Quella parte buia e rabbiosa

Oggi presentiamo il nuovo libro di Beatrice Alemagna, Sua altezza Poltiglia Principessa di Fango, che, prima in tour in cinque città italiane, e poi alla Bologna Children's Book Fair, è stato accolto con entusiasmo da lettori e elettrici grandi e piccoli. Grazie a Ilaria Tagliaferri che lo ha letto per noi con attenzione e acume.

[di Ilaria Tagliaferri]

Un’avventura nella parte buia e rabbiosa che ci appartiene e ci spaventa, un viaggio tra alberi bizzarri e acque dove nascondersi, tra piccoli esseri maleodoranti che coccolano i sensi di colpa, in compagnia di una strana creatura fangosa che gocciola terra e ha sulla testa delle corna fatte di rametti: questo si ritroverà di fronte Yuki, la protagonista del nuovo libro di Beatrice Alemagna, Sua Altezza Poltiglia, Principessa di Fango. Fin dalle prime tavole Yuki si presenta, raccontandosi con pochi tratti essenziali: ha un brutto carattere, si sente ingarbugliata, ha occhi che si guardano intorno, allungati e diffidenti, e un fratello che la viene a prendere a scuola e sa solo tacere (“non mi vuole bene per niente bene” dichiara quasi immediatamente la bambina all’inizio del suo racconto, spiazzandoci, tenera e feroce allo stesso tempo).

Indossa i pantaloni comodi, Yuki, e un giubbotto giallo fluorescente che diviene ben presto un formidabile contrasto luminoso nel buio dello strano percorso dove la creatura di fango, Principessa Poltiglia, la conduce. Il viaggio nella zona oscura inizia proprio da un gesto di rabbia che Yuki fa d’impulso, per reazione al silenzio del fratello, perché è fatta così, si arrabbia. Lancia le chiavi di casa che lui le aveva affidato in un tombino, si rende conto di aver combinato un guaio e si ritrova a scendere giù per una lunga scala, fino ad incontrare una creatura dal fare regale e gentile che gocciola fango, e che la condurrà in una specie di strana caccia al tesoro, dove non è chiaro che cosa si vada cercando ma emergono pian piano paure e incredibili scoperte, e dove il nero dell’anima può anche trasformarsi in complicità e abbraccio. Yuki e la Principessa Poltiglia si scrutano, camminano, esplorano, e fanno pian piano amicizia: un’amicizia dove le dimensioni della creatura variano a seconda dell’umore della bambina – “Se sei cattiva, cresco” le dice senza tanti convenevoli appena sente un suo commento poco gentile.

Tra i luoghi che Poltiglia e Yuki visitano ecco comparire uno stagno dove è possibile nascondersi quando si combinano malestri (che per l’appunto non è limaccioso, ma limpido, tanto che l’acqua riflette i profili delle due figure, intente a osservarsi con reciproca curiosità), un Museo degli odiosi pieno di oggetti che le persone buttano via quando sono arrabbiate, dove spunta un cagnolino giallo di pezza che appartiene al taciturnissimo fratello di Yuki, lasciandola esterefatta (allora anche lui si arrabbia qualche volta!), e una vera e propria Rabbioteca, piena di confezioni del sentimento più antipatico e gustoso del mondo. Le tavole in cui Yuki e la Poltiglia scherzano su quanto sia delizioso il succo di litigata sono tra le più divertenti del libro, complici e duali, con Yuki nella sua mise colorata e ora un po’ macchiata di fango che si gode lo sghignazzo della Principessa ormai perfettamente a proprio agio: subito dopo però la bambina si rende conto che così, impiastricciata, non sa come fare, è a disagio, ha paura e ha bisogno di dormirci sopra.

Sarà a questo punto che l’inaspettata comparsa del fratello, che finalmente trova il coraggio di esprimersi, darà a Yuki l’opportunità di fare ritorno a casa, non prima di aver salutato con un abbraccio stretto una disperata Poltiglia, che rimpicciolisce sempre di più, e che dimostra così il suo grande bisogno di affetto. Fratello e sorella rientreranno a casa, dopo aver attraversato una città quasi deserta sentendosi come animali selvaggi di ritorno da un lungo viaggio periglioso, forti di una ritrovata complicità, che si aggiunge a quella di Yuki e Poltiglia, ma che vede la rabbia svanire, dopo essere stata riconosciuta e accolta proprio grazie a quel viaggio, a quelle scoperte, a quell’abbraccio tra fango e colore.

Alemagna ha regalato al suo pubblico da sempre albi raffinati, spiritosi e drammatici al tempo stesso, dove l’entusiasmo e la gioia dei personaggi possono andare a braccetto con la loro fragilità e la loro tristezza, e dove la ricerca, lo scavare nelle emozioni, il far emergere imperfezioni e crepe dell’animo divengono tratti distintivi del suo segno, del suo modo di utilizzare colori e di creare atmosfere. Nella puntata a lei dedicata del podcast Il mondo invisibile, curato da Alessandro Mele, Alemagna racconta di come abbia sempre avuto voglia di raccontare la parte “nera”, lo “sporco” del mondo, traendone qualcosa di bello, di luminoso. Nel caso di Sua Altezza Poltiglia ha creato un viaggio tra mondi affascinanti e complessi, bizzarri ma anche misteriosi, con un tocco di cupo in più da esplorare, da attraversare per trovare l’equilibrio necessario ad accoglierla quella parte nera, quella rabbia che è difficile da controllare: sono mondi di natura e di incontro, che è riuscita a rendere anche divertenti – come nella parte della discesa in acqua delle due amiche, in una piccola carrozza trainata da conigli marini o nelle tavole già citate della merenda con succo di litigio altrui (il più gustoso!) – cosa che, racconta sempre nel podcast, qualche tempo fa forse non sarebbe riuscita a fare.

 

Se il desiderio di rappresentare e dare vita al buio del mondo le appartiene da sempre – pensiamo a I cinque Malfatti con le loro non-capacità, o a Il meraviglioso Cicciapelliccia “per niente chic, immangiabile, ciccione e rarissimo” – in questo libro Alemagna lo sublima con l’espressività gigante di Yuki, piccola esploratrice inconsapevole dell’animo umano che ci regala una rabbia sincera, pulsante, pura come le emozioni dei bambini e con l’aria sorniona e drammatica allo stesso tempo di una signora fangosa e bisognosa di coccole, che altro non è che il buio dentro di noi. Se lo accogliamo, dice Alemagna, il buio diminuisce di intensità, di importanza, e quindi anche di dimensione. Lo sguardo del lettore si muove tra queste dimensioni che variano, tra i segni del volto di Yuki, le forme grondanti fango di Poltiglia, la natura strana e poco profumata che le avvolge, circondandole, con curiosità e stupore. Sono i tratti fondanti dello sguardo bambino, sempre più consapevole, accorto, per quanto puro, di quanto l’adulto si aspetti.

Trovo molto bello, coraggioso e rispettoso nei confronti della grande dignità intellettuale dei bambini il fatto che Alemagna continui a lavorare con questa energia creativa sulla parte nera che vuole raccontare: in un mondo che attraversa una fase di buio diffuso la giacca gialla di Yuki che risalta sulla terra e sui suoi colori più cupi è il segno di un’ostinata ricerca di equilibrio nel rispetto della complessità che ci sta intorno, e di una lotta – così Alemagna chiama più volte la sua modalità di lavorare - che porta con sé vitalità, creatività, immaginazione, intensità. Il patto di amicizia di Yuki e Poltiglia, senza paura, è un patto vivo di umanità, reale e visionario, come solo l’arte riesce a raccontare.