Sbarcare il lunario: la giornata di un'illustratrice

Ciao,sono Ettore, il vero protagonista di questastoria.

[di SaraStefanini]

Lasveglia suona alle 7:30 del mattino. Ettore, il mio bassotto, staseduto in fondo al letto, pigola per uscire. Fa la sua piccola danzaper invogliarmi ad alzarmi. Guardo fuori. Ho bisogno di un caffè. Mi vesto, cercodi acchiappare Ettore che, appena vede il guinzaglio, sembramorso dalla tarantola e usciamo.


Mi chiamo Sara, ho 29 anni e faccio l’illustratriceda circa cinque. Sono svizzera e da qualche mese mi sono trasferitaa Roma. La prima cosa che mi chiedono quando mi presento è:«E che cosa ci fai qui?»

Ciao, sonoSara. Pensavo di essere io la protagonista, ma...
Qui sonoa uno dei mille mercatini che frequento,
per vendere i mieihandmade.

I motivi sonomolti, uno dei quali le opportunità: una grande città può offrire piùpossibilità del piccolo paese dal quale provengo. Mi sono scelta unaprofessione difficile, e tutti quelli che stanno leggendo questo pezzo losanno, forse anche meglio di me.
Quando ho detto a mia madreche cosa volevo diventare da grande (e questo è avvenuto all’etàdi 22 anni) c’è mancato poco che le prendesse una sincope. Il suotimore era quello che sarei dipesa da lei tutta la vita… Non erauna paura dichiarata, ma ogni domanda che mi faceva era velata da unaleggera preoccupazione, da messaggi subliminali ai quali una figlia è,di solito, sensibilissima. Che fatica dimostrare, a me stessa per prima,che non sarebbe stato così!

8:15. Ettoreha deciso di rotolarsi nel fango. Quindidovrò perdere almeno dieci minuti per lavarlo ed asciugarlo. Guardol’orologio e vedo che ho ancora un po’ di tempo. Ieri sera ho finitole correzioni sulla seconda bozza del giornalino del quale mi occupoe questa mattina posso prendermela con più calma.

Una illustrazione perHansel e Gretel

Il mioobiettivo è sempre stato quello di vivere grazie a quello che amo dipiù fare. Purtroppo però ho sempre dovuto lavorare in altri settoriper potermi mantenere e non sentirmi dire da mia madre quel fastidioso“te l’avevo detto”.
Per dieci anni ho lavorato inun cinema multisala a Lugano. Dapprima lo affiancavo agli studi, poial lavoro d’illustratrice. Ovunque fossi, il weekend rientravo inTicino e vendevo popcorn, biglietti, rispondevo al telefono immersanella confusione delle prime cinematografiche o nei deliri iracondi dialcuni clienti. Tutto sommato era il lavoro perfetto: orari serali oweekend, salario buono, bella compagnia e naturalmente film gratis. Mipermetteva di disegnare tutto il giorno e di concentrarmi su ciò chestavo progettando.

Un'altra illustrazione per Hansel eGretel

9:00Controllo le email. C’è la conferma per il mercatino al qualeavevo fatto domanda per uno spazio espositivo. La cifra per lo standè di 35 euro, lo spazio a disposizione è di 2 metri quadrati. Iltavolo lo devo portare io. Questa sera quando rientro farò ilbonifico.

Mi è capitato di faretre/quattro lavori insieme. Quando abitavo a Milano mi ero trovata unfull time in un’azienda presso cui facevo la grafica. Nel frattempocontinuavo la mia ricerca e mandavo mail a case editrici e riviste,cercando di far girare il mio portfolio il più possibile. Pianpiano le cose cominciarono a muoversi e arrivò la commissione per il mio primo libro. Come spesso capita,quando inizi a fare qualcosa subito te ne si somma un’altra,e un’altra, e un’altra ancora, e in brevissimo tempo a quelfull time si aggiunse un libro illustrato poi un altro, i lavoriper il Museo della Scienza e della Tecnica “Leonardo Da Vinci”di Milano, altri piccoli progetti e naturalmente il weekend alcinema.

Un'illustrazioneinedita

Appena arrivataa casa mi mettevo a lavoro per ore, ma il tempo che mi rimaneva perdipingere era poca cosa e  mi sembrava di non riuscire adesprimere tutto quello che volevo, nel modo in cui volevo. Come se leimmagini che creavo partissero dalla testa ma nel percorso per arrivarealle mani si dissolvessero perdendo intensità. Il full time assorbivatutte le mie energie, mi sembrava di trattenere il respiro per otto oree di poter ricominciare a respirare una volta tornata a casa, con quellamatita in mano. Dopo quasi tre anni, ho preso coraggio, ho lasciato illavoro in azienda e mi sono buttata nell’attività di freelance.

