Abbecedario occitano. Dalla narrazione orale al testo

[di Caterina Ramonda]

  

L’occitano è parlato, nelle sue differenti varietà, su un territorio molto ampio che abbraccia tre stati: Italia (nelle valli delle Alpi occidentali e a Guardia Piemontese, isola alloglotta in Calabria), Francia (in tutta la parte meridionale, dall’oceano Atlantico alle Alpi), Spagna (in Val d’Aran, nei Pirenei).

L’occitano è una delle lingue in cui sono cresciuta.

Dal 2019 progetto e svolgo per conto dell’Unione Montana Valle Stura, in provincia di Cuneo, laboratori e attività per bambini finanziate coi fondi previsti dalla legge 482/99 - Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, in parte per l’utenza libera, in parte per le classi.

Non si tratta di corsi di lingua, ma di attività che cercano di avvicinare alla lingua e alla cultura occitana anche chi non la conosce, incuriosendo per permettere poi magari di approfondire altrove.

In questi anni ho incontrato i bambini nelle classi e nelle biblioteche delle valli durante l’autunno; nelle piazze dei paesi, all’ombra di un albero o in mezzo a un prato in estate, durante i momenti organizzati per le famiglie che sono diventati occasioni di coinvolgere anche chi passa di lì, chi arriva da un’escursione, chi è più grande dell’età a cui formalmente ci si rivolge.

Se nei primi due anni abbiamo fatto risuonare insieme parole ed espressioni lungo il filo rosso delle leggende della tradizione, a inizio 2021 il progetto ha cercato un suo modo per inserirsi nelle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri: si deve infatti al sommo poeta il nome della lingua che parliamo anche nelle Valadas italiane. Fu lui, nel De vulgari eloquentia del 1303, a classificare per primo le parlate partendo dall’avverbio di affermazione, individuando italiano (lingua del sì), oiltano o francese (lingua d’oil), e appunto l’occitano, la lingua d’òc a cui riconobbe la massima dignità letteraria, facendola risuonare per bocca di un trovatore, Arnaut Daniel, nel Canto XXVI del Purgatorio della Divina Commedia.

Non avendo alcuna intenzione di imporre la figura di Dante a un pubblico di bambini tra i tre e i nove anni, ho immaginato che potessimo, come Dante, celebrare la lingua, facendo risuonare ventuno parole, una per ogni lettera dell’alfabeto, per scoprire particolarità della pronuncia, della storia, della cultura e del territorio occitano.

Delle parole scelte alcune raccontano una leggenda, uno scorcio di paesaggio, una curiosità, ma molte sono in realtà chiavi - tanto per rifarsi alla celebre frase di Frédéric Mistral “Car, qu'un pople toumbe esclau, se tèn sa lengo, tèn la clau que di cadeno lou deliéuro” (Se un popolo cade in schiavitù, se possiede la lingua, possiede la chiave che lo libera dalle catene”) - che aprono porte e introducono in altre stanze dove la scoperta si fa ancora più ricca; sono parole-chiave a partire dalle quali è possibile legarne altre e scoprire stanze tematiche: i mestieri, gli alberi, gli animali, i balli, gli strumenti musicali, i cibi, le creature fantastiche, le feste, le parti del corpo, i nomi della famiglia, le personalità che hanno attraversato con ingegno e inventiva la storia occitana.

È nato così l’Abbecedario occitano, divenuto ad ogni intervento una narrazione diversa. Non solo per pubblici e momenti differenti, ma anche perché non è mai uguale a se stesso: tutto dipende dalla lettera che si estrae a sorte, dal punto in cui fai partire il viaggio di scoperta.

In autunno, nelle classi delle scuole primarie della valle (in particolare con le seconde e le terze), l’abbecedario è diventato tematico.

A Borgo San Dalmazzo abbiamo raccontato e cantato insieme, soffermandoci su animali, cibi e strumenti musicali, nominando in occitano la neve, i colori, le parti del corpo, i membri della famiglia e ciascuno ha immaginato che aspetto potessero avere le creature fantastiche narrate. A Demonte abbiamo raccontato partendo dai nomi occitani degli animali, come a Vinadio dove i bambini della pluriclasse mi hanno accompagnato a leggere al Prato Gallo e mi hanno presentato l’albero che fa loro ombra nei momenti di ascolto e di lettura. A Vignolo, nella piazza davanti alla scuola, abbiamo percorso l’intero abbecedario e anche i carpentieri sul tetto ci stavano a sentire. A Piano Quinto un gruppo ha costruito un bestiario occitano, un altro ha lavorato a lungo intorno al tema della castanicoltura, intervistando genitori, nonni e conoscenti, raccogliendo nomi degli attrezzi e proverbi, producendo testi anche direttamente in occitano.

