentico che il lettore, nel nostro caso, è un bambino che ascolterà la storia dalla voce di un adulto. Il testo di un albo illustrato, in questo senso, mi fa pensare a uno spartito, composto per la voce di un adulto e l’orecchio di un bambino. Di qui il bisogno di cercare una scrittura musicale, attenta ai suoni, ai ritmi e alle pause, oltre che al potere evocativo delle parole, il cui fine sia quello di creare un racconto che sia anche, in qualche misura, un canto.

Il potere evocativo delle parole: più il lettore è piccolo, più tende a cogliere come un tutt’uno il suono e il significato, la parola e la cosa. L’adulto, educato all’analisi e all’astrazione, separa e distingue: sbuccia la mela, e mette da una parte la buccia, dall’altra la polpa a fettine. Il bambino, come gli antichi progenitori nel giardino dell’Eden, prende il frutto intero, e morde. In termini più dotti: l’orecchio del nostro lettore fonderà il significante con il significato. Ne deriva che la stessa cosa, detta con due parole diverse, non sarà più la stessa cosa. In una pasticceria, è indifferente che io ordini un krapfen o un bombolone: mi porteranno lo stesso dolce. In un libro per bambini la differenza c’è: il bombolone è più grosso, tondo e gonfio, così gonfio che riempie le guance.

Il potere evocativo delle parole, naturalmente, non deriva solo dai caratteri e dai suoni che le compongono. Deriva anche dai loro stessi significati, che rimandano ad altre esperienze, ad altri significati. Diceva una mamma: “La preghiera preferita del mio bambino è l’Ave Maria. Sapete perché? Perché contiene la parola frutto”. Immagino il bambino: comincia a recitare l’Ave Maria, coscienzioso, e aspetta il momento in cui arriverà quella parola dolce, fresca, tonda e succosa: frutto. I grandi non lo sanno, ma è quella parola, per lui, a dare senso e luce alla preghiera. I grandi non lo sanno, ma è bene che lo sappiano, se scrivono libri per bambini. È bene che lo sentano. Perché le parole dei bambini non sono le parole dei grandi. O meglio, sono le stesse, ma intrise di corposità, affetto, immaginazione. Sono le stesse, prima della devitalizzazione.

Ho scritto un albo per Topipittori. Si intitola Tic tic. È una storia piccola, minimale, che parla di un incontro, di una condivisione, dello sgomento della perdita, di smarrimento e incomprensione, e poi della forza magica delle parole, che danno nome e senso e presenza, aprono varchi di comunicazione e spezzano la solitudine. Naturalmente, nel mio libro non ci sono queste parole:  perdita, incomprensione, comunicazione... e non è nemmeno importante sapere che la storia si sviluppa su questi temi. Perché non è per concetti che si generano le storie. Nel mio libro c’è un bambino che si chiama Bobo e conosce solo tre parole: Bobo, Mama e Più. Poi ne imparerà un’altra, e sarà una vittoria.

C’è anche qualche animale, nel libro: un passero, un cavallo, un leone, una zebra e una giraffa. Il passero è vero e vivo, il cavallo è un cavallo a dondolo, il leone, la zebra e la giraffa sono giocattoli, di quelli che di giorno stanno sul tappeto e la sera finiscono nella cesta, insieme ai libri più amati.

Illustrazioni di Juliana Salcedo.