Durante il periodo della quarantena e del post quarantena, abbiamo constatato che la creatività dei librai è sana e robusta. Le iniziative sono state le più varie e ingegnose. Antonella Giuliano che ha aperto tre anni fa la Libereria Testolinee a Manduria, ci spiega in che modo hanno pensato di affrontare la riapertura oltre che con i normali orari aperti al pubblico, anche con #unalibreriatuttapersé, riservata a due giorni della settimana, ovvero al lunedì o al giovedì pomeriggio, momento durante il quale la libreria si trasforma in un vero e proprio spazio di lettura gratuito aperto a tutti, specialmente a coloro che non hanno la fortuna di possedere a casa una biblioteca ben fornita.
[di Antonella Giuliano, Libreria Testolinee]
Le limitazioni agli spostamenti e alle attività lavorative dovute all'emergenza sanitaria esplosa nelle prime settimane di marzo hanno colto tutti di sorpresa: non c’è praticamente settore economico che non abbia dovuto in qualche modo reinventarsi per non soccombere. Le librerie, in special modo quelle indipendenti, già fragili e perennemente in equilibrio precario, hanno dovuto escogitare modalità che permettessero di proseguire la vendita dei libri e il rapporto con i lettori. La creatività dei librai e la motivazione a resistere ha dato vita a un fiorire di iniziative lungo tutto lo Stivale che da un lato dimostrano la tenacia di professionisti avvezzi a spremersi le meningi tutti i giorni per sbarcare il lunario, dall'altro confermano la natura intrinseca delle librerie indipendenti che si nutrono della cura delle relazioni con i propri lettori. Chi non poteva contare su un sito di e-commerce ha offerto il servizio di consegna a domicilio e qualcuno si è anche fatto i muscoli recapitando libri ai rispettivi destinatari in sella a una bicicletta; qualcun altro ha curato con particolare solerzia il servizio periodico di newsletter intensificando e fornendo consigli di lettura che aiutassero a riflettere a tutto tondo su ciò che aveva sconvolto le esistenze di tutti; c’è chi si è destreggiato in videoletture che attenuassero la lontananza e l’impossibilità dell’incontro fisico con il pubblico e chi invece ha ideato dei dialoghi con gli editori fissando degli appuntamenti sui canali social, riuscendo a creare un filo diretto con i lettori e con gli altri librai. Un gran numero di persone si è messo in moto rimboccandosi le maniche e senza lasciarsi tentare da facili vittimismi ha tentato di leggere il presente, comprendere le esigenze impellenti sia dei propri lettori che delle stesse librerie e provare a reagire per non mandare a ramengo i sacrifici di anni. Iniziative tutte lodevoli che hanno provato a sorreggere quel filo sottilissimo che lega la domanda e l’offerta editoriale.
Quando è stato possibile riaprire, ogni libreria ha trovato i propri modi e i propri tempi, tenendo conto della gravità locale della pandemia, del contesto in cui operava, della fisionomia del proprio pubblico. Dal canto nostro, abbiamo ritenuto indispensabile ravvivare e riconfermare sia la presenza della libreria nella città che la vicinanza affettiva alla nostra comunità di lettori. Ci sono chiari e comprensibili sia una certa esitazione delle famiglie nell’acquistare beni non considerati di strettissima necessità (ahinoi!) che l’offuscamento delle menti concentrate esclusivamente sulle tematiche d’attualità del coronavirus: le famiglie sono stritolate tra la preoccupazione per l’infezione, il timore per un futuro quanto mai incerto e la necessità di risolvere le stringenti contingenze quotidiane. Come aiutare i genitori e i bambini a ridare spazio a scenari più ampi e sostenerli nella visione di un orizzonte meno claustrofobico? Rialzare la saracinesca non è sufficiente, perché il punto è fare in modo che qualcuno si affacci serenamente alla porta della libreria riavviando il circolo virtuoso del desiderio di nuove letture e di insoliti incontri con l’immaginario culturale umano, in un Paese dove comunque i lettori si contano sulla punta delle dita.
Così abbiamo cercato di immaginare come far ritornare i bambini affezionati alla libreria: una libreria per bambini senza bambini è desolante almeno quanto una scuola o un parco giochi vuoti. In questi mesi i bambini e gli anziani hanno subito più degli altri l’isolamento domestico e i piccoli, che già normalmente si vedono poco in giro per la città, sono praticamente spariti, anche dopo che è stata possibile la passeggiata nei dintorni della residenza. Si è resa necessaria una formula con cui ricominciare a frequentare la libreria del cuore coniugando la dovuta attenzione alla salute di tutti con il diritto dei piccoli di vivere un tempo altro, ricco di benessere psicologico e intellettivo.
In tal senso #unalibreriatuttapersé ci sembra un’iniziativa attenta all’attuale situazione: propone ai bambini e ai ragazzi di ricominciare cautamente a vivere luoghi diversi dallo spazio domestico in cui sono costretti dall’emergenza sanitaria.
#unalibreriatuttapersé offre ai giovanissimi, in questo momento così difficile, un contributo per spezzare la monotonia delle giornate vissute in casa tra l’impegno della didattica a distanza e i soliti e ripetitivi intrattenimenti. La libreria si trasforma in un vero e proprio spazio di lettura gratuito aperto a tutti, specialmente a coloro che non hanno la fortuna di possedere a casa una biblioteca ben fornita: l'ultimo rapporto di Save the Children Riscriviamo il futuro, che indaga l’impatto della pandemia sulla vita dei minori, ha messo in evidenza come la chiusura delle attività economiche, educative, culturali e sociali ha determinato un pericoloso accentuarsi delle disuguaglianze e un acutizzarsi della povertà educativa dei bambini – condizione a cui bisognerà che le istituzioni diano al più presto una risposta.
