[di Mario Onnis]
Lo scorso ottobre ha inaugurato al Columbus Museum of Art in Ohio Wild Things Are Happening: The Art of Maurice Sendak, la mostra più grande e completa dell’artista scomparso nel 2012, organizzata in collaborazione con la Maurice Sendak Foundation.
Dopo gli Stati Uniti è previsto un tour della retrospettiva anche in Europa. In attesa che i mostri selvaggi invadano l’Italia mi sono procurato il catalogo che racchiude otre 150 schizzi, illustrazioni originali, storyboards e dipinti.
AP Photo/Andrew Welsh-Huggings
Jonathan Weinberg, artista, storico e curatore della Maurice Sendak Foundation è la persona che ha dato vita sia alla mostra che al catalogo. Ha voluto focalizzarsi sul ruolo svolto dalla storia dell'arte nel lavoro di Sendak e sull'emulazione di altri artisti.
Nel capitolo "Sendak's Salvation" analizza il processo creativo dell'illustratore, il titolo si rifà a un'intervista del 2004 con il giornalista Bill Moyers: "L'arte è sempre stata la mia salvezza. E i miei dei sono Herman Melville, Emily Dickinson, Mozart".
Il suo studio, prima a New York e poi nel Connecticut, era una sorta di altare pagano, o un santuario con le pareti piene di ex voto.
Sendak li chiamava "talismani", oggetti magici che lo guidavano durante i progetti a cui stava lavorando.
Sendak nel suo studio a New York, e il suo studio a Ridgefield nel Connecticut.
«Ti amiamo così tanto! Ti mangeremmo!» dicono i mostri selvaggi a Max. Così Sendak divorava la storia dell'arte, ed era un avido collezionista. Nel corso del tempo si è lasciato guidare da stelle molto luminose come Winsor McCay, Van Gogh, Bruegel il Vecchio, Beatrix Potter, Maxfield Parrish. Ma nelle sue costellazioni c'erano anche tantissimi giocattoli, come le figure di latta degli anni'30 di Topolino. E non poteva mai mancare qualche immagine di Mozart, e ovviamente William Blake, che è sempre stata la sua fonte primaria di ispirazione. Ma anche i ritratti dei suoi familiari, assieme a quelli del suo compagno e dei suoi amati cani.
I suoi strumenti erano la carta da lucido e una lavagna luminosa. Sendak rubava dettagli di dipinti, stampe e incisioni. Usava anche foto d'epoca e foto di persone in posa per ricreare le scene che aveva in mente. Era un ladro molto attento, sovrapponendo e giocando con le più disparate fonti d'ispirazione, riusciva a creare qualcosa di unico rimanendo sé stesso.
L'esempio più chiaro è Bahemoth and Leviathan di William Blake, che Sendak ha copiato per realizzare il mostro per l'opera di Mozart Idomeneo.
William Blake, Behemonth and Leviathan, 1805-1810.
Disegno di Maurice Sendak per Idomeneo, opera di Mozart, 1988.
Weinberg si sofferma anche sul libro più amato e celebrato di Sendak, che quest'anno compie 60 anni. Sin dalla sua uscita nel novembre del 1963 Where the Wild Things Are ha generato critiche e una miriade di interpretazioni. Ma viene raramente ricordato che "consapevolmente o inconsciamente" la storia di Max deriva da un'opera di Ravel. Nel 1914, Jacques Rouche, direttore dell'Opéra di Parigi, chiese a Colette un libretto per un ballet-féerie. La scrittrice francese in meno di una settimana scrisse una breve composizione intitolata Ballet pour ma fille, e Rouche decise di proporla a Maurice Ravel. La genesi dell'opera fu lunga e difficile, Ravel partì infatti per il fronte come autista militare durante la prima guerra mondiale, e rientrato a Parigi nel 1917 attraversò un periodo di profonda sofferenza per la morte della madre. L'opera fu presentata per la prima volta soltanto nel 1925 all'Opéra de Monte-Carlo col titolo L'Enfant et les Sortilèges.
È costituita da una moltitudine di generi musicali con cui Ravel dimostrò le sue capacità, ma a causa dei continui cambi di scena l'esecuzione dell'opera è abbastanza complicata e viene spesso eseguita sotto forma di concerto.
"Chiamatela come volete, una fantasia lirica, un'avventura. Sono le vicende di un bambino cattivo che è stato messo in musica".
Un albo illustrato da Adrienne Ségur e la copertina di un LP dell'opera diretta da Lorin Maazel.
La prima scena si svolge in una casa di campagna in Normandia, un bambino brontola perchè non ha voglia di finire i compiti:
Non ho voglia di fare i compiti
Ho voglia di andare a passeggiare.
Ho voglia di mangiare tutti i dolci.
Ho voglia di tirare la coda al gatto.
E di tagliare quella dello scoiattolo.
Ho voglia di sgridare tutti!
Ho voglia di mettere la mamma in castigo…
All'ora della merenda sua madre entra e gli chiede se ha finito i compiti, il bambino resta in silenzio e risponde con una linguaccia.
Ecco la merenda di un bambino cattivo:
tè senza zucchero e pane secco.
Resterai solo fino all’ora di cena!
E pensa al tuo errore!
E pensa ai tuoi doveri!
Pensa, pensa soprattutto al dispiacere della mamma!…
Rimasto solo il bambino viene preso dalla rabbia, batte i piedi e grida verso la porta:
Non voglio bene a nessuno!
Sono molto cattivo!
Cattivo! cattivo! cattivo!
