[di Maria La Duca]
Il primo editoriale di Illustratore Italiano si chiude con le parole “comunicare” e “relazione”. Mentre scrivevo, pensavo al punto di partenza di questo nuovo inizio e al susseguirsi di passi minuscoli che lo hanno favorito. Se dicessi che sono nata con la matita in mano, racconterei la favola delle favole; ho dei ricordi ben precisi che mi legano al disegno e non riguardano certo prodigiosi ritratti di amichetti e parenti. A proposito di famiglia, però, a scuola decisi spontaneamente di fare nascere mio fratello una settimana prima perché sapevo che la maestra avrebbe fatto disegnare a ciascuno dei miei compagni di classe un piccolo pensiero per Filippo. Tornai a casa con un album pieno.
Ora che è proprio lui l'altra metà sostanziale di questo progetto pare ovvio che la primissima relazione di cui parlo sia nata in casa, tra mio nonno Calogero, disegnatore tecnico, illustratore, vignettista e altre cose meravigliose; mio padre Giulio che ancora oggi - ma solo al telefono - si diverte a scarabocchiare infografiche geometricamente perfette; noi fratelli e una matita.
Qualche anno dopo, non ho fatto altro che tornare in quel luogo familiare, puntare i piedi e iniziare a disegnare. Scegliendo il disegno per mestiere, non serve dirlo, è necessario studiare molto altro, partecipare, cercare, lasciarsi coinvolgere e io, non essendo dotata di ubiquità, ho utilizzato Facebook e la sua vetrina per dare un primo sguardo al panorama in cui volevo inserirmi. La rete offre ogni giorno decine e decine di contenuti e, dopo una selezione doverosa, ho semplicemente condiviso ciò che trovavo man mano. È stato un ottimo strumento per raccogliere informazioni - Riccardo Guasco ci paragonò a Skytg24 - inizialmente suddivise in categorie. Serviva a me, ma forse anche agli altri seimila che ora ci seguono. È nata così la pagina di “Illustratore Italiano”. Al marchio ci ha pensato Filippo, che nel frattempo si era diplomato allo IED di Venezia e aveva deciso di unire quella doppia “i” che pare sorridere e strizzare l’occhio al lettore.
Ottobre duemilaquattordici: “C'è un sacco di materiale qui! E se ne facessimo una rivista?”
È iniziata l'indagine. Abbiamo cercato, letto e studiato alcuni dei migliori esempi italiani di riviste illustrate, da Corto Maltese al Corriere dei Piccoli passando per Linus e L'Illustrazione Italiana. Luoghi dove il disegno ha sempre svolto un ruolo preciso, prima che la fotografia facesse la sua parte. Si disegnava per la pubblicità, per raccontare il Giro d'Italia, per trasportare con la fantasia in un racconto di Scerbanenco o per fare ridere. Poi siamo passati ai magazine di oggi come IL e Wired, che nel frattempo si è quasi fatto libro, fino alle pubblicazioni indipendenti, per studiarne formati, carta, impaginazione e gabbie grafiche. I dibattiti seguenti sono durati mesi. Edizione cartacea? Eh ma c'è la crisi, non funzionerà mai. Digitale? Preventivi impegnativi o mai ricevuti. Va beh, quindi? Abbiamo aperto il blog su wordpress: nessun costo, in più sarebbe stato utile per raccogliere appuntamenti nazionali e qualche piccolo approfondimento, compresi concorsi e fiere. È a questo punto che è iniziato il confronto serrato con i professionisti. Abbiamo parlato e ci siamo scritti, li abbiamo incontrati e ascoltati, e in loro abbiamo trovato tutto fuorché sfiducia, soprattutto entusiasmo.