La nostra idea è di riservare un tempo privilegiato in libreria a un solo bambino o ragazzo per volta. Ognuno potrà vivere in totale sicurezza lo spazio della libreria che sarà messo a disposizione unicamente a chi vorrà partecipare all’iniziativa. Attraverso un semplice servizio di prenotazione si avrà a disposizione un tempo tutto per sé nelle ore pomeridiane e la libreria assumerà le sembianze di uno “spazio personale” in cui poter trascorrere un’ora in tutta tranquillità, senza fretta e senza timore: si potrà leggere tutto ciò che si desidera o semplicemente riflettere; farsi ispirare dai numerosi albi illustrati che compongono il nostro assortimento per misurarsi nell’arte del disegno; i più creativi potrebbero cimentarsi nella scrittura, ad esempio curando un diario di questi strani giorni oppure, approfittando della quiete del luogo, iniziare a comporre versi.
L’iniziativa #unalibreriatuttapersé, il cui nome trae ispirazione dal libro Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, è pensata affinché bambini e ragazzi si riservino uno spazio e un tempo più intimi, cosa che per la maggior parte di loro in questo momento è probabilmente complicata. Ascolto aneddoti di famiglie stremate dai ritmi forsennati scanditi dalle lezioni, dai numerosi compiti assegnati che sembrano paradossalmente moltiplicati, da atmosfere domestiche sull’orlo di una crisi di nervi, da convivenze scricchiolanti e lògore e da spazi interiori sgretolati dalla mancanza di un proprio privato cantuccio e dell’interazione con gli amici.
Il confinamento demolisce il diritto dei bambini a un tempo e a uno spazio soltanto propri, cosa a cui ogni individuo dovrebbe poter avere accesso, a prescindere dall’età. Garantire occasioni e creare le condizioni per vivere momenti liberi dall’ingerenza degli altri, comprese le persone a cui siamo legati da forti legami d’affetto, è auspicabile e salutare anche per i piccolissimi. Il pedagogista Daniele Novara sull’Huffington Post mette in guardia da una eccessiva prossimità tra figli e genitori, sostenendo che dal suo particolare osservatorio vede «una certa difficoltà da parte dei bambini e soprattutto da parte degli adolescenti a sostenere il lockdown, e una vicinanza troppo stretta con i genitori e soprattutto con la mamma». Poter contare sulla giusta distanza dall'ambiente famigliare promuove lo sviluppo di una personalità matura, capace di autonomia, di autoregolazione, di conoscenza di sé stessi: preludi di un essere umano responsabile, sensibile, empatico, attento agli altri, agli animali, alle piante, al pianeta. Vivere serenamente i momenti di distacco dalle figure parentali fin dalla prima infanzia custodisce ricchi germogli di consapevolezza, armonia, equilibrio, crescita interiore. Gli adulti possono sostenere questo percorso oppure ostacolarlo con l’intromissione costante nelle cose quotidiane dei propri figli. Il confinamento ha completamente spazzato via la possibilità di coltivare l’indipendenza: i bambini e i ragazzi sono impossibilitati a sperimentare il fuori e il dentro che già negli ultimi anni sembrava essere diventato la dimensione privilegiata della formazione e dello sviluppo evolutivo; ora, a causa dei timori dovuti alla pandemia, rischia di trasformarsi nell’unico ambito di crescita, con un impatto devastante sul benessere psicologico. La «famiglia claustrofilica» [cfr. Laura Pigozzi, Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello, Nottetempo 2016, p.25] sembra destinata ad avviluppare sempre di più i propri componenti nella stretta di relazioni tutte interne alla sfera domestica, restringendo ulteriormente l’orizzonte di tutti.
Mi raccontano di bambini e ragazzi spaventati dall’idea di uscire di casa: dovremmo interrogarci sui rischi di un’ulteriore chiusura a riccio delle famiglie, che in nome della sicurezza potrebbero disertare sempre di più i luoghi della socialità, dell’incontro, del dialogo. Il rischio è che l’aridità dei rapporti sociali, l’individualismo, l’abbandono degli spazi comunitari, la freddezza nella partecipazione politica e civile che, nell’ultimo decennio si potevano toccare con mano nei nostri paesi, peggiorino fino a cristallizzare la stessa idea di vita collettiva. Siamo davvero disposti a far crescere i bambini con l’idea che solo il caldo abbraccio delle nostre comode case esaurisca l’universo delle relazioni, delle esperienze, della vita? Interroghiamoci se sia saggio evitare ancora che i propri figli frequentino i luoghi pubblici: scegliere di educare i bambini ad affrontare responsabilmente quel fuori che mette tutti in ansia, a saper convivere con pratiche e dispositivi di prevenzione e con comportamenti virtuosi e rispettosi della salute di tutti, potrebbe rivelarsi l’atteggiamento più accorto visto che la scienza ci ha avvertito che l'agognato vaccino è molto in là da venire. Aiutiamo i bambini a elaborare serenamente le attuali condizioni sociali, sostenendoli nella possibilità di vivere il fuori con cautela, senso civico, speranza, positività e scongiuriamo atteggiamenti di diffidenza che sclerotizzerebbero relazioni sociali già fortemente indebolite da mesi di isolamento. Se questa situazione deve insegnare a tutti qualcosa, forse è proprio quella di coltivare uno sguardo positivo verso il futuro: un avvenire ripensato, con occhio guardingo, da menti responsabili capaci di imparare dagli errori commessi e pronte a creare collettivamente un’umanità più equa, coscienziosa e solidale.