Poi rompe in mille pezzi la teiera e la tazza, si arrampica sulla finestra e punge lo scoiattolo dentro la gabbia con un pennino di ferro, e tira la coda al gatto. Le cattiverie continuano: lacera con l'attizzatoio la carta da parati, si appende all'orologio a pendolo e lo rompe, rovescia con un calcio il bollitore e ridendo strappa libri e quaderni.
Ormai stanco il bambino si lascia cadere su una poltrona, ma qui cominciano i Sortilegi del titolo.
A partire dalla poltrona uno dopo l'altro gli oggetti si animano, parlano e chiedono vendetta: l'orologio, la teiera e la tazza, i pastori e le pastorelle della tappezzeria, il fuoco. La principessa del libro di fiabe vorrebbe aiutare il bimbo ma non può perchè le sue pagine sono state distrutte. Arriva pure l'Aritmetica sotto le spoglie di un anziano barbuto che inizia a ripetere cifre a caso.
La furia del fuoco in una produzione del 2012 diretta da Kazushi Ono e diretta da Laurent Pelly.
La principessa esce dal libro strappato, foto di Tristam Kenton.
Nella seconda parte dell'opera le pareti della casa e il soffitto svaniscono e il bambino si ritrova in giardino. Rane, civette, usignoli, pipistrelli, libellule e gli alberi martoriati dai dispetti del bambino si lamentano e vogliono punirlo. Comincia una lotta, nel tumulto il bambino cura uno scoiattolo ferito fasciandogli la zampa. Gli animali, mossi da pietà e riconoscendo la bontà di quel gesto, riportano il bimbo a casa che tende le mani pronunciando la parola "Mamma!".
Le similitudini tra L'Enfant et les Sortilèges e Where the Wild Things Are sono tante. Entrambe le vicende hanno come protagonista un bambino che fa i capricci e scatena il caos nella propria stanza, facendo arrabbiare la madre.
All'inizio de Nel paese dei mostri selvaggi Max indossa il suo costume da lupo, coi piedi sopra dei libri sta piantando un chiodo sul muro, con un orsacchiotto appeso alla tenda costruita con la biancheria. Nella scena successiva insegue minaccioso il suo cane con una forchetta. Quando sua madre gli grida "SELVAGGIO!" lui risponde "E ALLORA TI MANGIO!" e viene spedito a letto senza cena.
Ma la somiglianza che trovo più interessante è la trasformazione dell'abitazione in natura, con gli alberi al posto delle pareti.
"Quella notte nella camera di Max spuntò una foresta".
Anche nell'opera di Ravel il cambio di scena improvviso tra interno ed esterno rappresenta il momento di massima tensione verso l'ignoto, governato da forze magiche e incontrollabili, in cui il confine tra realtà e sogno diventa sottile e tutto è possibile.
Un'altra analogia è la figura della madre, o meglio: la sua assenza. Quando entra in scena nell'opera di Ravel non appare nella sua interezza, si vede soltanto la parte inferiore di un grembiule di seta, una catena d’acciaio da cui pendono un paio di forbici, e le sue mani. Nel libro di Sendak la madre svanisce del tutto, le uniche parole che pronuncia sono "WILD THING!". In entrambi i casi la vicenda si conclude con il ritorno alla figura materna, nel libro di Sendak c'è la cena calda ad aspettare Max.
E tutti e due i racconti finiscono quando c'è la luna piena.
La scena finale de L'Enfant et les Sortilèges diretto da Laurent Pelly, foto Simon Annand.
L'ultima illustrazione de Nel paese dei mostri selvaggi.
Jonathan Weinberg sostiene che l'influenza di Ravel sul capolavoro di Sendak divenne ovvia quando l'illustratore lavorò proprio a una produzione de L'Enfant et les Sortilèges per il teatro dell'opera di Glyndebourne nel 1987 disegnando la scenografia, i costumi e il materiale di scena.
Sendak con alcune delle sue creazioni per la produzione del Glyndebourne Festival Opera. Fotografia: Ira Nowinski/Corbis
Lo storyboard realizzato nel 1987 da Sendak per L'Enfant et les Sortilèges dell'Opera di Glyndebourne
Oggetti di scena e scenografie realizzati da Sendak per la produzione Glyndebourne nel 1987.
Il testo fiabesco di Colette ricorda i racconti morali di Madame Leprince de Beaumont, in cui l'amore redime l'essere umano e lo allontana dalla bruttezza. Mentre il bambino dei Sortilegi si scusa per il suo comportamento e viene perdonato, in Sendak manca del tutto l'aspetto moralistico, Max non si sente in colpa per le sue cattiverie.
Sendak era ossessionato dall'infanzia, ha sempre difeso l'idea che non sia un luogo felice, ma pieno di misteri e cose terribili.
Anche per Colette non esiste il Paradiso dell'infanzia, è soltanto un mito, un'immagine edulcorata della realtà.
Nella raccolta di testi Belles Saisons scrisse:
"Se un bambino potesse raccontare, mentre la sta attraversando, la sua vera infanzia, forse il suo racconto non sarebbero altro che drammi intimi e delusioni".
Sembrano le stesse parole di Sendak nel discorso di accettazione della Caldecott Medal per Nel paese dei mostri selvaggi nel 1964:
"Quello di cui nessuno sembra accorgersi è che fin dai primissimi anni di vita i bambini conoscono e vivono emozioni dirompenti, che la paura e l'angoscia costituiscono una parte intriseca della loro vita quotidiana e che costantemente affrontano, come possono, la frustrazione".