Gli uccelli (o della gratitudine)

[di Letizia Soriano]

All’inizio di ogni anno scolastico, nelle aule della scuola primaria Anna Frank di Rivabella, a Rimini, non sono soltanto libri e quaderni a segnare l’avvio di un nuovo cammino. C’è sempre un’idea, un simbolo, un piccolo seme da piantare e far germogliare insieme. È un rito che accompagna le classi fin dalla prima: scegliere un seme, metterlo nella terra, attendere che cresca, osservarlo cambiare giorno dopo giorno. Dietro a questo gesto semplice si nasconde un modo di intendere il tempo e l’apprendimento: un invito alla lentezza, alla pazienza, alla capacità di aspettare.

Quest’anno, quel seme, ha preso una forma diversa. Il 17 settembre, sotto le fronde di un albero del giardino, i bambini della classe quarta hanno trovato appesi ai rami i loro “diari della gratitudine”, pronti ad accogliere pensieri, scoperte e piccoli gesti quotidiani. Da quel momento è iniziato un percorso di scrittura e riflessione guidato dall’insegnante Alessandra Ronci, che da anni porta avanti un metodo basato sulla libertà espressiva e sull’educazione alla parola come strumento di conoscenza.

A dare direzione al lavoro di quest’anno è stato un libro speciale: Gli uccelli di Germano Zullo, illustrato da Albertine e pubblicato da Topipittori. Un albo poetico, quasi un silent book, dove il silenzio lascia spazio a rumori lievi, pensieri, dettagli da scoprire. Il messaggio che racchiude è semplice, ma potente: “Un solo minuscolo dettaglio può cambiare il mondo.” È da questa frase che la classe ha iniziato il proprio viaggio.

La lettura dell’albo ha trasformato la classe in un laboratorio di osservazione. Ogni pagina è diventata un paesaggio da esplorare: i bambini hanno imparato che guardare non è soltanto vedere, ma accorgersi. Ogni volta che il libro veniva aperto, qualcuno scopriva intorno a sé un colore mai notato prima, un uccello nascosto tra i rami, una sfumatura nel cielo. L’insegnante non ha imposto domande o interpretazioni: ha lasciato che fossero i bambini a parlare, a trovare le parole giuste per raccontare ciò che vedevano. Così, lentamente, tra silenzio e parole, è nato un dialogo profondo tra le immagini e i pensieri.

Da queste osservazioni è nata un’attività di scrittura dedicata agli incipit, i momenti di inizio, le frasi che accendono una storia. Gli incipit del libro sono diventati scintille per nuove narrazioni. I bambini, lavorando prima collettivamente e poi in coppia, hanno immaginato e costruito storie partendo da un’unica frase: “Potrebbero sembrare giorni qualunque…”. Da lì sono nate storie dentro la storia: un camion rosso che attraversa il deserto, un uccello che vola libero nel cielo, un uomo che scopre due occhi nascosti tra le nuvole. Le coppie di scrittura, scelte con attenzione per favorire l’ascolto reciproco, hanno permesso ai bambini di conoscersi meglio, di mescolare le proprie voci, di imparare che scrivere insieme è anche un modo per costruire un legame.

La scrittura, nella classe di Alessandra Ronci, non è mai solo esercizio grammaticale. È un modo per conoscersi e dare forma a ciò che viene da dentro. Il metodo nasce dall’esperienza della “catena di parole” di Elisabeth Bing e dal lavoro del professor Fabrizio Frasnedi dell’Università di Bologna, entrambi sostenitori di un’idea di scrittura come pratica di libertà. In questo modo, ogni bambino trova la propria voce, il proprio ritmo, il proprio modo di dire il mondo.

Da anni, nel plesso Anna Frank, la parola si intreccia con l’educazione emotiva. I bambini conoscono bene i “folletti del cuore”, piccole creature immaginarie che rappresentano le emozioni. Alcuni folletti trovano subito casa nel cuore, altri si perdono o si confondono, provocando comportamenti difficili da comprendere. Quando accade, l’ascolto diventa la chiave per rimettere tutto al proprio posto. È un linguaggio semplice, ma potente, per insegnare ai più piccoli a riconoscere e dare nome a ciò che sentono.

Il percorso di quest’anno affonda le radici in quello precedente, dedicato al “seme della gentilezza”, coltivato nell’orto della scuola. Piantare, seminare, aspettare: tre gesti che insegnano il valore della cura e dell’attesa. Da quel seme è germogliato, quasi naturalmente, il tema della gratitudine. Ogni giorno, in classe, un bambino estrae una carta della gentilezza o una carta della gratitudine. Su ogni carta c’è un pensiero o un invito: “Ti capita mai di avere dei giorni no? Decidi di essere felice, fa bene alla salute.” Oppure: “Chiedi a qualcuno come sta e ascolta davvero la sua risposta.” Non è un gioco, ma un esercizio quotidiano per ricordare che anche nei giorni difficili si può trovare qualcosa di buono, un dettaglio capace di cambiare la giornata.

L’esperienza di lettura e scrittura ispirata da Gli uccelli si è intrecciata anche con la musica. Dopo la lettura dell’albo, la classe ha ascoltato “Gli uccelli” di Franco Battiato, cercando legami tra suoni e immagini. La musica è diventata un’estensione del libro, una finestra su nuovi significati. In un’altra occasione, una giornata di pioggia ha offerto l’occasione per un altro esercizio di osservazione. Un bambino, rimasto a lungo a guardare i mulinelli d’acqua fuori dalla finestra, ha dato il via a una catena di parole collettiva, accompagnata dalle note delle Quattro Stagioni di Vivaldi: “Onde in burrasca, vento che soffia forte, sabbia volante, cielo increspato.” Il giorno dopo, con Ottobre di Čajkovskij, le parole si sono fatte più lente, più morbide: “Onde dolci e tranquille, acqua chiara, vento leggero, cielo dritto e liscio.” In questo modo, i bambini hanno imparato che anche la natura ha mille volti e che osservare, ascoltare e nominare, sono gesti che trasformano l’inquietudine in conoscenza.

Da queste esperienze è nato un nuovo lavoro, intitolato “Io non mi accorgo”. Ogni bambino ha scritto la propria frase partendo da quelle tre parole. All’inizio la negazione sembrava un ostacolo, ma poi è diventata un ponte per la consapevolezza.

“Io non mi accorgo dell’affetto del mio gatto.”

“Io non mi accorgo del tempo che passa.”

“Io non mi accorgo della fortuna di avere i nonni vicino.”

“Io non mi accorgo di quanto impegno mettono i miei genitori per me.”

“Io non mi accorgo di tutto il bene che ho nel cuore.”

Le frasi, lette una dopo l’altra, hanno formato un testo corale, un mosaico di pensieri che ha portato naturalmente al passo successivo: “Grazie per…”

Grazie per la mia scuola, grazie per i miei amici, grazie per la mia famiglia. Di fronte ai quaderni dei suoi alunni, Alessandra, l’insegnante, ha commentato che questo lavoro è diventato “una dichiarazione d’amore alla vita”. E in effetti, nel percorso di lettura e scrittura di Gli uccelli, i bambini hanno imparato che anche i dettagli più piccoli – un gesto gentile, una parola, un atto di gratitudine – possono davvero cambiare il nostro modo di stare dentro le cose.