[di Elisabetta Cremaschi]
Per prima cosa, grazie Topi del post e dellarara e preziosa opportunità di confronto.
Eccomi a scrivere della mia esperienza, qui tra le piùgiovani, perché Gavroche è nato nel2011. Se è vero che il mio blog nelle parole dei Topi ha "sconfittoperfino un terremoto" (ci ha provato e lo ha fatto grazie e insiemealla comunità di lettori e professionisti del settore che gli siè stretta intorno, i Topi ne sanno qualcosa), è anchevero che la sua continuità nell'ultimo anno ha risentito di questoe altri accadimenti che mi hanno profondamente coinvolto. Certo nonè un bene, perché la continuità è uno dei segni della serietàdell'impegno di chi scrive e uno degli elementi che portano a queinumeri che danno il senso e la misura di ciò che si sta facendo eche aiutano a sostenere quella motivazione nel continuare a proporre,con entusiasmo e trovando per primi piacere, quel lavoro di qualitàdi cui parla in modo perfetto Anna.
Semplice, io quellaqualità, date le condizioni, sentivo di non poterla sempre garantire,cosi ho preferito non scrivere. Ho imparato qualcosa però anchedalla discontinuità: che i lettori possono decidere di concedertitempo, di aspettarti e spronarti ad andare avanti con le loro manifesteattese.
Vi scrivo qui una cosa, che non sanno ancora i lettoridi Gavroche, sui suoi inizi (e della decisione, presa ormai diversianni fa, di dedicarmi alla cultura partendo dall'infanzia) cosa che,anche se non sembra ha a che fare con la convinzione dell'editorche ha avuto il pregio di stimolare questa discussione.
MaríaZambrano e Luis Cernuda durante una MisionePedagógica. |
Moltianni fa, mentre preparavo la tesi su Maria Zambrano e sullafilosofia, letteratura e arte spagnola, lessi che Mariadurante la seconda Repubblica, poi stroncata dalla dittatura diFranco, aveva dato vita insieme ad altri intellettuali alle “missioni pedagogiche” nella convinzioneche una nuova nazione dovesse fondarsi sul diritto di ogni cittadino allacultura fin dalla più tenera età e per fare questo era necessariodare vita alla condivisione di una cultura comune che non creassedistinzioni sociali tra i fruitori e che potesse fare affidamento su unapresa di responsabilità degli artisti e degli intellettuali, chiamatia mettersi in gioco in prima persona.
Partirono così, a dorso di mulo come cittadinicomuni, Maria e gli altri, alla conquista di paesini dove non vi eraaltro libro che la Bibbia e dove le uniche immagini presenti eranoicone e qualche sparuta fotografia. I gruppi erano due: uno promuoveval'arte, l'altro la letteratura.
Sul mulo era caricato,a seconda, un solo quadro o un solo libro. Il viaggio poteva duraresettimane.
Nel giro di poco tempo, la richiesta da parte deipiccoli paesi di avere altri quadri e altri libri raggiunse livelliimpressionanti.
Dopo anni in cui, viaggiandoper il nostro Paese, ho incontrato insegnanti, bibliotecari, genitori,lettori, bambini, ragazzi e non vi dico che cosa succede con gli anziani,trovando costantemente riscontro di quanto siano ancora tristemente emeravigliosamente attuali le “missioni pedagogiche” di cui vi hoscritto (naturalmente collocandole nel nostro tempo), ho pensato diaprire un blog, e di farlo diventare quel mulo che potesse arrivaredove io da sola non sarei mai riuscita.
Gavroche,il nome inizierà a tornarvi, è nato semplicemente così.
L'idea originaria era di lasciarlo viaggiare, almeno per ilprimo anno, con un peso leggero per vedere come veniva accolto dailettori: niente mio profilo, facebook e twitter. Poi, in base allarisposta dei lettori, il secondo anno avrebbe dovuto ampliare ilsuoi cammino inserendo tutto ciò che era stato escluso al tempo(arriverò...).
Nonostante questa “essenzialità”,e grazie al sostegno della rete, tra cui i Topi, Anna,Zazienews, Prìncipie Princípi e molti altri scrittori, illustratori, editorie lettori, il blog è cresciuto ogni giorno e, a fronte di un numeroancora esiguo di commenti, ricevo un numero straordinario di mailche mi regalano una possibilità di confronto fondamentale pernon cadere in quell'autoreferenzialità così rischiosa per ogniprofessionalità di settore.
Ed ecco chearrivo all'editor dubbioso.