9:10 Spengo il computer e corro al lavoro. Ho lafortuna di abitare a 15 minuti a piedi dall’ufficio, e la cosa è assaiimportante per chi come me finisce un lavoro ne inizia un altro. Scesele scale apro il libro e comincio a camminare, leggendo… si sfruttaogni minuto, anche se i vecchietti che incontro e scontro brandisconoil loro bastone contro di me!



Eun'altra illustrazione inedita, per il progetto"Margherita"

Per iprimi mesi il lavoro da freelance è andato bene, poi ha cominciato adiminuire. Avevo sempre qualche commissione, soprattutto in campografico, ma era il cinema il perno intorno alquale giravano i miei guadagni. Nel frattempo mi ero inventata delleattività alternative. Avevo cominciato ad allestire vetrine perun negozio di Milano e a progettare una piccola linea di oggettiniillustrati. All’inizio li creavo per me, poi ho pensato di venderli. Hoprogettato un logo, delle etichette, cercato un packaging adatto allemie esigenze, e li ho presentati ad alcuni negozi, proponendoli in contovendita. Trasferendomi a Roma li ho portati con me. Roma è la cittàdei mercati! Incredibile quanti ne vengono organizzati dalle diverseassociazioni e quanti artigiani ci puoi trovare.


Uno dei miei oggettiillustrati

18:00Esco dall’ufficio, faccio due chiacchiere con una collega e mi avvioverso casa. Il lavoro sulla bozza del giornalino, che pensavo fossecompleto, ha altre cose da sistemare ed è arrivato l’articolo chedevo illustrare per una rivista on-line.  

Da quando vivo a Roma ho dovuto, per ovvie ragioni,dire addio al mio posto al cinema, e ora lavoro come grafica in unostudio. Mi piace. È la prima volta che sono in un ufficio dove mi trovoa mio agio e dove c’è uno scambio stimolante ogni giorno. All’inizioil full time mi preoccupava un po’. Avevo paura di non riuscire a dareabbastanza spazio al disegno, ma tornare a casa felice mi permette diconcentrarmi di più sui miei progetti personali.


La mia mostra delletavole di Hansel e Gretel, a Roma,
alla Galleria Makemake,Spazio&Arte

18:15Ettore mi aspetta davanti alla porta. Saltella, pigola, mordicchia, miporta l’osso. Esco e gli faccio fare un giro. Camminare mi rilassa,penso a quello che devo fare, a quello che voglio fare, e quando rientromi metto di nuovo al lavoro. 

Prima di trovare questo posto a tempo pieno, occupavo le mie giornatecercando lavoro e continuando i miei progetti; scrivendo, sperimentando esfruttando il più possibile il tempo a disposizione per migliorare. Ognigiorno setacciavo la rete per trovare nuovi sbocchi. Cercavo deicontatti che potessero aiutarmi ad organizzare mostre o a propormi perdei mercati. Pensavo a nuove attività, da fare da sola e con altriillustratori. Progettavo i laboratori che avrei fatto in sede di mostraqualche mese dopo. Leggevo, guardavo, toccavo, immagazzinavo. Facevotutto quello che faccio sempre, aggiornando il blog, mandando newsletteragli editori che mostravano interesse per il mio mondo, partecipando aconcorsi.

Un'illustrazioneper il settimanale "Grazia",
con cui collaborospesso.

Molto spesso titrovi ad accettare lavori che non ti piacciono, perché devi pagare lebollette a fine mese. A volte ti trovi a lottare per farti pagare quelloche ti spetta. A volte trovi la posta intasata di mail dai NO tuonanti,o dai silenzi di risposte mai spedite. Ci sono momenti in cui penso dilasciare tutto e mettermi a fare marmellate o a vendere fiori, qualsiasicosa che non sia disegnare. Che non abbia quel sapore lì, che ti riempiee ti svuota. Ma poi penso che non potrei mai smettere. Disegnare fa partedi me, e non m’importa se con grande probabilità non potrò accendereun mutuo o fare il giro del mondo in mongolfiera. Ho fame di tutto.

Unamia vetrina illustrata, a Milano,
in viaVigevano.

Ultimamentesto pensando all’autoproduzione. Vorrei fare cose, raggrupparepersone che stimo e a cui voglio bene per far nascere cose belleche durino nel tempo.
Perché è peccato pensareuna cosa alla volta, perché è bello poter avere la testa frale nuvole, ma i piedi ben piantati a terra.

1:12 Anche l’ultima parola è stata scritta, i lavorispediti ed ora si fa strada quella pace che solo la stanchezza e lasoddisfazione ti sanno lasciare addosso. Buona notte.


[Tutte leimmagini sono © Sara Stefanini]