Prima di vederlo, qualche giornofa, avevo sentito parlare molto del film documentario di Alina MarazziUn'ora sola tivorrei che la regista milanese ha dedicatoalla madre, suicida quando lei aveva sette anni.
Un film che, uscito nel 2002, è diventato un veroe proprio caso, per la forza, la bellezza, l'originalitàdel racconto.
E credo anche per il coraggio con cui Alina Marazzi ha saputodar conto di una vicenda così tragica e privata,restituendo da una parte un ritratto complesso, profondo di unaidentità femminile, dall'altra affrontando il tema dell'identità femminile in rapportoalla maternità, nei suoi aspetti meno facili estereotipati, quelli di cui pochi parlano, e di cui pochissimiparlano con lucidità tanto il campo è minato da convenzioni,pregiudizi, tabù sociali, culturali, religiosi.
Mentre guardavole immagini di questo film, e l'immagine ossessivamente ripetuta dellosguardo aperto, interrogante della giovane donna che ne è protagonista,non ho smesso un attimo di chiedermi con vero sgomento come siastato possibile che in un ambiente tanto colto, illuminato e agiato,una ragazza con una personalità così evidentemente eccezionale,e con doti di intelligenza e sensibilità fuori dal comune, abbiapotuto essere così equivocata, contrastata, poco accolta, compresa,rispettata, aiutata al punto da vivere una condizione di disagio eangoscia irrisolvibili nel momento in cui ha deragliato dal ruolo dimadre e moglie impeccabile. Al punto da precipitare in un conflittointeriore devastante, non riconoscendo per prima lei stessa a se stessala legittimità, la possibilità, la libertà di un pensiero e diuna personalità irriducibili, fuori dagli schemi.
Questo film per me è statoparticolarmente importante perché mi ha permesso di dareuna risposta a una domanda che ciclicamente mi si è postadurante la lettura dei romanzi che fanno parte della nostracollana Gli anni in tasca. nella vitadei figli, dall'altra si percepiscono come offuscate, lontane, chiusein una dimensione che spesso le rende impenetrabili, misteriose,inaccessibili, a volte persino fredde. Un'ora sola tivorrei mi ha consentito di capire con chiarezza inequivocabilequale sia questo punto. E cioè che se a un uomo (a qualsiasi uomo,a qualsiasi classe o ambito professionale appartenga) quel che lasocietà chiede è di essere prima di tutto se stesso e, in ragionedi questo, di adattare alla propria identità i ruoli che è chiamatoa svolgere, alla donna quel che viene chiesto è l'opposto e cioèdi impersonare i ruoli a cui è chiamata, modificando la propriaidentità in basea quel che questi richiedono, in un processo di autocorrezione e diadattamento che ha come fine la corrispondenza perfetta fra persona erichieste familiari e sociali. La ragione per cui le madri degli Anniin tasca rimangono tanto invisibili, misteriose sia per i loro figlisia per il lettore che ne ripercorre le storie, il motivo per cuileggendo questi racconti si ha sempre l'impressione di non arrivaremai a conoscere queste donne, i loro desideri, le loro inclinazioni,i loro caratteri, se non nei rari, eccezionali momenti in cui si apreper loro uno spiraglio di libertà che consente di manifestarsi, èche a queste donne la prima richiesta che è stata fatta dal contestosociale e culturale è quella di mettere da parte se stesse. Discomparire al mondo, come se l'idea stessa di identità costituisseun ostacolo insormontabile allo svolgimento corretto della funzionematerna. Come se l'azzeramento individuale costituisse il suo fondamentoimprescindibile. Una condizione sine qua non. Comese l'idea in sé di identità relativamente al femminile fosseinaccettabile.
E cioè per qualche motivo, in tutti questi libri, con pochissimeeccezioni, le figure materne, se da una parte appaiono come evidentementeimportanti
Immaginitratte da Un'ora sola ti vorrei di AlinaMarazzi.
E questo a frontedi figure di padri, magari meno importanti nell'economia della vitadomestica e familiare, e meno presenti, ma certamente più fortidal punto di vista emotivo, più immediati, vitali, leggibili ecomprensibili, umanamente significativi. Non nascondo che riscontrarequesta situazione mi ha messo in imbarazzo. Soprattutto perché, quandoci riflettevo su, avevo sempre l'impressione di non arrivare mai alpunto vero della questione, ma di trovare spiegazioni frammentarie,legate a contesti e situazioni specifici, quando il problema era, invece,evidentemente più generale e diffuso.
Immaginitratte da Un'ora sola ti vorrei di AlinaMarazzi.
Mi chiedo se, nonostante le apparenze,le cose oggi siano davvero cambiate.
In Giorni d'amore e diinganno, romanzo di AliciaGiménez-Bartlett (creatrice della meravigliosa ispettrice Pedra Delicado), che ha al centro l'analisiminuziosa delle dinamiche di una strana, casuale comunità femminile,una frase mi ha colpita, pronunciata da una delle protagoniste, la piùeccentrica, aggressiva e arrabbiata di loro: «Siamo capaci di daretutto quel che ci viene chiesto, da Dio e dalla società. Solo chea volte la società chiede cose diverse da quel che siamo disposte adare.»
Teniamolo ben presente.