Nell’avventura orale dell’abbecedario abbiamo così celebrato insieme, lungo tutta la Valle Stura, non solo la lingua occitana, ma la pluralità linguistica del territorio: il mio portare l’occitano (che alcuni parlano, altri capiscono, molti proprio non conoscono) è stato occasione anche per far emergere le lingue che i bambini parlano perché crescono in famiglie bilingui o plurilingui o che incontrano grazie ai compagni, ai parenti, agli amici, ai viaggi. Una classe di diciotto alunni dove risuonano quattordici lingue diverse è una ricchezza; l’occitano ci sta a meraviglia, nella sua particolarità di essere una lingua comune a persone che vivono in stati diversi e in territori lontani e una lingua che, nel corso del tempo, ha permesso di intrecciare legami.

Questa peculiarità plurilingue si è poi concretizzata in uno dei laboratori che hanno coinvolto alcune classi quarte nel progetto del successivo autunno 2022: insieme, a piccoli gruppi, abbiamo giocato a un memory che raccoglieva venti forme di saluto in occitano e a un altro con i “buongiorno” in tredici (prodotto da D’une langue à l’autre, l’ente francese di formazione e di sensibilizzazione intorno al plurilinguismo con cui collaboro da qualche anno). Questo secondo memory si è arricchito di coppie di carte diverse, a seconda della classe: i bambini che parlano a casa un’altra lingua hanno aggiunto il loro buongiorno, insegnandone la grafia e la pronuncia ai compagni, con la fierezza di chi si sa esperto in una lingua che gli altri ignorano e li conduce alla scoperta.

La scelta di dare forma cartacea a questo lavoro di narrazione orale ha imposto delle scelte riguardo alle parole e ai testi, permettendo però, grazie al lavoro di illustrazione di Marco Paschetta, di offrire un appiglio all’immaginario e di portare il paesaggio reale delle valli nel libro: qualcuno riconoscerà sicuramente un orizzonte, un campanile, un ponte, visto che Marco è cuneese e, da camminatore appassionato, conosce bene anche questa valle di cui ha inserito particolari, profili paesaggistici nelle immagini.

Si è posto la sfida di riuscire a trovare un unico modo di interpretare visivamente mondi e argomenti diversi tra loro che però fornivano, se accostati gli uni agli altri, una visione d’insieme sul territorio occitano e sulla sua cultura. Lo spunto gli è venuto osservando un sambuco selvatico e le sue infiorescenze estive. I fiori di questa pianta, se osservati da una certa distanza, ricordano un gregge di pecore che bruca placidamente lungo un declivio erboso. La lettera F dell'Abbecedario è proprio dedicata alla parola occitana Fea che significa pecora e che, nella variante sambucana, occupa un posto importante nella storia e nell’economia della valle. Questa similitudine vegetale-animale gli ha permesso di lavorare a immagini che possedessero un certo tono di surrealtà.

Basandosi solo sull’uso di due colori, magenta e verde, a interagire col bianco della pagina, Marco ha lavorato per sottrazione, cercando di costruire immagini il più bidimensionali possibile in modo da rendere la lettura diretta senza appesantirla con prospettive ardite o punti di fuga.

Se un abbecedario è per definizione un libro per imparare a leggere, questo Abbecedario Occitano cartaceo si fa un invito a leggere il territorio delle vallate occitane italiane e magari a incuriosirsi per venire a conoscerle direttamente. Continua intanto la mia avventura nella forma di narrazione orale, che prende altre pieghe: alcune delle figure presenti nell’Abbecedario saranno infatti protagoniste delle storie tradizionali a cui, dall’estate, darò voce in modo itinerante, magari anche in musica. Per continuare il viaggio, delle storie e della lingua, al di qua e al di là delle Alpi.

Dove acquistare l’Abbecedario occitano:

Museo Terra del Castelmagno, San Pietro, Monterosso Grana (Cn)

Valle Stura – Porta di Valle, Demonte, (Cn)

Tabaccheria Cartoleria “La Censa” Demonte (Cn)

Banco Libreria Mondovì (Cn)

Ecomuseo della pastorizia, fraz. Pontebernardo (Cn)

Libreria “Sognalibro” Borgo San Dalmazzo (Cn)

Edicola Cartoleria “Carletto” Borgo San Dalmazzo (Cn)

Libreria dell’Acciuga, Cuneo

Libreria “Storie”, Cuneo

Se hai un negozio o un’attività e ti piacerebbe avere l’Abbecedario Occitano scrivi a: cultura@vallestura.cn.it, oppure chiama lo 0171 955555