A costo di essere impopolare,perdonatemi, ma quando qualcosa non funziona, parto sempre da me,credo che il nostro settore soffra di una dannosa autoreferenzialità:la cronica incapacità di condividere, di aprire i cancelli diillusori “orti segreti” e di saper vedere quando arrivano figurenuove interessanti non solo da citare, ma da coinvolgere (il perchéAnna non abbia una rubrica dedicata all'illustrazione, per esempio,su una delle riviste specializzate o che non vediamo il suo nomenella curatela di mostre ed eventi (uso questo triste termine persemplificare) importanti dedicati all'illustrazione è anacronistico eincomprensibile non credo solo per me).
Sull'altro versante,è ancora lontana l'abitudine del nostro settore di incontrare eascoltare i propri interlocutori, le persone che amano o potrebberoamare i nostri libri, e ancor più i molti bambini e i ragazzi cherischiano di non avere alcuna possibilità di conoscere i libri chegli spetterebbero. Questo richiede sicuro sforzo, movimento, e unacapacità forte e sostenuta di andare oltre se stessi, di compierequel passo che trasforma la conoscenza in etica, pur sostenendo conforza la differenza e il rigore della professionalità e di essereprofondamente convinti che il promuovere il lavoro di qualità di altriè, se purtroppo non per tutti un piacere, prima un dovere che nasce dalritenersi solo un “anello” di una lunga catena culturale e poi unaricchezza che può ricadere su tutti.
In questosenso, i blog sono l'unica vera aria nuova che tira da tempo nellaletteratura per ragazzi del nostro paese.
La loro funzionenon solo è quella di coprire una disinformazione colpevole, quel“servizio” come sostiene Giovanna e come ben dimostrano i commenti aquesto post (così bene esplicitati da Anto/Ciorven), ma anche quella dicomprendere il proprio tempo a partire dal proprio Paese che, con buonapace di alcuni editori e uffici stampa, non è fatto solo di città, dipresenze di librerie e di biblioteche (e se queste ci sono non è dettoche abbiano una sezione dedicata alla letteratura per ragazzi e se anchece l'hanno non è detto che sia fornita e di qualità), ma di piccolerealtà (io arrivo da lì e capisco Cristina come pochi) dove, anche seè vero che puoi comprare un libro con un clic da casa (sia ringraziatoil cielo!), non lo puoi vedere, non puoi capire se fa per te o per chi haipensato di comprarlo o di farlo conoscere.
E sì, i libri dicui parliamo noi sono diversi dagli altri: molti sono fatti da editori,autori, illustratori, grafici, tipografi che dedicano competenza eun'infinità di tempo a pensare ogni più piccolo dettaglio perché illibro sia “ad altezza di bambino”, come amiamo dire. Al contempodietro a questa differenza c'è un sforzo di mezzi ed economico di tuttorispetto che ha diversi obiettivi, personali e non, ma sicuramente uno diquesti è la volontà di continuare a garantire un'alta qualità ai proprilibri.
Se le persone nonconoscono i libri, non li comprano e non possono farli conoscere e nonsi diffonde cultura. Se non si diffonde cultura, un editore rischiadi chiudere, se lo fa, noi perdiamo i suoi libri per sempre.
L'attrice Josefina Aldecoa durante una MisionePedagógica. |
Dopo anni dilavoro sul campo, posizionata sul pallino del crocevia dove si incontranoo non si incontrano le persone che a vario titolo abitano il mondo dellaletteratura dell'infanzia, come Ismaele in “testa d'albero”, sento dipoter dire, tra molte altre cose, che è questo che si è sempre rischiatoe che si continua con cocciutaggine a rischiare, e cioè che alla finequesti libri “ce li leggiamo solo tra di noi” e allora davvero ciritroveremo a dire: “A cosa serviranno mai?”.
I blogger,questi citati e insieme a molti altri, in fondo che cosa fanno? Niente,cercano di arrivare prima di questa paurosa domanda.
Grazie a tutti, e perdonate se questi pensieri sono entrati indue lunghi commenti.
Lebellissime immagini di questo post si riferiscono alle Misiones Pedagógicas, citate daElisabetta. Le missioni pedagogiche, realizzate inSpagna fra il 1931 e il 1936, prima dell'avvento del franchismo, furonouna esperienza culturale e innovativa senza parangoni nell'Europa delVentesimo secolo. A capo di questo progetto repubblicano che consideravaindissolubile il legame fra cultura e giustizia sociale fu l'intellettualeManuel Bartolomé Cossío.