La maggior parte dei lavori presenti nel primo numero di Illustratore Italiano sono nati dalle chiacchierate con Simone Massoni, Chiara Fedele, Marina Marcolin, Lucio Schiavon, Angelo Bussacchini, Mauro Pietro Gandini, Gianluca Folì. Per proseguire con l'altro braccio destro, Alessandro Carboni, per la direzione editoriale, che di ragionamenti ne ha sentiti fino allo sfinimento e con Elena Gusperti, che ha colto la sfida di realizzare tutto il numero in doppia lingua, italiano e inglese (per fortuna che c'è lei, altrimenti non saremmo mai arrivati a essere distribuiti anche a Berlino). Ultimo, ma non per importanza, Marco Romeo, che ha sostenuto il percorso dal suo punto di vista: commercialista preparatissimo, visceralmente attaccato ai fumetti. Con lui abbiamo studiato la fattibilità del progetto, necessaria a rendere concreta la nostra idea. Dopo un’analisi di mercato e l’individuazione del target, abbiamo inserito ipotesi di periodicità, tiratura e distribuzione, insieme alle stime reali dei costi, in un business plan che ci ha riportato con i piedi per terra e ci ha permesso di trovare la formula giusta per poter procedere. Il confronto è quindi arrivato al nocciolo: l’aspetto economico.
Abbiamo impostato una campagna crowdfunding con l’obiettivo di riuscire a finanziare il primo numero e ricevere un ulteriore feedback sull’interesse del pubblico. Questa modalità richiede un impegno considerevole e una pianificazione attenta. Esempi di campagne di successo, che hanno fatto da guida alla nostra, sono state Bruti il gioco di carte ideato e realizzato da Gipi in collaborazione con Massimo Colella (il quale non ha risparmiato consigli quando gli abbiamo scritto), Lumina di Emanuele Tenderini e Linda Cavallini (fumetto autoprodotto che ha appena concluso la campagna per il volume successivo), il periodico francese La Revue Dessinée e altre piccole autoproduzioni inglesi.
In Italia, tuttavia, la percentuale di successo di una campagna crowdfunding è ancora molto bassa e la nostra iniziativa, pur coinvolgendo tutti gli illustratori vicini al progetto e i loro colleghi più prossimi, non ha raggiunto la somma necessaria. Ma non ci siamo abbattuti: oltre a rinforzare e nutrire i nostri intenti, siamo stati premiati con una visibiltà altissima. Fortunatamente avevamo preparato anche un piano B, più rischioso, ma altrettanto supportato da una case history di tutto rispetto. Il primo numero è, infatti, completamente autofinanziato.
Filippo e io ci siamo fatti editori sotto il nome di MOM e finché i lettori continueranno a acquistare, e a essere soddisfatti, ci sarà garanzia di futuro. I numeri sono incoraggianti e ricalcano l’andamento previsto dal planning, le vendite sul nostro shop online e nelle librerie selezionate aumentano progressivamente e il secondo numero, previsto per giugno, è in costruzione. La linea editoriale è stata chiara fin da subito: raccontare il mestiere del disegnatore, senza rinchiuderlo nella specializzazione specifica, ma indagandone ogni possibile applicazione. Con il numero due affrontereremo il tema della narrazione, dando spazio al fumetto, insieme al primo di tre episodi nati dall’ottima collaborazione con Martoz, già autore della cover; troveremo la prima parte di un racconto di Fulvia Mosconi, professoressa e scrittrice romana, illustrato da un autore selezionato dal team di Inchiostro Festival (presenteremo il secondo numero proprio durante il Festival del 4 e 5 giugno); si parlerà di cinema di animazione, filastrocche veneziane e pin up ammiccanti con la rubrica di Simone Massoni; nel cuore della rivista, infine, troverà spazio il reportage illustrato di Graziano Ottaviani, conosciuto sulle pagine del National Geographic, che ci condurrà in un viaggio attraverso Cerveteri, patrimonio dell’UNESCO.
Dai primi passi a oggi questa rivista è stata densa di relazioni e di un continuo passaparola.