Per 50 euro

Qualche tempo fa,mi sono imbattuta nella più stravagante iniziativa di promozionealla lettura da me mai sentita. Un amico mi ha raccontato di avereofferto 50 euro al figlio ventenne in cambio della lettura di Il giovaneHolden.
Quando mi sono ripresa dalla crisi diriso che il racconto mi ha provocato, ho cominciato a riflettere suquesto curioso episodio. Infatti, al di là della natura paradossalee un po' folle dell'iniziativa, c'era qualcosa che, mi rendevo conto,non si poteva liquidare senza averci ragionato su. Vi dico anzituttoda cosa è stato mosso il riso: dalla sproporzione fra la quantitàabnorme e protratta nel tempo di studi, dibattiti, iniziative sul tema,fra il dispendio di energie, intelligenze e denaro, speranze, attesee via discorrendo che l’annosa questione del disamore del giovaniper la lettura e delle conseguenti misure che gli adulti, spaventatie amareggiati, tentano, a scuola, in biblioteca e ovunque vi sia unluogo denominato di “cultura”, porta con sé, e la semplicità, lasecchezza nuda e cruda del rimedio, ridotto ai suoi termini brutalmenteeconomici.

Non sapendo esattamente come considerarequesto nuovo modello di promozione alla lettura, se ascriverlo a pazzia ogenialità, uscirmene con una chilometrica e salutare risata è stata lareazione più schietta e immediata. In effetti, quando ogni cosa è stataprovata senza successo, quando ogni soluzione si è rivelata fallimentare,quando i libri risultano così privi di argomenti da rimanere intonsisui comodini dei padri, incapaci di migrare verso gli zaini dei figli,questo rimedio così rude, privo di allure, di sentimentalismo, cosìlontano dalla sfera stessa dell’oggetto che tenta di promuovere, cosìtrasgressivo verso la sua natura, dato che si sta parlando di letteratura,arte, cultura, pensiero, e, si sa, fra questi ambiti e quello del denaro,del mercato non vi è, storicamente, un rapporto proprio sereno, scontato,quanto piuttosto, tempestoso, inquieto, nervoso, - dicevo, questo rimediomi è sembrato mettere in luce il nervo scoperto della questione,la ferita aperta, o il nocciolo, che dir si voglia, in modo talmentescoperto e ingenuo, senza schermo, mezzi termini, da risultare di unumorismo travolgente.

Prima di andare avanti,vi rivelerò l’esito della transazione economica. Fallimentare:dopo qualche decina di pagine, l'impenitente ventenne non lettoreha abbandonato il libro. Quindi, la prima riflessione da fare suquesto, è: mettiamoci il cuore in pace. I giovani non si metterannoa leggere nemmeno per denaro, sempre che decidiamo, per convenzione,di elevare il singolo e particolare soggetto a rappresentante dellacategoria. Proviamo a prenderla per buona, questa equivalenza, giustoper vedere se ci porta da qualche parte ed, eventualmente, dove.

Se c’è un periodo in cui i giornali cihanno rivelato che i giovani sono intraprendenti venditori di se stessi,è proprio questo. Ragazze minorenni o appena arrivate alla maggioreetà calcolano con una certa disinvoltura il prezzo di sé, in vista divantaggi economici o di carriera. Quindi, diciamo che i giovani non èche non si vendano mai. Vendersi o no, dipende dal vantaggio che ne vienee dalla merce che si vuol vendere. Che cosa si vende di sé in cambio dei50 euro? Direi, a spanne, il proprio intelletto. E cosa si vende in cambiodelle cifre ben più consistenti di cui si legge sui giornali? Prestazionifisiche. Ora, che mediamente il lavoro intellettuale sia pagato meno diuna prestazione o intrattenimento sessuale è, nel nostro paese, un datodi fatto. Nella nostra nazione un bibliotecario o un insegnante guadagnanomeno di una escort. Quindi potremmo dire che il metro su cui i giovanistabiliscono i propri valori, è quello corrente.
Tuttavia,da un certo punto di vista, considerando astrattamente la faccenda,potremmo asserire che ci restituisce una certa fiducia l’idea che unragazzo si rifiuti di leggere per denaro. La causa di tale rifiuto potràanche essere la noia profonda che gli provoca il romanzo di Salinger,tuttavia, se per un attimo ci concediamo il lusso di non considerarela sua motivazione, ci rendiamo conto che così facendo quel ragazzoriconsegna la lettura a una dimensione pertinente: quella in cui lostabilire il valore di una cosa pone problemi estremamente complessi. Enon sto parlando solo della lettura e dei libri.

