Oggi vi proponiamo il secondo post dedicato ai profili dei partecipanti all'edizione 2019-2020 di Costruttori di Libri (il primo, dedicato a Fausta Orecchio, lo trovate qui). Si tratta del profilo di Giusi Quarenghi, scritto da Giovanna Zoboli.
[di Giovanna Zoboli]
In un articolo sul numero 47 della rivista Hamelin, Giusi Quarenghi, in dialogo con Bruno Tognolini, cita Walter Benjamin che in un saggio del ’29 sulla letteratura per ragazzi scrive del bisogno nelle narrazioni di forme ‘sfrontate e temerarie’. “Sfrontatezza e temerarietà” scrive Quarenghi, “mi sembra che vadano veramente per mano con l’essere bambini e la poesia”. Nella stessa conversazione, Quarenghi sottolinea come componente cardine del dire, dello scrivere, la misura, intesa come ritmo originario e poetico, a cui i bambini sono molto vicini.
Prendo queste parole e le fisso come tre punti: la costellazione che disegna il senso profondo del lavoro di questa scrittrice. Autrice di lungo corso, il suo primo libro destinato ai piccoli è del 1982, Giusi Quarenghi sperimenta il fare letterario sfrontatamente e temerariamente. In prosa o poesia, non fa differenza, perché il fondamento, ovvero la misura, è, rigorosamente, lo stesso. Il ritmo che fonda la scrittura, il movimento delle parole fra norma e scarto, come insegna la poesia e come ha scritto Calvino nella lezione sull’Esattezza: «Sono convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere poesia: in entrambi i casi è ricerca d’un’espressione necessaria, unica, densa, concisa, memorabile.»
Illustrazione di Lucio Schiavon per La capra canta di Giusi Quarenghi, Topipittori, marzo 2021.
Memorabili sono le parole della voce piccola per il cielo altissimo, ma anche le raccomandazioni di mamma porcella ai tre porcelli figli che se ne vanno per il mondo; il blaterar di sé di Crepapanza, campione di ingombranza; il ninnare l’infante insonne su montagne russe verbali per farlo appisolare; i nomi di pietra delle lapidi e le mani che li accendono in piccoli lumi; le frasi dialettali che sibilano come frecce nel grande romanzo dell’infanzia.
Lo scrivere di Giusi Quarenghi somiglia a una pratica di agrimensura: percorrere di misura un territorio (Quarenghi è camminatrice e in sé ospita un legionario pronto a solitudini e distanze). Attraversare temerariamente, procedere sfrontatamente e, intanto, per la salvezza, fra luce e buio, prendere le misure: alla fiaba, all’epica, al salmo, alla leggenda, al verso, alle ballate popolari, ai detti, ai proverbi, al romanzo, al racconto, al dialogo. Studiare e riprodurre i modi mutevoli del dire nelle sue molte forme, sorta di materia colata nello stampo della vita e che alla vita restituisce una forma leggibile, nuova, eclatante, imprevista, familiare. In una parola, propria. Come propria è la forma di ogni infanzia. In questo modo Giusi Quarenghi legge l’infanzia, e la rende leggibile, la racconta e le racconta, la risolve in ritmo, non la ferma, ma la forma.
Pensando a Giusi Quarenghi mi vengono in mente quelle mappe anatomiche antiche in cui i fluidi scorrono avventurosamente, geograficamente e meteorologicamente per di là e per di qua, per di sotto e per di sopra, per di giù e per di su, secondo quello che più che un ordine è una sfrontata, temeraria ipotesi di bellezza, allegria, ardore, giustizia. Alla quiete di ampi fiumi seguono cascate al contrario, impennate dalla terra al cielo, pisciatine quasi invisibili, rivi segreti, improvvisi ruscellamenti, finimondi di tempeste. A ognuna di queste forze interne Giusi Quarenghi presta attenzione, con implacabile equanimità, pronta a contraddirsi se necessario, ma sempre disciplinatissima nella ricerca del metro esatto. La misura a cui accordare lo sguardo, il passo, la voce nel cercare con le parole di far luce sul grande mistero del tempo, dell’età, dell’esserci.
Pannello relativo alla produzione editoriale di Giusi Quarenghi, esposto nel corso degli incontri Costruttori di libri 2019-2020.