[di Àngels S. Amorós]
Giovannino è un bambino che, vedendo una volta un ciclista in sella a una bicicletta gialla, scopre di avere una passione per il ciclismo. Da quel momento, per il suo compleanno, desidera una bici da corsa come quelle di una volta: gli autori di questo libro ce lo raccontano attraverso immagini di ispirazione futurista che ricordano anche i manifesti di protesta francesi di inizio Novecento, nonché un universo onirico in cui tutto è possibile.
Il testo è in rima, in sedici strofe composte da ottave (di endecasillabi), impaginato in due colonne per pagina, e il ritmo durante la lettura sembra riprodurre quello costante dei colpi di pedale, per le vie di una città in cui la tecnologia non abbia ancora soppiantato il piacere di una passeggiata in bicicletta.
Per esaudire il sogno di suo figlio, il padre si mette all'opera per trasformare un vecchio rottame senza valore. Ma Giovannino non è convinto del miracolo. Ogni dubbio è fugato quando con pazienza e determinazione il papà realizza una splendida biciletta gialla, su cui Giovannino potrà andarsene libero, autonomo e felice per le strade del "grande corpo metropolitano".
Perché non si pubblicano più spesso libri come questo? È così difficile combinare la poesia con l'arte e, allo stesso tempo, giocare con lo spazio della pagina e il colore? La bici è un tema che mi appassiona, è vero. Ma non è solo per questo che consiglio la lettura di questo albo. Scoprire un mondo sotto i nostri occhi che, con vento a favore o contrario, ci spinge all'avventura, ha un effetto rinvigorente. Mi è piaciuta questa incursione nei sogni di un bambino di città che comprende che la felicità si può raggiungere attraverso strade diverse, un lungo cammino o una scorciatoia, e anche che, con la complicità della famiglia, sarà più facile concretizzarla.
Non conoscevo il poeta Matteo Pelliti e mi ha sorpreso la sua capacità di giocare con le parole creando una storia semplice, a partire da un oggetto che molti bambini di oggi dovrebbero conoscere e che è stato il migliore investimento della mia infanzia, il mio passaporto per volare senza limiti. In un'intervista, l'autore confessa che da bambino ricevette una bicicletta diversa da quella che aveva sognato e che, quindi, quando la vide per la prima volta, non riuscì ad apprezzarla a sufficienza. Con gli occhi di un adulto che guarda all'infanzia, oggi ricostruisce quel ricordo come se il possedere quell'immenso tesoro, di cui poteva godere in cambio di un piccolo sforzo, destasse in lui una sorta di stupore.
Anche Riccardo Guasco, l'illustratore, è un amante della bicicletta; è un artista che si ispira tanto alla street-art quanto all'arte di inizio Novecento. Pelliti vede nel protagonista de La bicicletta gialla una sorta di Pinocchio, il bambino che incarna la libertà per eccellenza e la cui storia, oltre a essere un punto di riferimento per tutti gli italiani, parla anche di un padre che, mosso dall'amore per il figlio, riesce a compiere delle magie.
Mi trovo in sintonia con l'idea sottesa da questo albo, cioè della scelta della bicicletta come miglior passaporto per l'avventura. Se, da bambina, sull'altalena sognavo di toccare la luna, con la bicicletta potevo esplorare mondi nuovi e planare liberamente su spazi remoti. Condivido anche le parole di Matteo Pelliti: «La bicicletta gialla è un'idea di felicità raggiungibile, a patto di riconoscerla come tale, come idea che la felicità sia raggiungibile. Un'idea che l'infanzia ha molto più chiara ed evidente e che, progressivamente, l'età adulta dimentica, o mistifica. E, allo stesso tempo, è un'idea di libertà essenziale: pedalo e misuro il mondo con le mie forze. Il testo che ho scritto è raccontabile ma anche cantabile (con il canto tipico dell'ottava rima, diffuso in alcune parti della Toscana) e, credo, adatto a tutte le età. Adatto a chi pensa che basti una bicicletta, magari gialla, per essere felici.»
[Questa recensione è apparsa originariamente su Culturamas - la revista de información cultural en Internet.]