Recentemente sonostata a Lugano e, intanto che ero lì, ho visitato lacasa-museo di Hermann Hesse, cioè Casa Camuzzi, aMontagnola, un luogo incantevole in un ambiente meraviglioso. DiHesse ho letto tutto da giovanissima, come molti della miagenerazione. Poi, fino a oggi, praticamente non mi sono piùincontrata con lui. La visita alla sua casa ha riacceso il miointeresse verso questa figura di scrittore, appiattitta dal successoeclatante di Siddhartha al ruolo diguru, maître à penser di giovani inquieti e disorientati. Invece,Hesse è una figura complessa,tridimensionale. Per esempio, il suo pensiero sulla libertà,la responsabilità e il ruolo dell'artista sono quanto maiinteressanti.
In un lungo filmato sulla sua vitae la sua opera, disponibile nella sua casa-museo, il figlio di Hesseracconta che lo scrittore rispondeva a tutti coloro che gli scrivevano. Inquesto modo nella sua vita, scrisse, di suo pugno, 35.000 lettere. Erail senso di responsabilità che gli imponeva questa prassi, che losfiniva e che alla fine gli erose tutto il tempo disponibile, anchequello per il suo lavoro di scrittore.
L'ultimo editoreche ebbe Hermann Hesse, Siegfried Unseld, intervistato a proposito diquesto, racconta, che Hesse un giorno, dopo un colloquio, si congedò dalui spiegando di avere alcune lettere a cui rispondere. Una di queste,aggiunse, era di un giovane che gli chiedeva quali fossero le cose piùimportanti nella vita di un uomo. Hesse chiese al suo interlocutorecosa gli avrebbe risposto, se fosse stato al suo posto. E l'editore,che allora era un giovanotto, in quel momento, davanti a un quesitocosì enorme, che praticamente chiedeva di esplicitare in una frasel'intero senso dell'esistenza umana, si sentì paralizzato, ebbel'impressione che la testa gli si fosse completamente svuotata. AlloraHesse, gentilmente, propose: "Chiediamo a Confucio". E, a caso, aprìil libro di massime che aveva con sé. La risposta fu: "Essere libericon se stessi e buoni con gli altri."
Non fu l'unicamagistrale lezione che Hesse impartì al suo giovane editore. Leggetequesta lettera, scritta alla morte del suo precedente editore, Suhrkamp,che Unseld andava a sostituire nella direzione editoriale: «Leiora prende il suo posto. Io Le auguro di avere, pazienza, forza e animosereno. È bello e nobile il lavoro in cui Lei è impegnato. È anchedifficile e di grande responsabilità. Un editore, si dice deve "marciareal passo coi tempi"; e tuttavia non deve adottare le mode del momento,bensì sapervi anche resistere se non sono degne. Nell'adeguamento e nellaresistenza critica si attua la funzione del buon editore, il ritmo alternodella sua respirazione. Così dovrà essere anche Lei. Di cuore partecipocon Lei al dolore per la scomparsa del nostro amico, e di cuore auguro anoi due una buona collaborazione. Il libro da cui è tratta questalettera si intitola L'autore e il suo editore. Le vicendeeditoriali di Hesse, Brecht, Rilke e Walserdi Siegfried Unseld (Adelphi 1988). Io non ricordavo nemmeno diaverlo in casa. Paolo, invece, sì, ed è stato lui a consigliarmelodopo la mia visita sulla Collina d'Oro, dove Hesse, fra l'altro, sidedicò con passione al giardinaggio e alla pittura, consigliataglida un medico come pratica terapeutica (a corredo di questo post,alcune sue opere). Finalmente l'autore[Hesse, ndr] occupava il posto che gli spettava:su una tribuna dalla quale anche i più lontani potevano ascoltarlo. Eil legame con l'editore si dimostrò importante anche in un altrosenso. Anche negli anni peggiori, Fisher seppe tenere in piedi una sortadi comunità, di élite intellettuale, quella cerchia che conferisceall'opera, prima ancora che sia scritta una realtà e un marchiosociale. Questa ferma volontà dell'editore, questa consapevolezzadi essere una guida e di rivestire una dignità furono propriociò che permise al talento di Hesse di schiudersi in tutto il suovigore. È ben possibile che soltanto questo editore fosse in grado diassicurare all'autore quel senso del proprio lavoro, quell'atmosferadi simpatia e di aspettativa senza cui, forse, l'opera di Hessenon esisterebbe quale oggi la conosciamo. QUALILIBRI VORREBBE PUBBLICARE L'EDITORE?
Conoscere le vicende editoriali diuno scrittore non è solo un interesse da feticisti, come potrebbesembrare. Nella vita di un autore la relazione con l'edizione deisuoi libri, con la loro riuscita o insuccesso, con le persone che sitrovano a produrli e realizzarli, è tutt'altro che marginale. Questobrano che riporto è una citazione dal biografo di Hesse, Hugo Ball,contenuta nel libro appena citato, e descrive il ruolo che l'editoreFisher ebbe nell'opera di Hesse. E a me sembra che illumini il sensodel compito e del ruolo di chi fa libri.
A proposito di questo tema, riporto anche un branodall'introduzione del medesimo libro, di mano di Siegfried Unseld(sulla medesima linea di riflessione dell'ultimo libro di RobertoCalasso L'impronta dell'editore).
Con quale criterio avviene la scelta dei libri? È ladomanda che un editore si sente rivolgere con maggiore frequenza. Inpassato ero solito rispondere: vorrei fare libri che diano piacere. Poiho cominciato a indicare libri che la casa editrice in quanto talepuò realizzare, i libri per i quali è organizzata, i libri peri quali è organizzata nel suo insieme, con tutti i suoi autori ecollaboratori. Vorrei pubblicare libri che lascino un segno, e ripensosempre a una frase di Kafka: «Un libro deve essere l'accetta peril mare di ghiaccio che è in noi.» O, come scrisse Marcel Proust aconclusione della Recherche: «Ma, per tornare a me stesso, io pensavopiù modestamente al mio libro, e sarebbe perfino inesatto dire chepensavo solo a coloro che lo avrebbero letto, ai miei lettori. Perchécostoro, secondo me, non sarebbero stati miei lettori, ma i lettoridi se stessi, essendo il mio libro soltanto qualcosa di simile aquelle lenti di ingrandimento...; Il mio libro, grazie al quale avreifornito loro il mezzo di leggere in se stessi».
Questo sono dunque i libri che l'editore vorrebbepubblicare. I criteri su cui si orienta - e che sono verificati ognivolta su ogni singolo manoscritto - sono sostanza e qualità. L'editorevorrebbe proporre una letteratura che penetri nella nostra coscienzae cerchi di modificarla, una letteratura che infonda forza proprioquando provoca turbamento.