Cammino cercando il numero 87. Mifermo davanti una vetrina illuminata, i miei occhi non lo hanno trovato,ma l’insegna recita: “De fil en café”. Sono comunque arrivata. Unpo’ in anticipo sull’orario stampato sul volantino, apro la porta evengo investita da un’aria giocosa, piena di elettricità ed energiapositiva. Fervono i preparativi in un clima colorato come il luogo cheospita Notre fil rouge, la mostra che ha riunito 18illustratrici italiane. Sono i giorni del Salon du livre et de la pressejeunesse en Seine Saint-Denis, un momento inconturnabledirebbero i francesi, in ogni caso da non perdere per chi, illustratoreo autore, ha voglia di fare un’abbuffata di novità, di editori e,perché no, di amici e colleghi da tutta Europa. Certo, quest’anno lacrisi si è fatta sentire anche qui e gli indizi non sono stati pochi:grandi manifesti di giovani illustratori che denunciano il comportamentodi editori poco onesti, una standardizzazione preoccupante delle caseeditrici e davvero pochi libri che sono riusciti a farsi notare nelmare di déja-vu che, tsunami inarrestabile,ha spazzato via ogni slancio alla sperimentazione. Questaperò è un’altra storia.
Torniamo allora a quella chestavamo raccontando. Come ogni favola che si rispetti, nasce da unincontro casuale: «c’è stato un giorno in cui è comparsa allamia porta una ragazza che non parlava francese» ci dice Marianne inun sorriso. «Ha ordinato un caffè e si è seduta in un angolo. Nonc’era nessuno e abbiamo iniziato una conversazione in inglese. Da lìall’organizzazione di questo evento il passo è stato breve». Quellaragazza era Francesca Capellini, bergamasca naturalizzata torineseche ha fatto, come la sottoscritta, un grande salto transalpinoper andarsene ad abitare nella Ville Lumière, una città dura,difficile, ma in cui i destini delle persone si incrociano nei modipiù strani. Marianne è una costumista che ha lavorato per il teatro,il cinema, rientrata da poco sul suolo patrio dopo aver trascorso diecianni in Irlanda. Parallelamente alla sua attività, decide di creareun luogo intimo, familiare di incontro e condivisione nel quartierein cui è nata (Montreuil appunto), dove le persone possano andare abere un tè, un caffè o una cioccolata calda, e magari tornare perimparare a cucire. E per accedere al suo laboratorio delle meraviglie,non c’è bisogno di inseguire il coniglio bianco nella sua tana,basta attraversare una porta.
Quando arrivo,le ragazze che hanno passato il pomeriggio ad allestire la mostra,sono impegnate nella preparazione dei vari stuzzichini. Si apronopacchi di patatine e si stappano bottiglie di vino. Qualcuna,credendo di non essere vista, sgranocchia un biscotto. Sguardidi panico rimbalzano di viso in viso appena tiro fuori il mioregistratore. Sospiro, ormai ho imparato che non c’è niente dipeggio che fare un’intervista a un illustratore. Sarà per quelloche hanno scelto come modalità di comunicazione il disegno? Pocomale, improvviserò cercando la chiave giusta per convincere ciascunoa parlare. Come sempre.
