Da qualche mese è uscita la nuova edizione di C'è questo in me, l'autobiografia di infanzia che Silvia Vecchini ha pubblicato nella collana Gli anni in tasca. La nuova edizione contiene, rispetto alla precedente, un testo nuovo, Dieci biblioteche prima dei 14 anni, scritto per una pubblicazione collettiva non commerciale. Quando l'abbiamo letto ci è sembrato così bello e intimamente legato alle sue memorie, da volerlo includere nel libro.
di Silvia Vecchini]
Nel Giornale dei genitori, nel numero di ottobre del 1964, Gianni Rodari elencava i nove modi per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura. Al primo posto c'era: "Presentare il libro come un'alternativa alla tv".
Il ricordo di questa affermazione mi ha fatto sorridere quando, nel giro di due giorni, sono arrivati a casa mia due libri: la ristampa di C'è questo in me e Senza famiglia.
C'è questo in me, pubblicato da Topipittori nella collana Gli anni in tasca, è un piccolissimo libro di memorie autobiografiche che vanno dai primi, primissimi ricordi fino alla soglia dell'adolescenza. Non avrei mai immaginato che un libro così potesse andare esaurito. Non tanto per la collana, che è una delle più belle che io conosca (ne ho parlato qui), quanto perché la mia infanzia è stata molto semplice (qui c'è un estratto:). E poi perché questo libro lo scrissi ancora prima che qualcuno mi chiedesse di scriverlo ( lo racconto qui). Il fatto di attraversare la memoria con grande libertà, salendo e scendendo "le scale minori dell'infanzia", mi regalò un'esperienza così intensa che desiderai proporla anche nei laboratori di scrittura per adulti.
Senza famiglia, invece, viene dritto dal 1979 ed è rimasto intatto nella mia memoria per quarant'anni. È il libro di H.M. Malot, Senza famiglia, con le immagini di Remì, il cartone animato. Una giovane maestra illuminata, la mia amata maestra Lucia, ci chiese di portare in classe un libro che amavamo per fare un'ora di lettura alla settimana. Io portai questo (cioè, uno esattamente così. L'ho ricercato su ebay e l'ho trovato con somma gioia). È uno dei libri di cui parlo in C'è questo in me.
Cos'è che mi ha fatto sorridere?
C'è questo in me è stata un'indagine su che cosa mi avesse precocemente orientata verso la parola e la scrittura. Di fatto, però, nella mia infanzia i libri sono stati pochi, nessuna biblioteca, pochissime le occasioni di incontro, quasi inesistenti le iniziative culturali a cui ho partecipato, le visite a musei, o banalmente le uscite in libreria. Non voglio farla lunga sui pochi libri che avevo, non era un problema economico, ma di orizzonte. E di indovinare quello che mi passava per la testa, che non è mai stato semplice. Non dicevo, parlavo poco. Sprofondavo in quello che c'era. I campi, il lago, gli animali, le persone, le storie. Le storie dovunque si trovassero, nel racconto orale delle fiabe, ma anche nei cartoni animati della tv, anche nell'enciclopedia Conoscere, anche nella Bibbia.
Il libro si chiude con le mie prime letture scelte, i libri per corrispondenza e la scoperta della biblioteca. Insomma, mi sporgo appena su un cammino nuovo, ma senza mai pensare che tutto quello che c'era stato prima (la possibilità di leggere la natura, la compagnia degli alberi e degli animali, la presenza gli altri come un mistero da risolvere, il vivere in pienezza tutto il poco, stare in ascolto, l'occasione offerta dal silenzio...) fosse niente o fosse trascurabile.
In questa nuova edizione i miei editori hanno desiderato inserire la lunga poesia Dieci biblioteche prima dei 14 anni (un testo apparso per la prima volta in una pubblicazione collettiva sul tema della biblioteca) e li ringrazio tantissimo. Dice molto della cura che mettono nel fare i libri e nell'accompagnare, se così si può dire, la voce di un autore.
