[di Luisa Mattia]
…ha cominciato la sua strada molti anni fa, quando – per due anni – lavorai con insegnanti e bambini dell’I.C. Parco di Veio di Roma sull’autobiografia infantile e sulla biografia.
Prima prima prima
C’erano i diari, in classe. Quaderni tutti uguali nella copertina, riuniti su uno scaffale dedicato, come erano dedicate alla memoria personale almeno due ore a settimana dell’orario di scuola. In quei 120 minuti i bambini potevano pensare, scrivere oppure evitare di fare tutte e due le cose. Lo spazio del pensiero (o del non-pensiero) era stato proclamato intoccabile (su mia proposta) da tutti i docenti della scuola che si erano impegnati a:
- non togliere tempo al tempo dei diari (per fare spazio al “programma”);
- non sbirciare quello che i bambini scrivevano;
- non suggerire modi di raccontare;
- non leggere i diari se non dopo precisa autorizzazione dei bambini stessi;
- non cadere nella tentazione di valutare impegno, continuità e comportamento durante il tempo dedicato al diario.
Lusia Mattia, Francesca Crisafulli e Carlo Nannetti durante l'inaugurazione della mostra Prima di me, a PalaExpo, Roma
Nel corso della settimana, i bambini erano liberi di portare a casa il diario, scriverlo anche al di fuori dei 120 minuti dedicati settimanalmente, parlare di quello che avevano scritto con i compagni oppure con l’insegnante.
Da iniziale e semplice “tassello” inserito nella settimana di scuola, i diari divennero – velocemente e con naturalezza – una sorta di spina dorsale delle conversazioni in classe, diedero spunti di discussione e di riflessione, fecero spesso da “ponte” tra gli adulti e i bambini che - carichi di fiducia e forti del loro pensiero e delle loro emozioni – scrivevano e rivelavano modalità espressive, forme di narrazione e di scrittura inattese, pensieri fulminanti e richieste di confronto.
In quegli anni, pubblicammo due volumi – Dopo gli Oscar non ho avuto niente e Mi sembrava di stare in mezzo al cielo – frutto delle memorie infantili e della ricerca biografica fatta anche con i genitori.
Prima prima
Circa 8 anni fa, io e i topipittori Giovanna e Paolo partecipammo a un week end organizzato ad Anghiari dalla Libera Università dell’autobiografia.
Io ero lì per raccontare il lungo lavoro di scrittura con i bambini sull’autobiografia e loro per presentare la bella e insolita Collana “Gli anni in tasca”, per la quale ho scritto W la libbertà.
In quell’atmosfera, parlando di memoria, pensieri, diari, prese spazio e voce una specie di avventura del pensiero. Parlando a un pubblico che poco sapeva di bambini ma molto di memoria diaristica, mi tornarono alla mente le molte pagine e le tante conversazioni con i bambini a proposito di quel “prima” della nascita che sapevano che c’era stato e a cui – con un istinto filosofico e narrativo notevole – avevano cercato di dare una connotazione che, nel libro pubblicato a scuola, raccoglieva ipotesi immaginifiche e suggestioni.
I laboratori ispirati a Prima di me, a PalaExpo.
Prima
C’è stata una frase, detta da Paolo Canton: - Su “Cos’ero quando non c’ero” sarebbe bello fare un libro. Scrivi! - . Il tono non è stato perentorio come potrebbe sembrare. È stato un invito che, come spesso accade, ha preso casa nella mia testa, anche se ho fatto finta – e per parecchio tempo – che non ci fosse. Mi sembrava ( e non avevo torto) che trovare parole per raccontare quel “Cos’ero quando non c’ero … E dove ero?” fosse un obiettivo al limite del possibile, sostanzialmente presuntuoso, in ogni caso difficilissimo.
E lo è stato, difficilissimo. Soprattutto perché ho provato a dimenticare me stessa e entrare nel mondo intrecciato e variabile delle parole dei bambini, le tante parole che avevo scambiato con loro, le tante frasi che avevo letto, i tanti sorrisi e le tante facce serie che le avevano accompagnate. Una parola è saltata subito fuori, come una specie di lampeggiante che non voleva fermarsi: PRIMA.
Inevitabile, direi. Ho cominciato da lì e, poco a poco, è andato crescendo una specie di canto fatto di un ritmo bizzarro, una sorta di contrappunto musicale che cercava la sua melodia attraverso pensieri secchi, evocativi e astratti. Una matassa di pensieri che affioravano a partire da un primo verso:
Prima, è questa la parola…
Adesso
C’era un testo, ma il libro non c’era e chissà se mai ci sarebbe stato.
Rileggendo quel che avevo scritto, l’ho considerato bello ma anche azzardato, e complesso. Che avrebbero fatto quelle parole, quei versi nelle mani di un illustratore?
Anche gli editori se lo sono domandato ma – e li ringrazio davvero per il loro intelligente spirito d’avventura – hanno deciso che valesse la pena provare a cercare un artista coraggioso e spericolato. Ne hanno trovati ben due, i Mook che, avuto sotto gli occhi il testo, lo hanno letto e hanno cominciato a esplorarlo.
Si sono trovati nella rigogliosa giungla di versi e concetti come C’era il niente prima di me? Ecco. Prima di me non c’era niente. Concetto ostile alla forma, il niente. E invece, loro, la forma del niente l’hanno cercata nel legno, nel colore, nel segno. E l’hanno trovata.
Per catapultarsi poi all’interno di un altro luminoso enigma come questo : Mi faceva il cielo. Mi faceva, dico, perché ero niente dentro a tutto quanto. Ero tutti e tutto.
Il cielo è diventato un segno, un intreccio, una matassa che quel niente e tutto racchiude e protegge, prima di aprirsi in un dove percorso da un pesce: Pesce ero, dentro i fiumi, nei solchi della terra, nei ruscelli.
Nei discorsi dei bambini, torna quasi sempre l’idea che il loro “prima di nascere” fosse abitato da acque profonde e pesci guizzanti ma anche da tuoni temporali… Ne ho scritto, nel libro : Un tuono, ero. Rumore. Un botto,un chiasso, un baccano, uno schiamazzo, un fracasso.
I Mook hanno fatto risuonare quel tuono dentro a un libro e poi lo hanno fatto passare, insieme a me, attraverso il nero del buio pauroso fino ad arrivare a una gialla risata:
Girava la risata. E disegnava. Ero un segno sul foglio.I bambini che hanno partecipato ai laboratori legati a questo albo, hanno lasciato molti segni sui fogli e molte parole galleggianti tra le pagine del libro.
Così il libro ha cominciato ad allargarsi, a prendere spazio, a dare respiro e senso ai versi, corpo alle forme e alle astrazioni fino a diventare materia di legno e colore.
Grazie al lavoro dei Mook mi accorgo – ci accorgiamo – che Prima di me sta cominciando a suggerire molti livelli di lettura, che si offre a chi legge in modo che le parole prendano con calma spazio nei pensieri e forma nelle cose.
Crescono, i libri, e si conquistano un dopo che abbiamo già cominciato a esplorare.
Adesso. È questa la parola.
[Le immagini che accompagnano questo post sono state prese all'inaugurazione della mostra Prima di me, in corso a Palazzo delle Esposizioni, a Roma, a cura di Laboratorio d'arte e Mook, che sarà aperta fino al 28 agosto. Ringraziamo di cuore le ragazze di Scaffale d'arte che hanno voluto, permesso e seguito la realizzazione di questa mostra.]