[di Viviana Urban*]
… il cucire, quel gesto arcaico sedimentato nella memoria degli uomini fin dagli aghi a cruna del paleolitico…
M. De Kerangal, Riparare i viventi, Milano, Feltrinelli, 2015.
La narrativa, intesa come la produzione letteraria di storie relative a vicende reali o fantastiche, è una questione assai profonda e complessa. Lo dimostrano i numerosi studi e ricerche che la riguardano e che coinvolgono diverse discipline quali linguistica, antropologia, sociologia e, in questi decenni, le neuroscienze applicate all’osservazione del cervello che legge.
Quale il senso della sua origine e della sua funzione (termine usato senza alcuna ombra utilitaristica) per l’umanità?
Questi i quesiti assoluti a cui, in una sintesi assai succinta, possiamo offrire in risposta l’immagine delle storie come rifugi di esperienza per comprendere ciò che nella vita è inimmaginato, inatteso, imprevisto, finanche ostile e problematico.
Lo scriveva Jerome Bruner, psicologo statunitense che ha dedicato i suoi studi al valore del racconto nella costruzione dell’individuo, che le storie sono davvero una cosa seria[1], sono il luogo in cui vedere rappresentati i nostri e altrui squilibri e trovare diverse (non semplici) stabilità.
Non è solo il contenuto delle narrazioni ad avere un ruolo primario, attraverso l’estrinsecazione del significato che esse racchiudono o che in esse troviamo, e che rappresenta l’approdo spontaneo di chi legge. È anche la loro costruzione linguistica e stilistica a interpretare una posizione assai significativa. Le narrazioni utilizzano spesso uno strumento comunicativo straordinario per facilità di comprensione e capacità di tradursi in immagini: è la metafora con i suoi ponti tra parole dal significato distante ma accostabile. Con essa si gioca la possibilità di dire in altro modo, di avvicinarsi al senso delle cose passando per strade diverse da quelle del linguaggio fattuale.
C’è anche un altro concetto che ben si realizza nella narrazione, quello di cura[2]. La sua definizione viene d’abitudine circoscritta all’accudimento fisico e materiale tra le persone, soprattutto tra adulto e bambino. Ma ci si può spingere oltre. La pedagogista Luigina Mortari[3]qualifica la cura come “una pratica che ha luogo in una relazione in cui qualcuno si prende a cuore un’altra persona dedicandosi, attraverso azioni cognitive, affettive, materiali, sociali e politiche, alla promozione di una buona qualità della sua esistenza”. Definizione che non chiude la cura nei limitati confini della protezione materiale, ma la espande agli ambiti culturali in senso ampio e la porta ad essere portatrice di autonomia. La narrazione, quando è condivisa, è indubbiamente uno degli spazi più alti di relazione tra le persone, in cui si manifestano congiuntamente un’azione affettiva e una intellettiva: in questo compiersi essa è cura.
Tutto questo[4] costituisce il fondamento teorico che ha guidato il gruppo di lavoro interprofessionale (legato da uno stretto rapporto di collaborazione formale, ma fondato soprattutto sulla passione) della Biblioteca pazienti del CRO – Centro di riferimento oncologico di Aviano, della Biblioteca civica e dell’associazione Angolo Odv (guariti o lungoviventi oncologici), nella progettazione di un percorso formativo e, a seguire, nella compilazione e pubblicazione di un volume bibliografico, che provasse a raccogliere la richiesta di aiuto di molti adulti toccati dalla malattia oncologica e che chiedevano disorientati e smarriti “come lo dico ai miei figli?”.
Nella primavera del 2022 come servizi bibliotecari impegnati nell’accompagnamento dei pazienti, abbiamo raccolto questo appello e abbiamo promosso un seminario, aperto a tutti e articolato in due giornate, dal titolo “Parlare ai piccoli della malattia dei grandi”. In quell’occasione è stato dato spazio ai contributi di professionisti sanitari del CRO e dell’Azienda sanitaria del Friuli occidentale, quali gli oncologi, i pediatri di base e gli psicologi, coinvolti in modo diretto e vicini alle famiglie, ma nel contempo si sono ascoltate le testimonianze dirette e franche di chi aveva fatto esperienza in casa propria della malattia. Le storie vere a cui in punta di piedi abbiamo accostato la letteratura per l’infanzia. Perché?
Quando nella vita di una persona e di chi le sta vicino si affaccia una malattia come il tumore (vocabolo ancora pronunciato con fatica), le parole hanno un ruolo primario, le parole sono necessarie. Sono loro lo strumento con cui esprimere ciò che si prova e con cui rispondere alle tante e tormentate domande dei bambini e degli adolescenti, che vedono i loro familiari ammalarsi. Ma, in molti casi, è difficile trovarle.
La condivisione della narrazione può assumere una valenza sostanziale nel creare spazi di relazione attenta, sincera ed empatica. Per questo abbiamo accuratamente scelto i titoli per il seminario: libri sulla soglia, libri dal grande respiro universale, libri che abbracciano il mistero, lo contemplano e non lo banalizzano con testi didascalici[5].