Questa poesia, infatti, ripercorre nuclei e nodi di C'è questo in me, procede con un'altra andatura sulla stessa strada e, infine, si chiude esattamente come il mio libro di memorie.
È una poesia che interpreta gli anni dell'infanzia come un tentativo di "leggere" la realtà.
Una poesia e un libro che parlano del mia esperienza di non lettrice si rivelano di fatto una poesia e un libro sulla lettura.
Che cosa voglio dire?
Che i bambini leggono continuamente, leggono quello che c'è. Devono farlo per forza, per poter capire, orientarsi in questa grande stranezza che è essere al mondo. Senza considerare il fatto che molto spesso nessuno parla loro davvero e, quindi, devono capire tra le righe, mettere insieme, tradurre, ricostruire.
Tra i tanti meriti della mia maestra c'è stato sicuramente quello di partire amando infinitamente il poco che c'era. Anche nella lettura. Accogliere un libro come questo, con le immagini prese dal cartone animato che vedevo in tv, senza giudicarlo o sminuirlo ai miei occhi. E poi farmi crescere ogni giorno un po' di più durante la pratica dell' "ora di lettura" fatta a scuola. Questa fiducia, ad esempio, mi ha permesso poco più tardi di ordinare i primi libri per corrispondenza ritrovandomi in casa quelli di Stephen King e Bruce Chatwin.
Ho saputo che in questi mesi un bel gruppo di bambini delle classi quarte e quinte leggeranno C'è questo in me e scriveranno. Il libro infatti è stato scelto per il festival Macerata Racconta, proposto come lettura ad alta voce e legato a un concorso di scrittura riservato ai più giovani.
Avere delle occasioni di "leggere" il qui, la propria esperienza, anche la più piccola, è forse l'impresa più entusiasmante e rivelatrice che possiamo intraprendere.
Christian Bobin, nel suo bellissimo libro Prigioniero in culla (AnimaMundi), a proposito della scrittura e del rapporto tra la scrittura e il tempo dell'infanzia, dice: "Prendevo la parola solo per rispondere a qualcuno che mi aveva parlato per primo, e non con le parole, ma con le nuvole, le piume della ghiandaia, le zampe dell'allodola, le ortensie, le viole, e le mille sfumature di blu che, da lettore prigioniero qual ero, avevo imparato a decifrare".
Le fiabe
Me le racconta la mamma. A lei piace raccontare. La mia preferita è quella della ragazza che va a lavare il bucato al lago. Il sapone scivola nell'acqua e allora lei va a riprenderlo scendendo delle scale e sul fondo del lago trova un castello e una vecchina. Mi piace che la fiaba parli del lago e so che le nonne fino a poco tempo prima lavavano il bucato al lago, alla scesa delle barche. Fantastico che non sia una fiaba ma una storia di famiglia. Mi capita con tutte le fiabe, come se avessero qualcosa a che fare con me.
In questa fiaba, la ragazza che cammina a piedi sul fondo del lago spazza e rassetta un castello sommerso e alla fine è premiata per la sua bontà. Quando risale in superficie una stella luminosa brilla sulla sua fronte e, la prima volta che parla, dalla sua bocca escono pietre preziose e diamanti che fanno ricca la sua famiglia.
Quando sono un po' più grande, leggo da sola le fiabe. Un grosso libro. Leggo e rileggo. Ripasso le immagini con la carta carbone della banca. Mi piace Cenerentola. L'immagine al camino e quella con il vestito. Prima e dopo.
Mi sembra che la più tremenda sia Barbablu ma non afferro perché. Allora decido che la più paurosa è Pollicino. Non ricordo mai tutta la fiaba per intero. Pezzi si conficcano come schegge di legno sul palmo della mano. Tipo quando l'orco sbaglia e sgozza le sue figlie tutte strette nello stesso lettino.