La prima vittimaè Aurora Cacciapuoti che da un po’ abita a Cambridge. Così cidescrive la sua illustrazione questo giovane cervello (e mano) infuga: «bianco nero e rosso: con questi tre colori volevo trasmettereil sentimento di collaborazione che si può instaurare tra donnediverse. Ognuna conserva la sua identità e specificità, eppureciascuna contribuisce all’arricchimento del gruppo». ManuelaAndreani racconta di aver assistito allo spettacolo di un funamboloqualche giorno prima di aver ricevuto l’invito a partecipare. E allabase della sua illustrazione c’è proprio il fascino esercitato sudi lei da quell’esperienza. «Francesca ha creato davvero un filorosso che ha unito tanti luoghi anche lontani e tante persone diverseche magari si conoscevano solo grazie al loro lavoro pubblicato suinternet. È bello seguire visivamente questa esplorazione dellafemminilità attraverso linguaggi e gusti così differenti» commentaGiulia Sagramola quando arriva il suo turno. «Ho piegato il temadella mostra al mio percorso di ricerca legato alla geometriadelle immagini un po’ disorientanti, immagini in cui cerco diattrarre l’occhio dell’osservatore incuriosendolo e spingendoloa interrogarsi sul suo significato» si lancia Sarah Mazzetti. E dalì apriamo una parentesi sulla post avanguardia, sull’immaginarioamericano rispetto a quello europeo…
Intanto, pian piano,le persone iniziano ad arrivare. Gli spazi si riempiono, sedie edivani vengono occupati. Si parla, si beve e si scherza. «C’ètanta poesia in molti di questi disegni, in alcuni anche delromanticismo» risponde Laurent, un amico di un’amica di Marianne,quando gli chiediamo di commentare i lavori presenti. «Mi colpiscemolto questo filo rosso che li attraversa legando le persone leune alle altre, alla vita o all’ambiente circostante. Forse,l’unica cosa su cui avrei qualcosa da dire è che ci sono soloillustrazioni di donne» scherza alla fine. Sì sa, qui in Francia,les chiennes de garde (le femministe pure e dure) fanno paura. Trai presenti intercettiamo Alessandro Tota, disegnatore di fumettiche ha lasciato la sua nativa Bari e vive ormai da quattro anni aParigi. «La varietà di stili è un elemento che apprezzo molto,ma la cosa che rende interessante questa mostra è il tema del filo»ci risponde, quando gli chiediamo un parere da “esperto”. «Vogliodire, il fatto che quest’oggetto venga immediatamente associato allalinea fa entrare in una dimensione in cui il disegno diventa subitopensiero, cioè la linea deve avere subito un senso: deve unire,condurre da un punto all’altro».
Lastbut not least, veniamo al cuore (generoso) da cui si sonodipanati i mille fili di questo evento. «L’illustratrice “base”italiana» dice Francesca Capellini «fa riferimento a un immaginariotradizionale, con un segno, una grafica e una concezione generalmentemolto dolce. Invece si sta affermando una generazione di ragazze,tutte tra i venticinque e i trent’anni, che hanno un’esteticadiversa. Molto più moderna ed europea. Semplicemente volevo creare unospazio e un tempo che desse loro un minimo di visibilità. Anche se delloro lavoro sentiremo presto parlare. Di questo sono sicura!».
Il tempo passa veloce. Altri impegni mi chiamano altrove. Primadi lasciare quel luogo caldo e colorato, getto un ultimo sguardo aidisegni. Le illustrazioni sono lì, immobili e impassibili, che assistonoa questo circo umano. Chissà come avrebbero raccontato loro questastoria…ma questo non ci è dato saperlo.
Postilla a mo’ diconclusione. A volte capita anche di non poterproprio far finta che non ci sia un evidente conflitto di interessinell’esercizio della propria professione… Spero di non averscandalizzato troppo i bacchettoni della deontologia professionale nelrispondere all’appello alle armi (pennute) del Cavalier Topo senzamacchia e senza paura! Se così fosse, che gli dei mi perdonino.
Grazie agli auspici e all’impegno di FrancescaCapellini, la mostra Notre Fil Rouge ha presentato, in occasione delSalon du Livre et de la Presse Jeunesse di Montreuil, i lavori didodici illustratrici italiane che ci fa piacere nominare una per una,in ordine alfabetico: Aurora Cacciapuoti; BiancaBagnarelli; Cristina Spanò; CristinaStorti Gajani; Francesca Capellini; FrancescaFerri; Francesca Viterbo; Giorgia Atzeni;Giulia Guerra; Giulia Sagramola;Ilaria Boscia; Manuela Andreani; MartaIorio; Sara Gavioli; SarahMazzetti; Silvia Rocchi; SilviaSantirosi; e Valeria Scricco. Ai più curiosibasterà cliccare sul nome di ciascuna per precipitare nel suoprivatissimo immaginario.