Il lavoro di selezione bibliografica è poi proseguito, prendendo una forma, una consistenza e una direzione di ricerca tale da comporre la guida bibliografica che abbiamo intitolato “Attraversare l’ombra. Parlare ai bambini e ai ragazzi della malattia degli adulti”. Questa raccolta di narrazioni, che contiene al suo interno anche una parte dedicata ai film e alle pubblicazioni divulgative sulla malattia, è organizzata in sette capitoli, tenuti insieme in modo coerente dalla metafora della tessitura e dal suo vocabolario di corredo specifico. La metafora, come scrive Marco Dallari[6], ci consente di arrivare al senso delle cose, passando per altre strade, diverse dal linguaggio fattuale, aperte all’interpretazione e lontane dagli stereotipi. E per parlare della malattia oncologica in modo attento e sincero questo è il sentiero che abbiamo battuto, con libri a volte inaspettati.
Scorriamole da vicino queste parole guida, che danno il nome ai capitoli e ad ognuna accostiamo uno delle opere proposte.
Il telaio spazio incorniciato dove si crea l’opera, è il simbolo dei libri che rivelano l’inarrestabile ciclo della vita, come l’albo “Le cose che passano” di Beatrice Alemagna. Ci sono poi gli intrecci, che con il loro reticolo ci portano nel mondo della fiaba, luogo del bene e del male, della luce e dell’oscurità. Non si cresce lontani dalle fiabe. Insieme alle raccolte classiche dei fratelli Grimm e di Andersen, al patrimonio italiano raccolto da Calvino, ci sono anche I pani d’oro della vecchina di Annamaria Gozzi e Violetta Lòpiz oppure Il piccolo pescatore e lo scheletro di Chen Jang Hong. Gli aghi e i nodi come richiami alla malattia si legano a storie coraggiose come Il viaggio della regina di Beatrice Masini e Gianni De Conno. E poi le forbici e i fili per il tema della morte, che può contare su alcuni capolavori della letteratura per ragazzi come Mattia e il nonno di Roberto Piumini insieme alla produzione recente come l’albo intriso di ricordi Quando tornerà Hadda? di Anne Herbauts. Una sezione a cui teniamo particolarmente è quella chiamata trama e ordito. Questi due sistemi di fili nominano quei libri che possono accendere e alimentare l’intreccio fitto di un dialogo intimo tra adulti e infanzia, portandoci a condividere pensieri taciuti. Qui troviamo Fammi una domanda di Antje Damm, di cui festeggiamo il doveroso ritornato sul mercato editoriale, e, per citare ancora un titolo, C’è questo in me di Silvia Vecchini. Chiudono il volume la tela, come se fosse un fondale su cui proiettare i film suggeriti in visione e i ferri del mestiere per tutta quella produzione di materiali scientifici di base, adatti a chi cerca una guida per capire in prima persona.
L’obiettivo è stato quello di offrire storie autentiche, narrazioni delle complesse vicende umane, capaci di concorrere alla costruzione di una relazione di cura con le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi.
Senza illuderci di poter cambiare tutte le cose.
La guida Attraversare l'ombra. Parlare ai bambini e ai ragazzi della malattia degli adulti è disponibile online qui.
*Laureata in Storia all'Università di Trieste, lavora come bibliotecaria. Si è occupata della catagolazione del materiale documentale. Negli ultimi anni si è dedicata con passione alla gestione delle Sezioni Ragazzi. Iscritta all'Elenco Associati dell'Associazione Italiana Biblioteche (AIB), si è perfezionata presso l'Università di Padova frequentando il Corso "Lettura e Letteratura per l'infanzia e l'adolescenza (0-18). Progetti ed esperienze per insegnanti, educatori e animatori". Organizza e realizza percorsi di educazione alle lettura per l'infanzia per i gruppi classe degli Istituti scolastici presenti sul territorio, ha ideato e diretto La Macia dei libri. Fa parte del Coordinamento regionale FVG Nati per Leggere e del tavolo tecnico per il progetto regionale Crescere Leggendo. Ha ideato un seminario su Gianni Rodari per AIB-FVG e condotto dei laboratori di didattica integrativa nell'ambito dell'Insegnamento della Letteratura per l'infanzia del Corso di Laurea Scienze della formazione primaria all'Università di Padova.
[1]J. Bruner, La fabbrica delle storie. Diritto, letteratura, vita, Roma-Bari, Laterza, 2002.
[2]Sul tema si consiglia la lettura di M. Campagnaro e M. Dallari, Incanto e racconto nel labirinto delle figure. Albi illustrati e relazione educativa, Treno, Erickson, 2013.
[3]L. Mortari, La pratica dell’aver cura, Milano; Bruno Mondadori, 2006.
[4]Le curatrici sono consapevoli dell’estrema sintesi con cui hanno riportato gli assunti teorici e i temi di ricerca degli studi critici citati. Si augurano che i suggerimenti di bibliografia scientifica, riportati nelle note, offrano la possibilità di approfondire l’analisi delle piste di ricerca intorno al senso interpretativo della letteratura in generale e di quella per l’infanzia nello specifico.
[5]Si consiglia la lettura di G. Grilli, Di cosa parlano i libri per bambini. La letteratura per l’infanzia come critica radicale, Roma, Donzelli, 2021.
[6]M. Dallari, In una notte di luna vuota. Educare pensieri metaforici, laterali, impertinenti, Trento; Erickson, 2008.