L'enciclopedia
Nel mio paese non c'è una libreria. Non so nemmeno come è fatta una libreria perché non ci sono entrata mai. Non so nemmeno che esista un negozio apposta per i libri. Io ne ho pochi. Forse cinque in tutto. Il libro di fiabe l'ho letto e riletto. All'ora di lettura a scuola porto il libro di Remì. È grosso, ha le foto del cartone animato, ma è una lettura facile perché io so tutto di Remì. Poi ho I ragazzi della via Pal. Sono maschi con nomi che non so pronunciare, ma vicino a casa mia, a due passi, c'è una segheria, quindi per me è vero. Amo questo libro che è il primo che riesco a finire. Poi la mia maestra alla fine dell'anno ci regala un libro per ciascuno. Tutti diversi. A me tocca Racconti da Shakespeare. Sono molto orgogliosa che abbia scelto questo e non il libro del circo con poche pagine che ha un'altra bambina. Fatico a leggerlo ma non mi scoraggio.
La vera scoperta è l'enciclopedia. Non so come sia arrivata in casa con tutti quei libri. Si chiama Conoscere. Imparo in fretta a cercare in tutti volumi, avanti e indietro. Faccio un sacco di ricerche che non mi ha chiesto nessuno. Una sui denti, una sul petrolio. Copio i disegni.
La televisione
In televisione c'è la tribuna elettorale. Il numero di parole che capisco è bassissimo. Le facce sono tutte uguali tranne quella di Andreotti. Mi chiedo perché i grandi si infliggano questa tortura. Poi in televisione ci sono cose che mi spaventano anche se non le capisco. Le parole strage Brigate Rosse Aspromonte Ustica Attentato Vermicino. Ecco, Vermicino lo capisco. Seguo la vicenda perché tutti siamo affacciati a quel pozzo. Alfredino ha sei anni come me. E in campagna come me. Ha una canottiera a righe, come me. Succede che i bambini cadono nei pozzi. Anche se si fa di tutto, anche se arriva il signor Presidente della Repubblica, Alfredino non c'è verso di tirarlo fuori. Che i bambini possono morire me lo ha detto Alfredino per la prima volta.
Io la televisione la guardo solo il pomeriggio quando ci sono i cartoni animati. È la cosa più vicina a una storia. Tanto che io divento sempre quello che guardo. Mia madre mi riprende per un pelo il giorno che provo a volare da una finestra ripetendo le parole "Bia magia".
Provo tutti gli sport che i cartoni mettono in scena. Ma soprattutto mi accorgo che molti protagonisti sono orfani, affrontano difficoltà, ingiustizie, nemici crudeli. Gli eroi si sacrificano, si trasformano, scoprono di avere dei poteri e devono controllarli, scoprono origini che non sapevano di avere. Ma le vittorie arrivano solo alla fine, all'ultima puntata. Guardo i cartoni con intensità e devozione. Credo che mi stiano insegnando dei complicati segreti che i grandi non sono in grado di dire o hanno scordato.
Libri per corrispondenza
Inizio a leggere romanzi. Li ordino per posta. A casa arriva una cosa che si chiama 'Il circolo dei lettori'. Segno con una crocetta quelli che voglio e mia madre spedisce la cartolina dove sono segnati anche i suoi di Danielle Steel. Dopo alcune settimane arrivano libri a casa e benedico le poste e quel luogo misterioso da dove partono quei libri. Li scelgo su un catalogo dove sotto a ogni copertina ci sono due, tre frasi. Devo essere molto brava a capire al volo quelli che mi piacciono e non fallire. È un'occasione che non torna. Mi appassiono ai libri di Stephen King che per me è una mano tesa nel buio e nella nebbia. Non importa che da quando inizio a leggerlo devo guardarmi le spalle quando salgo le scale o mi lavo la faccia davanti allo specchio. Gli perdono tutto. È più di un principe azzurro. Lui non si è vergognato di stare su quel catalogo e venire a casa mia impacchettato nel cartone. E poi faccio una scoperta. Nessuno si interessa ai libri che leggo io e dunque, da lì in avanti, posso leggere tutto quello che voglio.