C’è posto per tuttipossiamo raccontarvi, invece, perché finisce come finisce. Cosaaltrettanto interessante, anche perché, come forse saprete, tuttigli scrittori del mondo, e tutti gli insegnanti di scrittura creativadel mondo, e tutti i manuali sullo scrivere del mondo sono concordinell'affermare la seguente verità: che niente c’è al mondo di piùdifficile per chi si cimenta nella scrittura che dare una buona e degnafine al proprio romanzo o racconto o testo. È il banco di provaultimo. L’inaggirabile cartina di tornasole. Vera e propriadannazione. L’incubo che tormenta le notti e le veglie creative, datoche spesso quel che ci si ritrova fra le mani o, meglio, sulla pagina,è qualcosa di improprio o troppo fiacco o troppo incoerente o frettolosoo noioso o prolisso, insulso, banale, deludente, eccessivamente ermetico,eccessivamente didascalico e via discorrendo.
Se ci pensate,è comprensibile che sia così: se l’inizio è la matrice in cui ècontenuta in nuce tutta la storia, e un buon avvio rappresenta il 50%del lavoro, la fine è il momento in cui si tirano le fila, si chiudeil cerchio, è il redde rationem che fa veniretutti nodi al pettine. Contingenza non facilissima da affrontare.
Attenzione: come finisce C
Ecco come è andata: il libro era bell’e finito. Massimo(che di cognome fa Caccia) ci aveva portato le tavolecomplete. L’avevamo debitamente sepolto sotto una montagna dicomplimenti e feste. Nei giorni successivi, guardavamo e riguardavamo lesue immagini, e, come d'uso, le mostravamo, fieri e gonfi d'orgoglio,agli intimi di passaggio. Fra questi, la nostra amica libraia DilettaColombo.
Diletta in silenzio le guardò sfilare una a una sottoil suo occhio implacabile e sincero. E, alla fine, disse: «Bello. Ma iose fossi un bambino e non sapessi dove diavolo sono finiti tutti queglianimali alla fine della storia, ci rimarrei troppo male...»
Ciguardammo, basiti. Come avevamo fatto a non pensarci? Diletta aveva capitoin un secondo quel che noi non avevamo capito per mesi. In fretta e infuria, ci precipitammo a telefonare a Massimo per comunicargli che unanostra amica si era accorta che al libro in realtà mancava l’ultimatavola. Che, a questo punto, chiedeva a gran voce di essere fatta. Glispiegammo cosa Diletta ci avesse detto e lui, con il suo fare sornione,rispose che avrebbe visto quel che riusciva a fare...
Che poigli è riuscito benissimo. Un vero colpo di genio di cui naturalmente nonvi diremo nulla. Ma senza Diletta, a cui infatti questo libro è dedicato,il libro no, proprio non sarebbe com’è.