A ognuno di noi, per quanto ne so, almeno una volta nella vita,guardando un normalissimo fiore, che so, di cicoria o una margherita oun papavero, in un campo, in un vaso o a bordo strada, è capitato diporsi il problema della perfezione di quell'esistente. Una perfezioneche, osservata attentamente, la prima cosa che afferma di sé è: «Di me non puoi stabilire alcun prezzo.» Cosa che vale per unsasso, un gatto, una carota, un calabrone, un albero eccetera. Prese,ontologicamente, a una a una, le cose e le creature della natura chepopolano il mondo nella maniera perfettamente esatta, esteticamentecompiuta (e, per ora, irriproducibile da parte dell'uomo), che è sottoi nostri occhi, non potranno mai avere e mai avranno un prezzo. Ilfatto che noi umani abbiamo creato una dimensione parallela in cui ilcomputo quantitativo ci esime dal chiederci ragione della perfezione insé del creato, che non è stato realizzato su nostri parametri, e conl’obiettivo di servire a noi, beh, questo è un altro paio di maniche. Amio avviso dovremmo stupirci tutte le volte che andiamo a fare la spesae che una cosa perfetta come un’arancia o una rosa o un pesce è anostra disposizione per soldi.
La pittura,la musica, la letteratura, il teatro, il disegno, l’architettura etutto ciò che il pensiero dell'uomo ha creato, cade nel computo dellecose senza prezzo, delle cose “create gratuitamente”. Che Guerrae pace, che è un capolavoro del genio umano,possa “venire via” a una decina di euro, in qualsiasi libreria,è uno di quei misteri per cui dovremmo ringraziare l'Onnipotente aogni istante. Che le Variazioni Goldberg di Bach sipossano ascoltare per una cifra di poco superiore, o gratuitamente,è una grazia che dovrebbe farci innalzare lodi al cielo.



Dunque il sistema quantitativoumano, un vantaggio ce l'ha: metterci a disposizione il mondo secondoun calcolo che rende possibile a noi umani l’avvicinare e l'entrarein contatto con cose, creature, creazioni altrimenti inavvicinabilinella loro grandezza e perfezione, nella loro a volte incomprensibiledistanza.
Forse, perciò, quello che i genitori, oggi,dovrebbero insegnare ai figli, prima ancora di cercare di spingerlialla lettura, è questo: il denaro è una misura piccola che niente haa che vedere con la verità che è in ogni cosa, con la verità di ognicosa. La quale nasce, cresce, esiste per ragioni che nulla hanno a chevedere con noi. Stabilire il prezzo delle cose può servire a noi perragioni di scambio, di avvicinabilità del mondo alla nostra statura,della loro reperibilità, ma nulla ha a che vedere con le cose in sée con il loro valore: che si tratti di un pensiero, di un’ape, diun rapanello, di una frase musicale, di un verso di una poesia, di uncane.
Riuscire a capire il valore in sé delle cose che cicircondano e il modo in cui questo valore è in relazione con noi... beh,direi che può essere considerato con buona approssimazione il fine diogni vita umana.

Quindi, forse, a ben vedere,quel ragazzo ha capito che, al di là della noia, del disamore e dellafatica, Il giovane Holden si può leggere per unmilione di motivi, ma per 50 euro... per 50 euro proprio no. È un modo di asserire un valore della lettura, della letteratura, che èimpossibile stabilire su basi quantitative.
Detto in altritermini, se suo padre, da una parte, potrà continuare a crucciarsi diavere un figlio che non legge, dall’altra dovrebbe essere soddisfattodi avere un figlio che non legge per denaro. Vuol dire che in fondonon ha fatto un lavoro così malvagio...
Tante mamme,oggi, si stanno invece preoccupando del senso morale trasmesso allefiglie. Non sono tanto sicure che non si venderanno per un ciondoloo un’utilitaria. Dimostrando così di avere meno rispetto di sé diquanto ne avrebbero per un pesce, un’arancia, una rosa, una cicoria abordo strada...